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Cosa è cambiato

Dalla Pianura Padana fino alle altre zone d’Italia intensamente coltivate, questa tipologia ambientale comprende aree caratterizzate prevalentemente da seminativi, solo in piccola parte da prati. Siepi, filari alberati e piccoli bacini idrici sono le formazioni tradizionali che fanno da contorno a questi ambienti, e offrono condizioni complessivamente favorevoli a molte specie, soprattutto nelle aree meno urbanizzate e a minor presenza di infrastrutture (strade, ferrovie, linee elettriche, ecc).

Si tratta del paesaggio tipico rurale di pianura che l’Italia ha conosciuto fino agli anni Sessanta del Novecento, oggi tipico solo di porzioni molto ristrette di aree tutelate o ripristinate. Diversi i cambiamenti subiti negli ultimi decenni, a cominciare dalla progressiva scomparsa delle siepi e dalla modifica delle tecniche colturali nella direzione di un minor utilizzo di manodopera (per esempio è andato in disuso il sistema “a piantata”).

La necessità di realizzare più lavoro riducendo al minimo l’utilizzo di manodopera – conseguente alla drastica riduzione della manodopera disponibile conseguente alla migrazione in aree urbane di vasti strati della popolazione prima occupata in agricoltura – ha favorito le lavorazioni meccaniche. Parallelamente, sono state abbattute quasi tutte le piante d’alto fusto isolate e in filare come querce, noci, olmi, frassini, pioppi, le quali, oltre ad essere di ostacolo alle lavorazioni meccaniche, erano divenute non più necessarie come fonte di cibo per il bestiame o come fonte di legname per il riscaldamento o la costruzione di attrezzi.

All’evoluzione dell’agricoltura da “estensiva” a “intensiva” si è accompagnato il declino degli allevamenti “famigliari” – non più competitivi in un mercato europeo dove la dimensione media dell’allevamento era infinitamente maggiore – interrompendo del pari quella rotazione delle colture prima necessaria per garantire al bestiame scorte adeguate di foraggio. Infine altre trasformazioni, non meno impattanti: la riduzione progressiva della superficie a risaia, con conseguente prosciugamento delle relative zone umide, per colture più redditizie quali mais e barbabietola; la scomparsa della coltura della canapa, sostituita da altre fibre tessili; infine l’abbandono dell’allevamento dei bachi da seta, con i quali sono scomparsi anche i gelsi secolari che li ospitavano.