GABBIANO ROSEO - Uccelli da proteggere

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Specie particolarmente protette dalla Direttiva UccelliSpecie particolarmente protette dalla Direttiva Uccelli
 

Specie particolarmente protette dalla Direttiva UccelliGABBIANO ROSEO

NOME SCIENTIFICO: Larus genei
 

Come il Gabbiano corallino, anche il Gabbiano roseo ha fatto la sua comparsa in Italia come nidificante solo in tempi relativamente recenti. Ad essere scelta per la “posa del primo nido” è stata in questo caso la Sardegna, nel 1976. Leggermente più grande del Gabbiano comune e dal becco più sottile, deve il suo nome alla parte inferiore del piumaggio, leggermente sfumata di rosa, mentre il caratteristico cappuccio, presente in periodo riproduttivo sul capo dei “cugini” Gabbiano corallino e comune, in questa specie è del tutto assente…

 

Ordine: Charadriiformes  Famiglia: Laridae

Lagune e saline sono l’habitat preferito durante la stagione estiva, per un uccello che d’inverno ha invece abitudini prevalentemente costiere, con rapide puntate in mare aperto per recuperare cibo sufficiente. “Originario” dell’Europa dell’Est, il Gabbiano roseo è presente in Italia come nidificante solo dal 1976, quando i primi siti sono stati censiti in Sardegna.

Al di fuori del periodo riproduttivo – durante il quale la specie mostra un comportamento stanziale – i cieli italiani vedono un aumento notevole della presenza del Gabbiano roseo, in quanto al contingente nidificante si aggiunge un nutrito gruppo di individui migratori o svernanti. Specie estremamente rara e localizzata a livello continentale – si stima che ben il 90% della popolazione nidifichi in meno di dieci siti – il Gabbiano roseo è attualmente presente in tre macro-aree ben delimitate: il Golfo di Cagliari, il Delta del Po e le saline di Margherita di Savoia, in Puglia.

Per costruire il nido il Gabbiano roseo scava una piccola buca nel terreno, tra le dune. La covata – di solito non più di una ogni anno – è costituita da 2 o 3 uova, covate per 22 giorni. La specie si nutre di piccoli pesci e invertebrati, in particolare insetti, mentre il nome di “roseo” è dovuto alle leggere sfumature che caratterizzano la parte inferiore del piumaggio.

Questo è uno dei caratteri distintivi per la specie, altrimenti piuttosto simile al Gabbiano comune, se non per l’assenza del “cappuccio” e per le dimensioni leggermente più grandi. Un esemplare adulto misura in media 43 cm, per un peso che può arrivare anche a 350 grammi. Da rilevare l’abile tecnica usata dalla specie per pescare: compiendo agili movimenti sull’acqua, spinge i pesci verso l’acqua bassa, dove più facilmente possono essere catturati.

Prospettive

Le prospettive di ulteriore incremento della popolazione nidificante e svernante di Gabbiano roseo nel nostro Paese rischiano di essere compromesse da una concentrazione delle coppie nidificanti in un numero troppo ristretto di siti. Vulnerabili anche a singoli eventi negativi, particolarmente esposte al disturbo da parte dell’uomo, le colonie italiane della specie – nonostante il trend orientato alla generale stabilità – risultano tuttora estremamente vulnerabili.

Purtroppo, non risulta agevole formulare un Valore di Riferimento Favorevole (FRV), data l’assoluta mancanza di informazioni dettagliate sui parametri demografici e la scarsa completezza di quelle relative al successo riproduttivo. La popolazione sarda, peraltro, è l’unica presente nel nostro Paese da un tempo sufficientemente lungo per poter giungere a conclusioni scientificamente fondate.

In termini generali, al netto incremento registrato dopo i primi anni di colonizzazione, è seguito un periodo di relativa stabilità, inficiato però da fluttuazioni locali anche importanti. Dopo il picco massimo raggiunto nel 1997, con 5mila coppie censite, la popolazione italiana di Gabbiano roseo si è assestata sulle 3mila unità, e stabile si è mantenuto anche l’areale di presenza.

La prima e più importante indicazione di conservazione consiste quindi nella tutela dei siti di presenza più importanti, affinché possa riprendere quell’espansione del contingente sia nidificante che svernante registrata tra la fine degli anni Settanta e la fine degli anni Novanta. Queste azioni dovrebbero comprendere sia la tutela dei siti di nidificazione da ogni forma di disturbo antropico, sia la tutela delle aree di foraggiamento per una specie che necessita comunque di essere indagata più nel dettaglio nelle sue peculiari esigenze ecologiche.

Minacce

Dopo la colonizzazione avvenuta negli anni Settanta, la specie ha mostrato un incremento e un’espansione territoriale significativi, più marcati in Sardegna e Puglia. In Sardegna, in particolare, la popolazione è passata in soli 8 anni da 34 coppie a ben un migliaio. Già agli inizi degli anni novanta – precisamente nel 1993 – i nidi censiti erano passati a 2.296, per proseguire con ulteriori incrementi fino al picco massimo, tra la fine degli anni Novanta e l’inizio degli anni Duemila (a livello nazionale, per la verità, il picco massimo censito è relativo al 1997, con 5mila coppie rilevate).

Anche in Puglia – dove i primi censimenti risalgono al 1988, 40-45 coppie complessive – si è assistito a una crescita abbastanza significativa, con il picco massimo di 659 coppie censite nel 2001, 475-535 nel 2002. Quanto all’Emilia-Romagna – terza area importante di presenza seppure con popolazioni non paragonabili – il trend è stato ampiamente positivo, dalle 2 coppie insediate nel 1978 fino ai ben 140 nidi censiti nel 2001 nelle Valli di Comacchio.

Uno scenario confortante che non deve far dimenticare le fluttuazioni anche importanti registrate a livello locale, specialmente negli ultimi anni, mentre il contingente svernante risulta tuttora particolarmente localizzato, con oltre il 50% della popolazione censita che occupa le stesse aree della Sardegna predilette dalla specie per nidificare. Al di là di ogni altra considerazione su trend non sempre di agevole interpretazione, resta la concentrazione delle coppie nidificanti in pochissimi siti il principale elemento di vulnerabilità per questa specie.

In un simile quadro, infatti, anche singoli eventi negativi possono avere un impatto significativo sulla popolazione complessiva. A questo, si aggiunge una peculiarità del Gabbiano roseo rispetto ad altre specie di gabbiani, cioè la sua relativa insofferenza alla presenza dell’uomo. A differenza del Gabbiano comune, infatti, il Gabbiano roseo evita accuratamente porti e villaggi, per star quasi esclusivamente lungo le coste o in mare aperto al di fuori del periodo riproduttivo, mentre per l’allevamento dei piccoli – e la conseguente necessità di reperire cibo in abbondanza – si spinge anche per chilometri nelle aree circostanti le lagune o i delta fluviali.

Altri fattori in grado di influenzare negativamente l’esito della nidificazione sono le variazioni del livello idrico: si stima per esempio che ben il 9% dei nidi sul Mar Nero venga spazzato via ogni anno dalle inondazioni, mentre quasi un nido su cinque viene abbandonato a causa – tra gli altri fattori – del disturbo da parte dell’uomo. Lo stesso tasso di mortalità censito a livello internazionale – sul Mar Nero quasi il 30% dei giovani non arriva all’involo – disegna un quadro precario per una specie dal successo riproduttivo estremamente variabile e una perdita totale delle covate – al di là del dato medio – relativamente frequente. In Italia, da citare il dato relativo alle Valli di Comacchio, dove il tasso di schiusa registrato è stato pari al 76%, mentre i giovani involati per nido sono stati 1,6-1,7.

Stato di salute

Estremamente localizzata nell’intera Unione Europea, questa specie non risulta attualmente in uno stato di conservazione favorevole. Questo nonostante il deciso incremento registrato negli ultimi 40 anni, tra il 1970 e il 1990 e anche nel successivo decennio. Attualmente, la popolazione di coppie nidificanti nell’Unione europea è compresa tra le 5.500 e le 5.700 coppie, una frazione pari a non oltre il 10-15% di quella continentale complessiva, compresa tra le 37mila e le 56mila coppie.

Se a livello continentale potrebbe abitare fino a un quarto della popolazione globale della specie, in Italia nidifica una frazione piuttosto significativa – specialmente rispetto alla popolazione comunitaria complessiva – ossia 3mila coppie secondo i censimenti più recenti, con un trend orientato alla generale stabilità dopo il picco massimo di 5mila coppie raggiunto nel 1997.

Buono anche l’andamento della popolazione svernante, con ben 1.800 individui censiti nel solo stagno di Cagliari nel 2002 e nel 2003, una quantità che ha permesso a questa area di raggiungere la qualifica di “sito di importanza internazionale” per la specie. Mentre il complesso di Quartu-Montelargius risulta attualmente quale principale sito riproduttivo per il Gabbiano roseo nel Mediterraneo centro-occidentale.

Resta dunque la Sardegna il cuore dell’areale di presenza della specie, sia per la riproduzione che per lo svernamento. L’altro sito rilevante – e secondo a livello nazionale per importanza  – è l’area di Manfredonia-Margherita di Savoia, in Puglia, mentre altrove la presenza del Gabbiano roseo mostra una consistenza relativamente ridotta.

La popolazione italiana attualmente costituisce una frazione preponderante di quella nidificante nell’Unione europea, pari al 68-71% del totale. Significativa l’incidenza anche su più vasta scala, con la popolazione insediata nel nostro Paese che potrebbe oramai rappresentare anche il 10% del totale europeo nidificante. A questo si aggiunge appunto il contingente svernante, la maggior parte del quale – sulla base dei dati su ricatture e inanellamenti – dimostra di provenire da quella che è la principale area di presenza a livello continentale, ossia l’Ucraina (oltre a un ristretto numero di individui provenienti da Francia e Tunisia). Interessanti infine i dati su alcune ricatture effettuate in Sicilia, molto probabilmente relative a individui in tardiva migrazione autunnale o coinvolti in precoci movimenti di ritorno.

Semaforo

Dalla trentina di coppie insediate in Sardegna nel 1976 alle 5mila censite nel 1997 il passo è notevole. Purtroppo, il picco raggiunto nel 1997 non si è ripetuto negli anni successivi, con la popolazione nazionale di Gabbiano roseo che si è attestata sulle 3mila unità. A preoccupare, più che la consistenza assoluta della popolazione – comunque stabile al di là di pur importanti fluttuazioni locali – è però l’estrema concentrazione di questa popolazione in pochissimi siti, e in particolare la Sardegna meridionale. Habitat comunque ristretti e soggetti a forte pressione – gli stessi ambienti sono occupati da un nutrito gruppo di individui svernanti  -  risultano infatti particolarmente vulnerabili anche a singoli eventi negativi, che nel caso del Gabbiano roseo più che in altre specie portano a una perdita totale delle covate relativamente frequente.

Fattore Stato di salute Stato di conservazione
Range* frammentato, in calo inadeguato
Popolazione in calo, ridotta rispetto al passato inadeguato
Habitat della specie localmente in calo sconosciuto
Complessivo   inadeguato

*Variazione della popolazione negli anni

Canto

Il richiamo del Gabbiano roseo è molto simile a quello del Gabbiano comune. Difficile quindi distinguerlo, se non fosse per alcuni toni differenziati, vagamente simili a dei guaiti, che caratterizzano il verso di questa specie…