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Cambiamenti climatici

Cambiamenti climatici, di Marco Gustin

Alcuni fattori di minaccia a carico degli Uccelli hanno conseguenze ancora non note o non sufficientemente prevedibili. Tra questi, i cambiamenti climatici. La concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera terrestre è più elevata del 40% rispetto a due secoli fa, il tempo trascorso dalla prima rivoluzione industriale. La maggior parte delle attività economiche umane dipende ancora in larga misura dall’utilizzo dei combustibili fossili, mentre la deforestazione, da sola, appare responsabile del 25% delle emissioni a causa del mancato assorbimento della CO2 tramite la fotosintesi.

Insomma, la temperatura media della superficie terrestre è aumentata di quasi un grado (0,74 per l’esattezza) rispetto all’era pre-industriale. Quale il risultato a medio termine? Il dibattito è aperto, anche se gli esperti sono oramai concordi su alcune valutazioni: ad oggi, a causa delle modificazioni dell’atmosfera, il sistema dei monsoni indiani si sta avviando al collasso; quelli africani subiranno a breve la stessa sorte, mentre la calotta artica scomparirà, così come la foresta amazzonica. Le stesse correnti atlantiche, fondamentali regolatori del clima – oltre che, a loro volta, ecosistemi importantissimi per determinate specie, vedi il caso della Pulcinella di mare dell’Atlantico – subiranno un mutamento radicale entro il prossimo secolo, con conseguenze soltanto immaginabili sulla biodiversità e sulla vita dell’uomo.

A preoccupare gli esperti, tra gli altri fattori, è la rapidità del cambiamento. Negli ultimi 10mila anni il livello di CO2 in atmosfera è stato mediamente di 280 parti per milione. Ora siamo a 550. Sono cambiate più cose negli ultimi cento anni che negli ultimi 100 secoli, e un aumento della temperatura media di due gradi – “traguardo” sicuro, se si va avanti di questo passo – ci porterebbe al clima più torrido degli ultimi 2 milioni di anni. Una situazione che in Paesi come l’Italia, che si trovano ai bordi della zona temperata, avrebbe conseguenze devastanti. Il deserto avanzerebbe, le stagioni non esisterebbero più, e saremmo vittima di condizioni climatiche sempre più estreme, quali estati torride e aride, violenti nubifragi e inondazioni molto più frequenti e devastanti rispetto a quelle degli ultimi anni.

Un milione di specie minacciate di estinzione entro il 2050, la completa estinzione dell’orso polare entro il 2080, il crollo delle popolazioni di uccelli marini. Sono solo alcuni degli effetti più eclatanti che il riscaldamento globale avrà sulla biodiversità nel nostro Pianeta. Molte specie si sposteranno sempre più a nord, “inseguendo” il loro habitat. Ma non basterà, perché le stagioni cambieranno, e il periodo della nidificazione non coinciderà con quello della disponibilità di cibo.

Cambiamenti climatici, archivio LIPU

Un problema che tocca in modo particolare i migratori. Già attualmente molti migratori hanno modificato la loro rotta, altre specie non migrano più o hanno cambiato il periodo di nidificazione (per esempio Gufo comune e Civetta) o di migrazione (come le rondini). Senza considerare le vittime degli “episodi estremi”, periodi prolungati di siccità, violenti temporali, eventi che possono mettere seriamente a repentaglio la stessa sopravvivenza di una o più popolazioni. Che finiranno per combattersi tra di loro, in una lotta per la sopravvivenza che avrà come teatro un ecosistema profondamente alterato e compromesso.

È molto difficile tradurre questo scenario in previsioni accurate sul destino delle singole specie, data la rapidità dei cambiamenti e le numerose variabili in gioco. Tuttavia, appare oramai chiaro all’intera comunità scientifica come i cambiamenti climatici siano una realtà, e che solo le popolazioni animali e vegetali in buono stato di conservazione potranno adattarvisi. È necessario dunque adottare tutta una serie di azioni per fare in modo che questa trasformazione avvenga senza che gli equilibri dell’ecosistema vengano alterati o compromessi, senza, in altre parole, che la sfida per l’adattamento si traduca in un’ulteriore perdita di biodiversità.

Cambiamenti climatici, di Marco Gustin

Spesso ecosistemi delicatissimi, gli stessi habitat possono infatti scomparire, o subire modifiche irreversibili, a causa delle modificazioni del clima: un esempio sono le variazioni della piovosità, in grado di rendere totalmente inospitali le aree umide – con prosciugamenti anticipati durante il periodo riproduttivo – o, per contro, di causare la totale perdita delle covate (è questo il caso di eventi meteorologici anomali che possono spazzare via intere nidiate poste nelle vicinanze dei corpi idrici).

Solo esempi di effetti attuali e potenziali delle modificazioni del clima, da approfondire tramite ulteriori studi, in uno scenario generale comunque già preoccupante, non fosse altro perché i mutamenti del clima amplificano e aggravano i danni già causati dalle altre minacce. Il bacino del Mediterraneo, poi, è particolarmente vulnerabile a questi cambiamenti, come dimostra il fatto che numerose zone sono già oggi a rischio di desertificazione, una tendenza peraltro già percepibile nel Mezzogiorno d’Italia.

Fenomeno dai connotati globali, il progressivo riscaldamento del clima sta poi causando difficoltà notevoli alle popolazioni di uccelli migratori – nidificanti o meno nel nostro Paese – che trascorrono l’inverno nei siti dell’Africa subsahariana. Molte delle fluttuazioni riscontrate nelle popolazioni europee possono in effetti dipendere in larga misura da condizioni sfavorevoli registrate – con sempre maggiore frequenza – nei quartieri di svernamento, riducendo il numero di coppie sopravvissute o comunque in grado di riprendere la via dell’Europa.