NIBBIO BRUNO
NOME SCIENTIFICO: Milvus migransPotente e profondo il battito d’ala. Maestoso il volo, costellato di volteggi e planate. Particolarmente longevo – può vivere fino a 25 anni – è un uccello niente affatto “timido”, specie quando è alla ricerca di cibo. Il Nibbio bruno non si fa problemi quando si tratta di conquistare una carcassa, il suo “piatto” preferito…
Ordine: Falconiformi Famiglia: Accipitridae
Una delle specie di rapaci più diffuse al mondo e una delle specie più longeve – può vivere anche 25 anni mentre per raggiungere la maturità riproduttiva impiega almeno due stagioni – il Nibbio bruno presenta il ventre marrone, striato di scuro. L’ala, dalla punta scura, è invece in gran parte bianca, così come la testa e la coda, generalmente su tonalità grigie.
Dall’apertura alare nell’ordine dei 130-155 cm, per una lunghezza di poco superiore al mezzo metro e un peso che può raggiungere 1 kg, il Nibbio bruno è un rapace di medio-grandi dimensioni. Lo si può trovare in stormi anche di 50 individui e, nella maggior parte dei casi, non si costruisce il nido da solo, ma preferisce sistemarsi in vecchi nidi di cornacchie o altri rapaci, naturalmente “restaurandoli” di anno in anno.
Il Nibbio bruno è presente in gran parte del continente europeo, con popolazioni importanti in Russia, Spagna, Francia e Germania. Migratore, sverna principalmente nell’Africa subsahariana, con rari casi di svernamento in Europa meridionale, mentre in Italia lo si può trovare un po’ lungo tutta la penisola. Più che gli ambienti montani, il Nibbio bruno preferisce gli ambienti collinari o di pianura, e mostra la tendenza – a differenza di altri rapaci – a concentrarsi presso zone umide o discariche di rifiuti, che utilizza come fonte di alimentazione.
Altre fonti di alimentazione per il Nibbio bruno sono piccoli mammiferi, uccelli, rettili, anfibi, pesci – il Nibbio bruno è un abilissimo pescatore – invertebrati e, naturalmente, carcasse. Presente come nidificante in quasi tutta l’Italia, la specie non è però distribuita in modo omogeneo sul territorio nazionale. Importanti aree di nidificazione sono costituite dalla fascia prealpina nonché dall’alto corso del Fiume Po (escluse le pianure interne), mentre nell’Italia centrale e meridionale il Nibbio bruno è presente in una vasta area tra la Toscana e il Lazio, quindi nella Murgia apulo-lucana. Un’ultima piccola area è stata identificata in Sicilia, nel Trapanese.
Il nido del Nibbio bruno si trova di solito vicino all’acqua, su alberi o pareti rocciose, lontano da strade e villaggi – verso i quali la specie si dimostra invece indifferente quando si tratta di procurarsi il cibo – ed è dunque auspicabile, per la conservazione delle popolazioni italiane della specie, proteggere adeguatamente questi siti: per esempio istituendo aree protette attorno ai grandi laghi prealpini, regolamentando la pesca professionale, favorendo lo sfruttamento estensivo dei pascoli, tutelando i boschi con alberi “maturi”.
In generale, la specie si dimostra particolarmente “dipendente” dalle attività umane, essendo ad esempio stata sostenuta dal proliferare di discariche a cielo aperto, ed avendo subito, per lo stesso motivo – chiusura delle discariche stesse – fenomeni di declino o locale scomparsa delle popolazioni. Lo stesso, progressivo, abbandono delle attività di pastorizia estensiva – che andrebbero invece incentivate – ha influito negativamente sulla disponibilità di carcasse e, per conseguenza, sulla popolazione europea di Nibbio bruno.
Altri elementi di interesse da valutare in fase di tutela sono l’eventuale conflitto con il Gufo reale per quanto riguarda l’accesso alle risorse alimentari, mentre risulta più in generale di fondamentale importanza il mantenimento di aree e habitat idonei alla caccia, alla luce delle “esigenze ecologiche” di questa specie. Da valutare attentamente anche le conseguenze sul Nibbio bruno che potrebbero derivare, nel breve periodo, da azioni di per sé corrette di tutela ambientale, quali il ripristino della “qualità trofica” delle acque dei laghi e la chiusura delle discariche a cielo aperto.
Nello specifico le popolazioni italiane, si possono identificare in tre “nuclei” principali: I) area prealpina e padana (circa 500 coppie); II) area appenninica-peninsulare (tra 430 e 600 coppie); III) area insulare (popolazione ridotta a sole 4-5 coppie). Considerando un successo riproduttivo del 40% e tassi d’involo pari a 1,4 individui per coppia di successo, è possibile identificare in 1.700 individui la Mimina Popolazione Vitale (MVP) e proporre questo come Valore di Riferimento Favorevole (FRV).
Il “pregio” del Nibbio bruno è quello di essere un uccello estremamente adattabile ai climi e agli habitat più vari, da Capo Nord fino allo Stretto di Messina, dalle steppe asiatiche fino alle aree sub-tropicali. Detto questo, la specie preferisce aree dove siano presenti laghi, stagni, fiumi e zone umide in genere, mentre alle zone impervie – specialmente per quanto riguarda la popolazione italiana – preferisce aree collinari boscate a quote altimetriche non superiori ai 700-1000 m.
Indifferente al disturbo da parte dell’uomo specialmente in prossimità delle aree di alimentazione, il Nibbio bruno è ghiotto di rifiuti e di carogne. Si alimenta infatti spesso presso discariche dove ricerca ratti – presenti in abbondanza – e soprattutto avanzi di cibo. Proprio le discariche sembrano essere responsabili delle importanti fluttuazioni che si sono registrate a livello locale (per esempio la chiusura di una discarica in Sicilia ha decimato la già esigua popolazione locale).
Allo stesso tempo, va tenuto in considerazione il potenziale rischio che l’accumulo di inquinanti o pesticidi può avere sulla salute di una specie dalle abitudini necrofaghe (per esempio, se l’aumento dell’inquinamento di un lago può far morire molti pesci e quindi favorire temporaneamente la specie, non sono noti – anche se immaginabili – gli effetti sul Nibbio dell’ingestione di carcasse contaminate). Altri fattori che possono avere influito sul declino locale della specie in Europa possono essere identificati nella minore disponibilità di carcasse rispetto al passato, conseguente alla conversione della pastorizia estensiva in allevamenti intensivi.
A parte questo, pur essendo il Nibbio bruno estremamente tollerante al disturbo antropico durante la fase di alimentazione – anzi, non è scorretto affermare che il declino della pastorizia tradizionale è stato più che compensato, negli anni passati, dal proliferare di discariche a cielo aperto che hanno favorito la popolazione europea – lo stesso non si può dire della delicata fase di nidificazione. Come tutti i predatori, infatti, anche il Nibbio bruno è caratterizzato da tassi di successo riproduttivo non elevati, per un tasso d’involo che raramente supera i 2 individui per coppia di successo. Lo stesso successo riproduttivo, oltre che dall’eccessivo disturbo antropico, può essere compromesso da condizioni climatiche anomale.
Il Nibbio bruno è attualmente classificato come “sicuro” in tutta l’Unione europea. Non così a scala continentale e globale, dove la specie mostra evidenti segnali di declino. Secondo le stime, in Europa vivono tra le 30mila e le 44mila coppie della specie, pari a poco meno della metà della popolazione europea complessiva.
Stabile negli ultimi 30-40 anni – sempre se si considera come ambito di studio la sola Europa comunitaria – il Nibbio bruno non è stato oggetto di un Piano specifico di tutela a livello nazionale o comunitario, pur essendo considerato specie protetta ai sensi della Direttiva Uccelli e “vulnerabile” rispetto alle previsioni della Lista Rossa Nazionale. In Italia la popolazione stimata di Nibbio bruno oscilla tra le 700 e le 1.200 coppie, pari al 2-4% di quella dell’Unione europea ma inferiore al 2% sulla popolazione complessiva della specie.
Il Nibbio è un uccello migratore transhariano. I primi avvistamenti si hanno di solito con l’arrivo della primavera, mentre il maggior numero di individui osservati nei nostri cieli proviene da aree di nidificazione poste in Svizzera e Germania. Un fatto dimostrato dagli inanellamenti, che testimoniano anche la lunghezza del viaggio compiuto da questa specie che può superare anche i 1.500 km in poco più di un mese.
In quanto nidificante, il Nibbio bruno è presente un po’ a tutte le latitudini dell’Italia peninsulare, dalle Prealpi alla Sicilia. In Piemonte sono stimate 57-75 coppie, tra le 200 e le 250 in Lombardia, quindi Veneto e Trentino, con rispettivamente poco più di 40 e un centinaio di coppie. Seguono importanti colonie tra Toscana e soprattutto Lazio (dove sono state censite tra le 80 e le 109 coppie) mentre un’importantissima area di nidificazione è costituita dalla Murgia apulo-lucana, con almeno 2-300 coppie censite. Nella maggior parte dei casi, la popolazione risulta stabile o con fluttuazioni locali per lo più orientate al leggero decremento.
Localmente abbondante, la popolazione di Nibbio bruno è soggetta a evidenti fluttuazioni, in casi limitati – quando si tratta di un calo – seguite da una reale ripresa. Un’evidenza probabilmente dovuta alla sempre minore disponibilità di cibo. Limitare il disturbo dei siti riproduttivi, mantenere boschi maturi circondati da prati e pascoli sfruttati in modo estensivo, impedire l’uso di esche avvelenate – nonché monitorare l’abuso di pesticidi e rodenticidi in agricoltura – sono comunque indicazioni importanti per la tutela di questa specie che, complessivamente, non risulta in uno stato adeguato di conservazione nel nostro Paese.
Fattore | Stato di salute | Stato di conservazione |
Range* | verosimilmente stabile | favorevole |
Popolazione | fluttuante, al di sotto dell’FRV | inadeguato |
Habitat della specie | diminuzione della disponibilità alimentare | inadeguato |
Complessivo | inadeguato |
*Variazione della popolazione negli anni
Dal volo agile e “volteggiante”, il Nibbio bruno plana tenendo le ali orizzontali, lanciandosi a velocità folle sulla potenziale preda. Il canto del Nibbio si apre con un duplice fischio “introduttivo”, a cui seguono brevi trilli acuti in sequenza, del tutto simili a un nitrito.