Sul lavoro - Uccelli da proteggere

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Uccelli da proteggere
 

Sul lavoro

Ci sono attività produttive, potremmo dire mestieri che incidono profondamente sulla qualità dell’habitat per gli uccelli. Si tratta del settore forestale e agricolo. La modalità di gestione dei boschi infatti, determina l’idoneità o meno dell’ambiente forestale per numerose specie.

Su questo fronte è stato fatto moltissimo, mettendo in campo una nuova modalità di gestione forestale in particolare nelle aree vincolate. Eppure, appare oramai chiaro come la diffusione di una nuova sensibilità nella gestione dei boschi anche al di fuori delle aree protette risulti fondamentale per garantire la persistenza delle popolazioni selvatiche.

boscolegno

Resta poi il fatto che, indipendentemente dagli “ordini” ricevuti dai superiori, l’addetto alla gestione delle foreste – così come il privato che sfrutta porzioni di bosco per la produzione di legname o altro – ha in mano, nella pratica lavorativa quotidiana, gran parte della responsabilità nella corretta gestione delle stesse, evitando ad esempio lo sfalcio di determinati elementi fondamentali per l’ecologia delle specie. Da evitare poi, per quanto possibile, il disturbo diretto attraverso l’utilizzo di fuoristrada o altri mezzi, specialmente durante il periodo riproduttivo, quando un disturbo ripetuto può causare l’abbandono del nido e la conseguente perdita della covata.

Poi ci sono gli agricoltori che possono, se possibile, fare ancora di più. Gli agricoltori possono ad esempio decidere di lasciare anche piccole porzioni di incolto, ai margini dei coltivi. Possono decidere di lasciar crescere arbusti e siepi, almeno in quelle porzioni di terreno non sfruttate per le colture. Possono infine decidere, se adeguatamente informati, di abbandonare l’abuso di pesticidi per l’utilizzo di metodi di lotta “biologica” ai parassiti, magari abbandonando il dogma della monocoltura intensiva senza per questo rinunciare alla naturale esigenza di redditività. Per sostenere concretamente gli agricoltori, sono disponibili a livello regionale contributi europei erogati attraverso i Piani di Sviluppo Rurale.

Se l’agricoltura meccanizzata – e soprattutto la diffusione della monocoltura intensiva – ha rappresentato un problema rilevantissimo per molte specie dipendenti dagli ambienti agricoli  così come l’abbandono delle pratiche tradizionali di allevamento ha reso inospitali molti dei pascoli montani dove per secoli l’uomo e gli uccelli erano vissuti in simbiosi, appare oramai chiaro come il sostegno a queste pratiche tradizionali “agro-silvo-pastorali” possa dare ottimi risultati dal punto di vista ecologico, oltre che rappresentare un’opportunità per gli agricoltori o gli allevatori interessanti a valorizzare anche dal punto di vista del turismo naturalistico le proprie terre. Un concetto, ovviamente, che va molto al di là di quello, pure relativamente recente, di “agriturismo”. Anche qui, molto dipenderà dalle norme, e dalle azioni di sensibilizzazione. Ma anche dal coraggio di mettersi in gioco da parte di quegli agricoltori che vedono nella “biodiversità” anche un valore d’uso, oltre che un valore etico.