BIGIA PADOVANA - Uccelli da proteggere

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Specie particolarmente protette dalla Direttiva UccelliSpecie particolarmente protette dalla Direttiva Uccelli
 

Specie particolarmente protette dalla Direttiva UccelliBIGIA PADOVANA

NOME SCIENTIFICO: Sylvia nisoria
 

La più grande della famiglia dei Silvidi, la Bigia padovana, nonostante il nome comune italiano che l’associa a un’area locale iper-circoscritta, nidifica in realtà nell’intera Europa, Turchia settentrionale, Russia europea, Caucaso. Piuttosto difficile da osservare, ama starsene nascosta nel fitto dei cespugli, alla ricerca di cibo o di un riparo. Tra le caratteristiche di questa specie, c’è quella di essere piuttosto “tardiva”, raggiungendo per ultima i siti di nidificazione, non prima della metà di maggio, per poi andarsene abbastanza presto, già durante i primi acquazzoni d’agosto…

 

Ordine: Passeriformes  Famiglia: Sylviidae

In Italia la Bigia padovana è un migratore transhariano nidificante. La sua diffusione coincide in buona parte con l’intera area nord-orientale del nostro Paese, con una netta predilezione per le aree di passaggio tra la pianura e le Prealpi. A questo è probabilmente dovuto il proprio nome italiano, pur essendo la Bigia padovana un uccello diffuso in tutta Europa, fino alle estreme propaggini degli Urali, della Turchia e del Caucaso.

Lunga anche 17 cm, la Bigia padovana si distingue per essere la specie di maggiori dimensioni dell’intera famiglia dei Silvidi , mentre il piumaggio si caratterizza – come è facile intuire – per il colore grigio scuro, più sbiadito e tendente al bruno nella femmina. Poco amante delle foreste troppo fitte, delle aree troppo aride o eccessivamente umide, la Bigia padovana predilige i boschetti, le radure ai margini di piccole foreste di latifoglie, ma anche siepi, frutteti o arbusteti ai margini delle coltivazioni o dei greti fluviali.

Cespugli e alberi sparsi sembrano fondamentali per la presenza di questa specie, la cui popolazione più importante si trova in realtà in provincia di Vicenza, con poche decine di coppie nidificanti nel padovano. Nidifcante e migratore, la Bigia padovana occupa in Italia un’areale pressoché coincidente con l’Italia nord-orientale, dalla Val d’Ossola al Friuli Venezia Giulia. Tale popolazione appare confinata all’estremo sud-occidentale dell’areale della specie, presente anche in Asia centrale – dal Kazahstan alla Mongolia – con la particolare sottospecie merzbacheri .

La nidificazione avviene non prima di metà maggio, con 4-5 uova deposte in un nido costruito tra i rami degli alberi più giovani o tra i cespugli. Da rilevare le abitudini “tardive” di questo migratore, che raggiunge i cieli italiani solo a maggio inoltrato per ripartire già ad agosto. Troppo poco, evidentemente, per portare a termine anche una seconda covata. Piccole larve e insetti sono l’alimento principale durante il ciclo riproduttivo, mentre bacche e altri frutti sono scelti durante la tarda estate, prima di intraprendere il lungo viaggio per i quartieri africani di svernamento.

Prospettive

In aree idonee la Bigia padovana raggiunge densità notevoli, anche 10-12 coppie ogni 100 ettari. Purtroppo, solo alcune zone di bassa collina tra Bresciano, Veronese e entroterra vicentino mostrano una buona disponibilità di questo tipo di ambienti, formati da cespugli, alberi, lunghi filari di siepi, altrove distrutti quasi completamente per fare posto all’agricoltura intensiva.

Il risultato è una presenza relativamente abbondante in aree ristrettissime, a cui fa da contrasto, al di fuori di alcuni siti, una totale assenza della Bigia padovana o una popolazione ridotta a poche decine – o addirittura unità – di coppie. Uno scenario che imporrebbe considerazioni diverse in termini di Valore di Riferimento Favorevole (FRV) per ognuna delle micro-popolazioni censite.

Ciononostante, la scarsità di dati sulla specie impone di considerare come unica la popolazione italiana. Con ragionevole margine di approssimazione, e utilizzando dati medi di produttività (2,4 giovani involati per coppia di successo), mortalità attorno al 50-55% e vita massima attorno ai 12 anni è possibile fissare la soglia della Minima Popolazione Vitale (MVP) a circa 8mila individui, pari a 4mila coppie, e proporre questa come FRV.

Per arrivare a questa conclusione risultano significativi anche i dati storici in possesso degli studiosi. La distribuzione certamente più ampia della specie in passato, sia in termini di consistenza che di areale, permette di accrescere la capacità portante degli habitat di presenza di almeno 1,5 volte, arrivando appunto a una MVP di 8mila individui.

In aree vincolate, il raggiungimento di densità pari anche a 5-6 coppie ogni 10 ettari appare un target di conservazione ragionevole. In aree solo parzialmente idonee o non gestite secondo criteri “conservazionistici” andrebbero comunque raggiunte o mantenute densità non inferiori alle 12 coppie ogni 100 ettari su scala locale, 10-20 coppie ogni km quadrato su scala di comprensorio. Attualmente, tali valori sono raggiunti solo in un numero ristrettissimo di siti, mentre in altre aree anche potenzialmente idonee la specie risulta presente solo in modo irregolare e ampiamente frammentato.

Minacce

La vita della Bigia padovana pare dipendere dalla presenza di cespugli e siepi, alternate ad alberi o a ristrette porzioni di bosco. Pur apprezzando una buona disponibilità di acqua, nonché la presenza di alberi sparsi, la specie evita accuratamente foreste troppo fitte, aree eccessivamente umide o allo stesso tempo aride.

Ambienti dunque a struttura complessa, con strati inferiori di cespugli – spesso spinosi, e non è infrequente trovare il nido della Bigia padovana proprio tra i rovi – e strati superiori di giovani latifoglie come ontani e salici. Del pari, lunghi filari di siepi sembrano favorire la presenza della specie, che predilige quelle aree fra la pianura e la bassa collina, con poche coppie eccezionalmente presenti a quote più elevate (tra le “eccezioni” spicca la popolazione del Monte Grappa, presente fino a 1.400 metri).

La distruzione delle aree con cespugli e alberi sparsi nei fondovalle e lungo i greti dei fiumi, nonché l’abitudine a rimuovere boschetti, siepi e macchie arbustive nelle aree agricole per recuperare spazio utile alla monocoltura intensiva, sembrano aver giocato un ruolo sostanziale nel decremento della popolazione italiana avvenuto lungo gli ultimi anni del Novecento, a fronte di uno scenario europeo più favorevole e confortante. Anche per questo le densità più elevate della specie vengono oramai raggiunte solo in alcune residue aree di bassa collina, dove la disponibilità di questo tipo di ambienti risulta ancora relativamente abbondante.

Altra minaccia importante è costituita dai predatori, in particolare ermellini e Corvidi. Per il resto, a livello internazionale – non sono invece disponibili studi approfonditi per l’Italia – la Bigia padovana mostra buon successo riproduttivo e bassa mortalità, con oltre il 90% di uova che arrivano a schiusa e una percentuale di giovani involati di poco superiore all’80%.

Stato di salute

Favorevole in tutta Europa, lo stato di salute della Bigia padovana è invece abbastanza preoccupante a livello italiano, dove le sole 1.000-2.000 coppie nidificanti hanno conosciuto un trend negativo negli ultimi dieci anni del secolo scorso. Una popolazione, quella italiana attuale, pari a poco più dell’1% del totale “comunitario”, stimato in 82-180mila coppie.

A sua volta, l’Unione Europea ospita non più di un quinto della popolazione continentale complessiva, che potrebbe raggiungere anche il milione di coppie e che ha conosciuto un moderato incremento – seguito da sostanziale stabilità – tra il 1970 e il 1990. Tutelata dalla Direttiva Uccelli, la specie risulta anche protetta, in Italia, dalla legislazione venatoria vigente.

Ciononostante, l’areale italiano della specie pare aver conosciuto una riduzione significativa durante tutto il XX secolo, quando la Bigia padovana era distribuita in modo più abbondante e omogeneo nell’intera Valle Padana. Oggi confinata ad aree ristrette, risulta comunque tuttora ben rappresentata a livello locale, con un significativo numero di coppie, pur in decremento nell’ultimo ventennio.

La maggior parte della popolazione nidificante si trova in Veneto, e in particolare in provincia di Vicenza che, da sola, ospita 200-250 coppie, ossia il 25% del totale della popolazione italiana. Qualche decina di coppie, poi, sono state rilevate nel padovano e in provincia di Verona, mentre alla popolazione trentina – piuttosto irregolare e frammentata ma con una consistenza che potrebbe raggiungere anche le 100 coppie – fa da contrasto la popolazione emiliano-romagnola, storicamente accertata ma oggi ridotta a pochissime unità tra le provincia di Forlì-Cesena e Ravenna.

Semaforo

Difficile da interpretare a causa della mancanza di dati approfonditi, il trend sulla popolazione italiana di Bigia padovana appare molto probabilmente orientato al decremento. Di certo, la consistenza della specie è oggi molto più ristretta – sia in termini assoluti che di areale – di quanto fosse storicamente, e per lo più confinata ad aree di media o bassa collina in alcune zone del Veneto e – secondariamente – Lombardia, Trentino, Friuli, con popolazioni comunque frammentate e isolate. Uno scenario piuttosto critico che dipende molto probabilmente dal decremento degli habitat idonei alla specie – cespugli, filari di siepi, piccoli boschetti – in gran parte distrutti per fare posto alla monocoltura intensiva.

Fattore Stato di salute Stato di conservazione
Range* in contrazione cattivo
Popolazione in calo, inferiore all’FRV cattivo
Habitat della specie in calo inadeguato
Complessivo   cattivo

*Variazione della popolazione negli anni

Canto

Il richiamo della Bigia padovana è particolarmente forte e melodico allo stesso tempo. Udirne il canto è spesso l’unico modo per accorgersi della presenza della Bigia, essendo questo uccello particolarmente schivo e abituato a passare la maggior parte della propria vita nel folto dei cespugli. Spesso, cespugli spinosi: non è raro, infatti, trovare il nido della Bigia padovana perfettamente “integrato” all’interno dei rovi.