COTURNICE
NOME SCIENTIFICO: Alectoris graeca saxatilisIn grado, secondo gli antichi greci, di tenere alla larga maghi e spiriti maligni, la Coturnice si trova a proprio agio in pendii soleggiati e pietrosi. Per secoli in simbiosi con agricoltori e pastori, resiste sulle montagne italiane in quel che resta del proprio habitat originario. Agile e piuttosto combattiva di solito si muove sul terreno, ma non trova difficoltà a rifugiarsi sulle cime degli alberi in caso di imminente pericolo …
Ordine: Galliformes Famiglia: Phasianidae
La vecchia Europa è l’unico luogo dove vive e nidifica la Coturnice. Lunga circa 35 cm per un’apertura alare nell’ordine del mezzo metro, questa specie presenta un piumaggio particolarmente ricco di tonalità cromatiche, come quello di altri Galliformi: mentre dorso e ventre appaiono grigi, le ali presentano una colorazione bruno-rossiccia, con striature nere. Vistoso e inconfondibile, poi, è l’“anello” nero sul collo, che prosegue sul capo, sopra gli occhi, per congiungersi in prossimità del becco.
Anticamente diffusa anche in Europa centrale, la Coturnice attualmente abita l’Italia e i Balcani. Tendenzialmente stanziale, nel nostro Paese è presente sulle Alpi, nell’Appennino centrale e – con popolazioni ulteriormente frammentate tra loro – in quello meridionale. Quindi in Sicilia, dove vive la whitakeri , una sottospecie ben distinta dal resto della popolazione peninsulare ed oggi ritenuta probabilmente specie “buona”.
Amante dei pendii assolati punteggiati di cespugli e rada vegetazione, la Coturnice ama stare in branco durante la stagione invernale, mentre all’arrivo della primavera le coppie si isolano. Le femmine depongono fino a 15 uova in luoghi protetti, solitamente cespugli o anfratti nella roccia, mentre i pulcini vengono alimentati prevalentemente con gemme, bacche, germogli – in pratica tutta la vegetazione commestibile d’alta quota – oltre a insetti e larve.
Anche nel caso della Coturnice, come per altri Galliformi, è interessante assistere alla tradizionale “danza amorosa” del maschio, che avviene in primavera. A far bella mostra in questo caso, oltre al piumaggio, è anche il canto vigoroso e particolarmente intenso, utilizzato dal maschio sia per delimitare il territorio sia per richiamare la femmina.
In assoluto, la principale azione di conservazione da mettere in atto per favorire la ripresa della Coturnice nel nostro Paese è la creazione di “corridoi” tra le diverse popolazioni oramai frammentate. Questa azione passa dalla creazione di ambienti adatti alla specie, anche di dimensione ridotta, purché ubicati in aree idonee rispetto al corridoio che si vuol creare..
Mal tollerando il bosco, risulta importantissimo per la conservazione della specie il ripristino e la tutela di un ambiente “a mosaico” con particolare riferimento ad habitat frastagliati in cui a piccole porzioni di bosco si alternino aree aperte – anch’esse di dimensioni modeste – idonee per l’alimentazione e la costruzione dei nidi. Attualmente, la densità accertata di Coturnice nelle aree di presenza oscilla tra 1 e 8,5 maschi ogni 100 ettari, con notevoli variazioni tra le aree considerate.
In generale, nell’area alpina la densità non raggiunge i 3 maschi ogni cento ettari, 1,2 o poco più sull’Appennino marchigiano settentrionale, 1,85 sui Sibillini. Va meglio in Abruzzo, dove sono state registrate densità superiori (ad esempio sulla Maiella, 4,4 maschi). Si tratta comunque di valori estremamente bassi che vanno considerati ai fini della valutazione della possibilità di sopravvivenza “teorica” della popolazione.
Considerando alcuni parametri generali – mortalità media pari al 47%, successo riproduttivo del 30, tasso d’involo medio pari a 5,1 – è ipotizzabile un’elevata probabilità di estinzione di molte popolazioni nel lungo periodo. È stato infatti calcolato che una singola popolazione dovrebbe essere composta di almeno 1.200 individui – con un successo riproduttivo di almeno 9 punti percentuali superiore a quello attualmente registrato – per sostenersi autonomamente. Nessuna delle singole popolazioni censite raggiunge questa consistenza, e proprio per questo è di vitale importanza garantire o ripristinare la connessione tra le diverse sub-popolazioni.
Nella specie è stata accertata una forte correlazione tra progressiva frammentazione delle popolazioni e declino delle stesse. Una correlazione più che proporzionale, essendo la connettività tra le diverse sub-popolazioni una condizione dirimente per la sopravvivenza della specie.
Tralasciando atti di persecuzione diretta e variabili climatiche che influiscono su questa come su altre specie di uccelli, è da rilevare una netta dipendenza della Coturnice da quella che storicamente è stata l’agricoltura e la pastorizia in montagna, che favoriva il mantenimento di quegli ambienti aperti – pascoli e radure – fondamentali per la sua sopravvivenza. Una simbiosi che è venuta meno con il progressivo abbandono di queste attività, che ha portato a una notevole contrazione dell’habitat disponibile.
Altre minacce importanti per la specie sono costituite dagli individui di allevamento rilasciati a scopi venatori. Di origine differente rispetto alle popolazioni locali e spesso frutto di “incroci” con altre specie come la Chukar, le coturnici di allevamento non hanno lo stesso successo riproduttivo di quelle selvatiche. Una certa sovrabbondanza di parassiti – su tutti il Tetrathydium – pare poi avere conseguenze particolarmente nefaste in termini di mortalità.
Il problema principale resta comunque quello dell’habitat, in quanto la Coturnice, a differenza di altri Galliformi, evita accuratamente gli ambienti forestali. Un tempo costellate di prati e pascoli, le aree di nidificazione – che si trovano a quote altimetriche comprese tra i 900 e i 2.700 metri – sono spesso state in parte riconquistate dalla foresta, con effetto particolarmente negativo sulla specie.
Il fatto che la Coturnice nidificasse, storicamente, anche in Europa centrale – nell’area lungo il Reno – lascia intuire quanto si sia ridotto, negli ultimi decenni, l’areale di presenza di questa specie. Attualmente, la Coturnice si trova in uno stato di conservazione sfavorevole sia a livello dell’Unione europea sia su scala continentale.
Considerando che l’attuale areale di nidificazione è in pratica equamente suddiviso tra le due sponde dell’Adriatico, è grande la responsabilità dell’Italia per la conservazione di questa specie, poiché ospita almeno la metà della popolazione “comunitaria”. In cifre, la popolazione europea è stimata in 40-78mila coppie, 20-37mila delle quali vivono entro i confini dell’Unione Europea, mentre la popolazione italiana ammonta ad almeno 10-20mila coppie.
Mai oggetto di un Piano d’Azione Nazionale o Internazionale, la Coturnice viene tutelata dalla Direttiva Uccelli mentre è classificata dalla Lista Rossa Nazionale, come “specie vulnerabile”. Sfortunatamente, la popolazione italiana appare in declino da oltre cinquant’anni. Diverse le cause che spiegano questo trend, tendenzialmente dipendenti da modificazioni nell’habitat – e in seconda battuta dalla presenza di parassiti – che hanno portato a un progressivo decremento delle popolazioni, a una loro frammentazione e a fluttuazioni cicliche che si sono comunque risolte con una contrazione sia a livello di consistenza delle popolazioni sia in termini di areale.
Dopo i cali “storici” più drastici – che hanno coinvolto soprattutto le Alpi orientali negli anni ’50 – il declino è proseguito più a ovest, fino a raggiungere negli anni Settanta le Alpi marittime. Questo declino storico – proseguito anche in tempi recenti, se si confronta ad esempio la stima attuale con quella del 1994, quando il livello più basso della “forbice” stimata era pari a 13mila coppie – ha innescato un circolo vizioso causando una notevole frammentazione delle popolazioni e incrementando quindi le probabilità di estinzione della specie nel nostro Paese.
Il declino della Coturnice nel nostro Paese perdura oramai da decenni. La causa principale, molto probabilmente, è da ascrivere alla progressiva riduzione dell’habitat idoneo alla specie, conseguenza sia dei cambiamenti nell’uso del suolo, sia dell’abbandono delle attività agro-pastorali tradizionali, fondamentale supporto per il mantenimento di ambienti aperti idonei quali prati e pascoli. Anche l’attività venatoria ha avuto, nel tempo, il suo rilievo negativo. Il risultato è stato il decremento delle popolazioni e – soprattutto – la loro progressiva frammentazione, tanto che ad oggi nessuna delle popolazioni censite risulta di per sé in grado di autosostenersi nel medio-lungo periodo. Per questo, oltre a sospendere il prelievo venatorio e a monitorare le ulteriori pressioni che potrebbero verificarsi sugli habitat a causa dei cambiamenti climatici, è fondamentale creare “corridoi” tra le diverse sub-popolazioni della specie, ripristinando i relativi habitat.
Fattore | Stato di salute | Stato di conservazione |
Range* | in contrazione e frammentato | cattivo |
Popolazione | in calo, popolazioni isolate | cattivo |
Habitat della specie | in diminuzione | cattivo |
Complessivo | cattivo |
*Variazione della popolazione negli anni
Metallico e insistente, particolarmente vigoroso, risulta il canto del maschio durante la primavera. Più facile udirlo all’alba e al tramonto. Un richiamo che si accompagna alla “danza rituale” tipica dei Galliformi, e che serve, nel caso della Coturnice, sia per attirare la femmina sia per difendere il territorio dai potenziali intrusi.