LUÌ PICCOLO
NOME SCIENTIFICO: Phylloscopus collybitaSuo ambiente preferito a livello riproduttivo è il bosco, più in generale, quello di faggeta. È sempre in movimento, motivo per cui non è molto agevole da osservare o fotografare, ed è facile confonderlo con altre specie tipiche di questi ambienti, su tutte le cannaiole e i canapini. Per nulla gregario, il Luì piccolo è una specie particolarmente schiva e, spesso, non emette alcun suono. Quando rompe il silenzio, risuona nell’aria umida di palude un flebile richiamo…
Ordine: Passeriformes Famiglia: Sylviidae
È un piccolo Passeriforme, la cui lunghezza non supera gli 11 centimetri, per circa 8 grammi di peso e apertura alare di 16-18 centimetri. La livrea è di colore olivastro, le zampe scure. La stria sugli occhi non è così marcata come nei congeneri luì. È molto simile nell’aspetto al Luì grosso, da cui è possibile distinguerlo appunto per la stria sul capo, meno marcata, ma anche per il diverso colore delle zampe.
La sottospecie nominale Phylloscopus c. collybita abita l’Europa centrale e occidentale, mentre la sottospecie P. c. abietinus si ritrova nella porzione centro-orientale e settentrionale del nostro continente. A est degli Urali, poi, è presente la sottospecie P. c. tristis che, insieme all’abietinus , frequenta le nostre latitudini durante le fasi di migrazione e, occasionalmente, svernamento. L’Italia, infatti, come gran parte dell’Europa, ospita il Luì piccolo sia nel periodo riproduttivo che durante lo svernamento e il nostro Paese rappresenta comunque una tappa obbligata per raggiungere i tradizionali quartieri di svernamento, situati in Africa settentrionale.
Il Luì piccolo si nutre di ragni, piccoli insetti, larve e crisalidi. Di solito nidifica in boschi ricchi di sottosuolo, siepi, radure e formazioni arbustive. Durante l’inverno frequenta anche giardini, frutteti e zone umide. Specie dalla valenza ecologica particolarmente ampia, lo si ritrova alle altitudini più diverse, fino al limite della vegetazione arborea, purché siano presenti alberi e sottobosco vario e abbondante.
Il periodo di cova va da aprile a giugno. Ogni coppia depone di solito fino a due covate, in un nido preparato vicinissimo al suolo con foglie, muschio ed erba. Ogni covata conta in media 5-6 uova, bianche e finemente punteggiate di nero e rosso. L’incubazione dura di solito 13 giorni e ad occuparsi della cova sono, solitamente, entrambi i genitori. Dopo 20-25 giorni dalla schiusa i pulcini lasciano il nido e sono in grado di volare e nutrirsi autonomamente.
La specie è poco studiata in Italia, sia per quanto riguarda biologia ed ecologia riproduttiva sia rispetto alle dinamiche di popolazione. Sulla base dei dati disponibili, si può proporre un Valore di Riferimento Favorevole (FRV) pari a 5 coppie per 10 ettari a scala locale e a 15 coppie per kmq a scala di comprensorio. Tali valori possono comunque essere superati in contesti particolarmente favorevoli, come ad esempio boschi luminosi e ricchi di radure a quote medie.
In generale, occorre favorire la conservazione della specie nelle aree interessate da decrementi attraverso la tutela degli habitat idonei come boschi e boscaglie ripariali, arbusteti e boschetti golenali. Andrebbero altresì indagate in modo più approfondito le cause dei decrementi osservati in tali contesti, oltre ai fattori influenzanti l’esito della riproduzione.
Ad oggi, la specie in Italia mostra un trend estremamente articolato, con andamento differente a seconda delle località ma, a livello generale, con una tendenza al declino (localmente anche molto marcato). Ciononostante, tali fattori non hanno per ora intaccato, verosimilmente, la consistenza assoluta della popolazione nazionale, mentre l’abbondante e crescente presenza di boschi di neoformazione potrebbe avvantaggiare la specie e compensare le modificazioni di specifici habitat registrate altrove.
Popolazioni abbondanti e notevole capacità di adattamento caratterizzano questa specie, che non è soggetta, attualmente, a particolari fattori di pressione. Spesso le fluttuazioni anche notevoli riscontrate a livello locale dipendono infatti dalla distruzione, alterazione o cattiva gestione di specifici ambienti.
Particolarmente soggette al rischio di modifiche ambientali impattanti sull’esito della riproduzione sono le coppie localizzate in aree golenali o in boschetti e arbusteti situati lungo corpi idrici. In questi contesti è infatti più probabile, per la specie, incorrere in interventi di rimozione o contenimento della vegetazione idonea, con conseguente distruzione di habitat o perdita delle covate.
Uno scenario confermato dai rilevamenti effettuati a scala biogeografica, con decremento marcato nelle aree golenali della Pianura padana e in Romagna. Più stabile altrove (ad esempio in Sicilia) vede fluttuazioni consistenti anche in Lombardia, con una tendenza generale al decremento, e in Toscana, dove all’aumento registrato nelle Foreste Casentinesi si accompagna la contrazione osservata nel comune di Firenze.
Rispetto al successo riproduttivo, gli studi evidenziano, per la Svizzera, una sopravvivenza di circa il 44% dei pulcini nati, mentre sulle Alpi bresciane si registrano 3 giovani involati per ogni nido di successo. Mancano in ogni caso informazioni specifiche e puntuali sui fattori influenzanti l’esito della riproduzione.
La specie è attualmente classificata come sicura nell’Unione europea, con stato di conservazione favorevole anche a livello continentale. Nel complesso, si registra stabilità della popolazione nidificante nei territori dell’Europa “comunitaria” sia nel periodo 1970-1990 sia nel periodo 1990-2000.
La popolazione dell’Ue è stimata in 13.000.000-31.000.000 di coppie, pari al 43-52% della popolazione continentale della specie e a una frazione compresa tra il 5% e il 24% di quella globale. Quella italiana, che dovrebbe rappresentare circa l’1% di quella europea complessiva e non oltre il 2,5% della popolazione Ue, è stimata in 300.000-800.000 coppie ed è caratterizzata da fluttuazioni locali anche molto pronunciate.
I dati sugli inanellamenti si concentrano, per le regioni settentrionali, nelle fasi autunnali e invernali. Nell’Italia peninsulare spiccano i campioni raccolti su siti costieri e anche insulari, a conferma degli intensi movimenti di attraversamento del Mediterraneo verso il Nordafrica. I totali annuali degli inanellamenti hanno visto peraltro un incremento costante e crescente a partire dagli anni ’80, arrivando sul finire degli anni ’90 al superamento della soglia dei 4-5.000 soggetti marcati. Tra i soggetti segnalati in Italia, la maggior parte proveniva dai territori a nord del nostro Paese, soprattutto Germania, Repubblica Ceca, Austria, Svizzera e Slovenia, con spostamenti quindi limitati alle brevi o medie distanze.
Non è stato redatto un Piano d’Azione Internazionale o Nazionale sulla specie. Il Luì piccolo non è considerato nella Lista Rossa Nazionale. Risulta, inoltre, specie protetta in Italia ai sensi della legislazione venatoria (157/92).
Stabile nel complesso, la popolazione italiana di Luì piccolo registra, a livello locale, fluttuazioni e decrementi anche marcati. Questo suggerisce prudenza nella valutazione dello stato di conservazione della specie, che vede nel nostro Paese anche un importante luogo di transito verso i siti africani di svernamento.
Fattore | Stato di salute | Stato di conservazione |
Range* | Nel complesso stabile | Favorevole |
Popolazione | Stabile (ma decrementi locali) | Inadeguato |
Habitat della specie | Verosimilmente stabile | Favorevole |
Complessivo | Inadeguato |
*Variazione della popolazione negli anni
Nei primi mesi di primavera, anche al di fuori dei siti riproduttivi, il Luì piccolo emette il suo tipico richiamo che suona con un “cif-ciaf” – che è anche il nome comune della specie in lingua inglese –con tonalità leggermente discendente e ripetuta per circa 15-20 secondi, per poi concludersi bruscamente. Più deciso e minaccioso il richiamo udibile durante la primavera e l’estate, quando, per difendere il proprio territorio dagli intrusi, il Luì piccolo non esita ad emettere un sonoro “trr” o “tret”, fino a un aspro e rapido “irr-irr”.