CAVALIERE D’ITALIA - Uccelli da proteggere

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Specie protette dalla Direttiva UccelliSpecie protette dalla Direttiva Uccelli
Specie particolarmente protette dalla Direttiva UccelliSpecie particolarmente protette dalla Direttiva Uccelli
 

Specie particolarmente protette dalla Direttiva UccelliCAVALIERE D’ITALIA

NOME SCIENTIFICO: Himantopus himantopus
 

Socievole, estremamente adattabile, il Cavaliere d’Italia cammina con passo leggero ed elegante. Fanno da contrasto le lunghe zampe, che rendono l’andatura apparentemente incerta. Ama banchettare tra la folta vegetazione di palude, ma non disdegna la sabbia, dalle nostre coste fino alle lontane Isole Hawaii, dove nidifica una particolare sottospecie. Sicuro rifugio per gli adulti, la palude è invece una potenziale trappola per gli individui più giovani, cacciati dal Falco di palude, loro principale predatore…

 

Ordine: Gruiformes   Famiglia: Recurvirostridae  

Elegante in volo, in grado di atterrare leggero, compiendo spettacolari circonvoluzioni in prossimità del terreno. Il Cavaliere d’Italia è anche un grande “camminatore”,  pure se le lunghe zampe fanno sembrare la sua andatura insicura, in particolare sulla battigia, dove la sabbia lascia il posto al mare o agli acquitrini.

Amplissimo l’areale di nidificazione di questa specie, dall’Asia all’Europa, dall’Africa alle Americhe. Alle nostre latitudini la specie è presente sia come nidificante che, occasionalmente, come svernante: al contingente nidificante, infatti, si aggiunge in estate un limitato quantitativo di individui provenienti dall’Europa centrale, mentre l’Italia è zona di passaggio per tutta una serie di gruppi che scelgono l’Africa subsahariana per trascorrere l’inverno.

Esile e longilineo, il Cavaliere d’Italia può misurare anche 35-40 cm in altezza, grazie alle lunghissime zampe. Si fa notare, poi, il lungo ed affilato becco nero, e nero è anche il dorso, mentre la calotta scura presente sul capo del maschio – sempre più evidente con l’età – è nella femmina del praticamente assente.

Ghiotto di tutti i “prodotti” della palude quali insetti e piccoli invertebrati, ma anche alghe e resti di vegetazione acquatica, il pullo di Cavaliere d’Italia esce dal nido molto presto, poche ore dopo la schiusa. Un’abitudine molto pericolosa per gli individui più giovani, che vengono facilmente predati dal Falco di palude.

Prospettive

Tendenzialmente stabile – pur tra vistose fluttuazioni – negli ultimi tre o quattro decenni, la popolazione di Cavaliere d’Italia nel nostro Paese appare in condizioni di buona salute, anche se le ampie fluttuazioni di areale e di popolazione rendono instabile lo stato di salute delle singole popolazioni nidificanti, il cui andamento appare peraltro legato alle condizioni nei siti di svernamento. Sono sempre più frequenti, a questo proposito, i prolungati periodi di siccità nelle aree africane in cui la specie sverna regolarmente, il che causa elevata mortalità invernale e una conseguente diminuzione degli individui che tornano a nidificare alle nostre latitudini.

Mancando dati sufficienti su mortalità e successo riproduttivo, non è agevole stabilire un Valore di Riferimento Favorevole (FRV), né in termini assoluti né in termini di densità. Dai censimenti effettuati, tuttavia, la specie risulta in generale incremento sia rispetto alla variazione della popolazione negli anni – fatte salve appunto alcune importanti fluttuazioni – sia in termini di areale distributivo, come dimostra la situazione rilevata in Friuli-Venezia Giulia, in Emilia-Romagna e in Puglia (mentre Sicilia e Toscana mostrano andamenti più altalenanti). Quindi la Sardegna, che ospita appunto il sito più importante e dove si è registrata una importante inversione di tendenza a partire dal 2000.

Risulta in ogni caso importantissimo, per mantenere questo stato in linea generale favorevole per la specie, tutelare le popolazioni dei principali siti riproduttivi in modo che queste si mantengano ai livelli più elevati registrati negli ultimi trent’anni. Un obiettivo raggiungibile tutelando le colonie dall’eccessivo disturbo antropico e anche monitorando e ove del caso regolando adeguatamente i livelli idrici in funzione delle esigenze ecologiche della specie.

Minacce

Il Cavaliere d’Italia predilige climi temperati, dove siano presenti ambienti umidi con acque ferme e poco profonde, dolci o anche salmastre. Predilige altresì fondi sabbiosi, ghiaiosi o fangosi talvolta favoriti da ambienti artificiali quali aree irrigate, saline, risaie, allevamenti ittici, addirittura depuratori o vasche di zuccherifici.

In questo senso, possono nuocere sensibilmente a livello locale atti quali il repentino prosciugamento o eccessivo allagamento – con acqua troppo profonda – di queste aree. Questo causa di solito lo spostamento degli individui in altre zone, dove sia presente acqua bassa con produttività biologica elevata (alta presenza di invertebrati).

A differenza di altre specie, il Cavaliere d’Italia non dipende strettamente dalla copertura vegetazionale, e tollera in una certa misura il disturbo antropico quando questo non interferisca direttamente con la vita quotidiana degli individui. A incombere sulla specie, in Italia, sono sia minacce “naturali” come la locale abbondanza di predatori – peraltro favorita dal prosciugamento delle aree – sia più in generale da variazioni nel livello idrico che possono essere determinate sia da interventi umani sia da precipitazioni eccessive o anomale.

La distruzione o il degrado degli habitat unito all’eccessivo disturbo presso i siti riproduttivi costituiscono le principali minacce per la specie, insieme al repentino cambiamento del livello delle acque che può avere conseguenze molto impattanti a livello locale.

Stato di salute

In Europa il Cavaliere d’Italia è classificato come sicuro. Stabile negli ultimi 30-40 anni, la popolazione “comunitaria” ha mostrato tuttavia un andamento piuttosto fluttuante, con stagioni di incremento alternate a stagioni di locale declino. Attualmente, la popolazione di Cavaliere d’Italia che vive entro i confini dell’Unione Europea ammonta a circa 20-30mila coppie, pari alla metà circa della popolazione continentale complessiva e a non più di un quarto di quella globale.

Nel nostro Paese trovano rifugio circa 3-4mila coppie, pari a una frazione piuttosto significativa della popolazione europea complessiva, ossia circa il 13-15%. In declino verso la fine degli anni Novanta, la popolazione italiana della specie ha conosciuto, agli inizi degli anni Duemila, una significativa inversione di tendenza, che non ha riguardato la popolazione svernante, decisamente inferiore a quella censita fino al 1995.

Una ripresa in gran parte da attribuirsi all’incremento della popolazione nel principale sito di presenza, ossia Quartu-Molentargius, in Sardegna, ma anche al rafforzamento e alla regolarizzazione degli svernamenti in Sicilia, nel Trapanese e nel Siracusano. Marginali in termini numerici invece le presenze nel resto d’Italia, con alcune colonie raggruppate nella Pianura Padana centro-meridionale, che comunque contribuiscono ad aumentare la quantità di siti in cui è presente la specie.

Resta però il Golfo di Cagliari la principale – e unica – area in cui la tutela di questa specie assume un rilievo nazionale e internazionale, ed è all’aumento del contingente nidificante in quest’area che si deve, in gran parte, l’incremento registrato all’inizio degli anni Duemila. In continuo decremento è invece il contingente svernante, rispetto al “picco” di 167 individui raggiunto nel 1996.

Semaforo

Le varie fluttuazioni registrate nel corso degli anni – spesso causate dalle condizioni ritrovate nei quartieri di svernamento – non modificano il giudizio complessivo sullo stato di conservazione della specie, che appare in linea generale favorevole. L’andamento della popolazione nidificante di Cavaliere d’Italia nel nostro Paese appare infatti orientato al progressivo incremento sia in termini di areale distributivo sia di numero assoluto delle coppie nidificanti, con particolare riguardo alla buona situazione che si rileva nel Golfo di Cagliari, sito principale di presenza nonché quello più significativo a fini conservazionistici. Resta la necessità di tutelare al massimo le colonie ospitanti le popolazioni più importanti, affinché questo scenario si mantenga favorevole anche nei prossimi anni.

Fattore Stato di salute Stato di conservazione
Range* aumento (ma soggetto a fluttuazione) favorevole
Popolazione aumento (ma soggetto a fluttuazione) favorevole
Habitat della specie verosimilmente stabile favorevole
Complessivo   favorevole

*Variazione della popolazione negli anni

Canto

Rauco e insistente, composto da brevi suoni di tonalità variabile, il canto del Cavaliere d’Italia si confonde con il canto delle varie specie acquatiche che abitano le nostre paludi costiere. Non è difficile osservarlo anche in aree artificiali quali vasche o risaie, a patto che l’acqua non sia troppo profonda e a patto di non disturbarlo troppo, in quanto la specie non tollera interferenza diretta da parte dell’uomo.