PETTEGOLA
NOME SCIENTIFICO: Tringa totanusNelle lagune salmastre del nostro Paese, da quella di Venezia alle aree umide della Sardegna, è possibile scorgere la sagoma elegante della Pettegola. Leggermente più piccola della Pantana, d’inverno migra a sud dell’areale fino all’Africa meridionale, mentre nel nostro Paese è tipicamente nidificante e svernante. Predilige le zone umide, sia costiere sia dell’interno, come lagune, saline, praterie umide, risaie e marcite. È, del resto, una specie particolarmente longeva: una Pettegola può arrivare, infatti, ai 17 anni di età…
Ordine: Charadriiformes Famiglia: Charadriidae
La Pettegola può raggiungere una lunghezza di 30 centimetri e un’apertura alare di circa 65 centimetri, per un peso che di solito non supera i 150 grammi. Il becco è arancione, con la punta nera, mentre le parti inferiori presentano sfumature tra il bruno e il bianco. Bruno è anche il dorso, finemente punteggiato di macchie nere e grigie, di colore arancio le zampe. I due sessi sono pressoché identici, mentre i giovani presentano colorazioni più scure e zampe grigio-verdi: quando la specie è in volo, risalta l’ampia banda bianca che attraversa il margine posteriore dell’ala.
Specie migratrice e localmente sedentaria, è presente – con la sottospecie nominale Tringa t. totanus in gran parte dell’Europa, mentre la sottospecie Tringa t. robusta frequenta l’Islanda e le isole Fær Øer. Specie costiera relativamente diffusa e abbondante, in Italia è parzialmente sedentaria e nidificante, occasionalmente svernante in pochi siti dell’interno.
Particolarmente legata ad ambienti prativi umidi o allagati – in aree per lo più pianeggianti – sopporta climi differenti, ma evita ghiaccio, neve e ambienti eccessivamente aridi. Nella stagione riproduttiva esige condizioni ambientali caratterizzate da falda alta e suolo saturo d’acqua, frequentando paludi costiere, aree erbose allagate o inondate, pascoli umidi, estuari, cave allagate. La sua dieta preferita è costituita da insetti, vermi e lumache o altri molluschi, e soprattutto invertebrati acquatici che, con il lungo becco, riesce agevolmente a “infilzare” anche a pelo d’acqua.
Costruisce il nido tra la vegetazione erbacea, solitamente su un cumulo di terreno. La cova delle uova – solitamente da 3 a 5 – dura 4 settimane e vede il contributo di entrambi i partner. I pulcini, di solito, lasciano il nido a tre settimane dalla schiusa. Al di fuori del periodo riproduttivo, vive prevalentemente lungo le coste.
Specie ben studiata in Italia, con particolare riferimento alla popolazione presente nella Laguna Veneta. Sarebbe comunque utile incrementare le informazioni sulle dinamiche di popolazione. I dati disponibili consentono una stima di alcuni parametri medi, quali età della prima riproduzione (1 anno), mortalità nel primo anno di vita (55%), mortalità negli anni successivi (31,5%). Più difficili da interpretare i valori disponibili per la produttività, che appare molto variabile tra diverse aree e su diverse annate: sulla base di quanto noto per l’Italia e per l’Europa, si può ritenere indicativo un successo riproduttivo del 50% ed un tasso d’involo pari a 2 giovani per coppia di successo.
La popolazione adriatico-padana mostra trend favorevole, orientato alla stabilità o all’incremento, negli ultimi 20-30 anni. La stima superiore di popolazione – circa 2.000 coppie – mostra ottime prospettive di persistenza a medio termine, e viene pertanto proposta come Valore di Riferimento Favorevole (FRV) per questa popolazione. Per contro, il contingente sardo – formato da poche decine di coppie – mostra invece elevata probabilità di estinzione nell’arco dei prossimi 100 anni, mentre per questa popolazione i modelli consiglierebbero una minima popolazione vitale (MVP) pari a 1.350 coppie, obiettivo al momento poco realistico per l’area.
Per la popolazione del Piemonte – pochissime coppie, di recente insediamento – non è possibile proporre un FRV, così come per le aree di riproduzione occasionale o irregolare come Puglia e Toscana. Particolarmente importante, per favorire l’incremento e la stabilizzazione della popolazione piemontese, è comunque la messa in atto di pratiche agricole – in risaia – compatibili con il ciclo riproduttivo della specie.
Condizioni ottimali per la Pettegola possono essere garantite, poi, attraverso la creazione di un mosaico di prati non allagati, prati allagati durante l’inverno e pozze poco profonde. L’allagamento invernale delle praterie giova alla specie in quanto limita l’altezza dello strato erbaceo e crea pozze ricche di invertebrati in primavera, che devono essere mantenute fino alla fine di giugno. Pascolo controllato – soprattutto pascolo brado, circa un capo bovino per ettaro, dopo la stagione riproduttiva – e sfalcio a rotazione possono incrementare l’idoneità per la Pettegola, così come la rimozione di Spartina dalle aree frequentate.
Relativamente indipendente dal tipo di vegetazione e paesaggio, la specie necessita – specialmente in periodo riproduttivo – di un’adeguata combinazione di aree aperte, con buon punti d’osservazione e facile accesso ad ampie aree umide con buona disponibilità di cibo. La tutela dei siti riproduttivi si configura quindi come la strategia principale per la conservazione della specie.
Le principali minacce per la Pettegola sono, infatti, legate alla distruzione o al deterioramento dell’habitat riproduttivo o invernale. Potenzialmente impattanti sulla specie sono anche la crescita eccessiva di Spartina , il pascolo eccessivo delle praterie, la costruzione di barriere difensive costiere – potenzialmente impattante anche per la principale popolazione italiana, quella della Laguna di Venezia – e il disturbo creato da cantieri o sfruttamento turistico delle coste e delle aree umide. La specie si è dimostrata suscettibile anche ad eventuali episodi di influenza aviaria.
Dal punto di vista del successo riproduttivo, la predazione rappresenta un fattore rilevante, anche se presenta dinamiche non del tutto chiare. La stessa posa di barriere protettive, pur influenzando negativamente la quantità e la qualità delle zone umide costiere allagate, pare facilitare un aumento del tasso di schiusa delle uova.
Per la popolazione piemontese, la principale causa di insuccesso è costituita all’impatto delle pratiche agricole, e in particolare dalle modificazioni che hanno interessato le colture a risaia. I dati riportano un tasso di schiusa dell’81,5% nella Laguna di Venezia; in Piemonte, una media di 1,27 giovani involati per coppia, 1,9 giovani per le coppie che avevano prodotto pulcini.
Attualmente classificata come in declino nell’Unione europea, presenta stato di conservazione sfavorevole anche a livello continentale. Nel complesso, si sono registrati un largo declino della popolazione nidificante e stabilità di quella svernante nell’Ue nel periodo 1970-1990, seguiti da moderato declino della popolazione nidificante e stabilità del contingente svernante nel decennio successivo, 1990-2000.
La popolazione dell’Ue è ad oggi stimata in 100.000-140.000 coppie, quella italiana in 800-1.200 coppie, in aumento. Il 23-26% della popolazione continentale – stimata in 280.000-610.000 coppie, in declino – e una frazione compresa tra il 5 e il 24% della popolazione globale della specie nidifica entro i confini dell’Europa “comunitaria”.
Numericamente ridotta, la popolazione italiana appare di una certa rilevanza nell’ambito della bioregione mediterranea. La Laguna di Venezia, in particolare, con quasi 2.000 coppie presenti e una densità che raggiunge in media le 15 coppie per ettaro, rappresenta il più importante sito riproduttivo del Mediterraneo. Peraltro, il declino riscontrato a livello continentale rende significativa la tutela della popolazione italiana della specie, che non è stata interessata dal calo registrato altrove.
I dati sugli inanellamenti si riferiscono in modo pressoché esclusivo ad aree umide. Alcune aree di grande rilevanza per il transito di limicoli – dalla foce della Vistola in Polonia alla Camargue – producono un’alta percentuale delle ricatture in Italia. Ad una prima analisi, l’Italia nel suo complesso sembra essere interessata dalla migrazione della Pettegola, con forti concentrazioni di ricatture nelle regioni settentrionali padane e, a sud degli Appennini, soprattutto in siti costieri, incluse le isole maggiori. Prevalgono nettamente le ricatture entro i 500-1.000 km di distanza dal sito di inanellamento, con poche segnalazioni superiori ai 2.000 km.
Riguardo al contingente svernante, la media rilevata tra il 1996 e il 2000 è aumentata del 33% rispetto a quella del 1991-1995, con un massimo di 3.301 individui censiti nel 1999. Abbastanza stabile il numero di siti occupati, ove però si rileva un’elevata concentrazione della specie negli 11 siti più rilevanti. Il trend complessivo mostra comunque un aumento della popolazione svernante nell’ordine del 6,7% ogni anno.
Non è stato redatto un Piano d’Azione Internazionale o Nazionale sulla specie. La Pettegola è inserita nell’Allegato II/2 della Direttiva Uccelli ed è considerata specie in pericolo (EN) nella Lista Rossa Nazionale. Risulta, inoltre, specie non cacciabile in Italia ai sensi della legislazione venatoria (157/92).
La popolazione di Pettegola appare in aumento, soprattutto per quanto riguarda la sua roccaforte padano/alto-adriatica. Le altre popolazioni – come quella piemontese e sarda – appaiono molto più fragili, soprattutto a causa delle ridotte dimensioni. L’habitat della specie, per quanto tendenzialmente stabile, appare soggetto a rischio di degrado o riduzione, in termini quantitativi e qualitativi, sia per l’effetto negativo sulla nidificazione della modifica o dell’intensificazione delle pratiche agricole, sia per la pressione antropica presso i siti riproduttivi.
Fattore | Stato di salute | Stato di conservazione |
Range* | Stabile | Favorevole |
Popolazione | In incremento, localmente ridotta | Inadeguato |
Habitat | Localmente minacciata/inadeguato | Inadeguato |
Complessivo | Inadeguato |
Bioregione continentale
Presso l’importante popolazione della Laguna Veneta si registrano i più elevati valori di densità di tutto il Mediterraneo. Altrove (Piemonte) la popolazione è ancora molto ridotta ed estremamente vulnerabile a fattori anche locali di modificazione dell’habitat riproduttivo.
Fattore | Stato di salute | Stato di conservazione |
Range* | Stabile | Favorevole |
Popolazione | In incremento, localmente ridotta | Favorevole |
Habitat | Localmente minacciata/inadeguato | Inadeguato |
Complessivo | Inadeguato |
Bioregione mediterranea
Ampiamente inferiore all’FRV, la popolazione sarda si mostra estremamente vulnerabile e soggetta ad un elevato rischio di estinzione nei prossimi 100 anni.
Fattore | Stato di salute | Stato di conservazione |
Range* | Stabile | Favorevole |
Popolazione | Molto inferiore al FRV | Cattivo |
Habitat | Localmente minacciata/inadeguato | Inadeguato |
Complessivo | Cattivo |
*Variazione della popolazione negli anni
Ampia la varietà dei richiami di questa specie, dal nome comune estremamente evocativo. Il richiamo tipico assomiglia ad un “tjuet”, la cui frequenza e insistenza aumenta considerevolmente quando avverte un pericolo.