OCA GRANAIOLA - Uccelli da proteggere

Vai ai contenuti principali
Uccelli da proteggere
 
Specie protette dalla Direttiva UccelliSpecie protette dalla Direttiva Uccelli
Specie particolarmente protette dalla Direttiva UccelliSpecie particolarmente protette dalla Direttiva Uccelli
 

Specie protette dalla Direttiva UccelliOCA GRANAIOLA

NOME SCIENTIFICO: Anser fabalis
 
Semaforo N.C.

Ghiotta di cereali e leguminose, l’Anser fabalis ha il suo regno “invernale” nelle aree costiere paludose e lagunari che si estendono vicino a vasti campi coltivati. Qui l’Oca granaiola si avventura zampettando alla ricerca di cibo, mentre una sentinella è sempre pronta a dare l’allarme in caso di pericolo. Ma per proteggersi dai nemici ha a disposizione anche un’altra arma, la capacità di mimetizzarsi piuttosto abilmente, nonostante le notevoli dimensioni. Molto più facile è osservarla in volo, spesso nella classica formazione a “V”. In Italia vengono a svernare esemplari provenienti soprattutto da Germania e Olanda, ma la maggioranza della popolazione nidificante in territorio europeo è concentrata in Russia.

 

Ordine: Anseriformes

Famiglia: Anatidae

Tra le cosiddette “oche grigie”, l’Oca granaiola si distingue dalle dimensioni maggiori – tra i 70 e gli 85 cm di lunghezza e un’apertura alare che raggiunge i 175 cm – dal piumaggio scuro, le zampe arancioni e il becco arancio macchiato di nero. Inoltre il capo, così come collo e becco, in proporzione al resto del corpo risultano più grandi rispetto a quelli della “cugina”, l’Oca zamperosee (Anser brachyrhynchus ).

L’oca granaiola presenta in realtà due sottospecie, che alcuni autori considerano specie distinte: Anser fabalis fabalis , detta “della taiga” – con becco più arancione che nero, zampe e collo più lunghi – e Anser fabalis rossicus , detta “della tundra”, per l’area diversa in cui nidifica nell’Europa del Nord. In realtà si ritiene che la sottospecie che frequenta il nostro Paese durante le migrazioni e che sverna regolarmente in Italia sia la seconda. Anche se nel complesso l’Oca granaiola della taiga si presenta più tozza, è comunque difficile distinguere le due sottospecie. Maschi e femmine sono molto simili, con dorso, fianchi e ali marroni sfumate di chiaro sui margini, ventre bianco, coda anch’essa marrone con una striscia bianca ben visibile.

Nidificante dalla Scandinavia alla Russia, l’Oca granaiola raggiunge l’Europa meridionale per svernare, anche se da anni sta gradualmente abbandonando le aree di mediterranee fermandosi più a nord e, probabilmente, modificando i suoi spostamenti in base al clima. Al di fuori del periodo riproduttivo è una specie gregaria. Volatore instancabile, durante la migrazione percorre in gruppo lunghe distanze, fermandosi raramente per un breve riposo. È in questi momenti che, in Italia, si possono individuare gli stormi che atterrano lungo le coste tirreniche e nord-adriatiche o nelle zone umide settentrionali, mentre tutte le presenze registrate tra il Centro e il Sud sono ormai da considerarsi eventi accidentali.

Attraverso gli inanellamenti su un piccolo campione è stato possibile ricostruire solo una carta complessiva dei movimenti migratori che interessano l’Italia. Ben sette degli otto esemplari ricatturati sul territorio nazionale erano stati inanellati in Olanda, solo uno risultava marcato in Germania.

Prospettive

Ambienti fondamentali per la sopravvivenza dell’Oca granaiola durante l’inverno sono le lagune costiere, come siti di riposo diurno, e le circostanti aree coltivate, come luoghi di alimentazione. La contrazione e il progressivo degrado di questi habitat – in Italia come nelle aree europee dove, principalmente, l’Oca granaiola vive e nidifica – rappresentano una forte ipoteca sul futuro della specie.

Per questo, nonostante l’attuale stato di conservazione risulti favorevole – e siano molto limitate le responsabilità dell’Italia sulle possibilità di sopravvivenza della specie su scala globale – il monitoraggio invernale nel nostro Paese dell’Oca granaiola, così come dell’Oca lombardella, risulta meritevole della massima attenzione.

In particolare è fondamentale, oltre alla prevenzione delle alterazioni o dei fattori di disturbo nei siti di svernamento, un’attenzione specifica alle adiacenti aree agricole frequentate dai gruppi di oche. Ad essere necessario è, soprattutto, il mantenimento di condizioni idonee all’alimentazione della specie e la limitazione dell’uso di pesticidi e altri prodotti chimici, che possono rappresentare una minaccia.

A giocare poi un ruolo decisivo per il futuro della specie sono le condizioni meteoclimatiche nei quartieri di svernamento settentrionali, che sono in massima parte responsabili delle oscillazioni registrate nel nostro Paese, dove l’Oca granaiola risulta solo svernante e migratrice.

Minacce

Analizzando il trend tra il 1998 e il 2003 emerge che, da tempo, l’Anser fabalis  in Italia non raggiunge il migliaio di individui e che spesso, anzi, è più vicina al centinaio, con occasionali picchi sempre dovuti a fattori climatici e con una distribuzione che continua a interessare meno di 10 siti.

Diverse le minacce che pesano sulla specie e che ne ostacolano l’espansione, quando non la sopravvivenza. Primo pericolo per le oche granaiole, l’eccessiva pressione venatoria. In passato la caccia, insieme alla perdita di habitat, sono stati alla base del consistente declino registrato dalla specie.

Altri pericoli – che persistono tuttora nonostante l’Oca granaiola non figuri più tra le specie cacciabili – derivano da fattori di disturbo ai siti di sosta. Sensibile all’influenza aviaria, la specie si mostra particolarmente esposta al rischio di avvelenamento da pesticidi: un’evidenza legata anche alle abitudini alimentari di questo uccello, che va alla ricerca di cereali e legumi direttamente nei campi coltivati.

In Russia – dove nidifica la maggior parte della popolazione europea – Norvegia e Svezia la perdita e il degrado dell’habitat continuano a rappresentare i fattori principali di minaccia per la specie. Un degrado causato, in particolare, dall’inquinamento da petrolio, dagli interventi di estrazione e dalle opere di bonifica. Anche l’abbandono delle tradizionali pratiche agro-pastorali nella direzione di un’agricoltura meccanizzata e intensiva non giocano a favore della sopravvivenza dell’Oca granaiola nel lungo periodo.

Stato di salute

Considerata in uno stato di conservazione favorevole a livello continentale e classificata non in pericolo in Unione Europea, l’Oca granaiola è stata inserita nell’Allegato II della Direttiva Uccelli, ma non può comunque essere preda dei cacciatori nel nostro Paese.

Nel ventennio tra il 1970 e il 1990 la popolazione nidificante nell’Unione europea era rimasta sostanzialmente stabile, mentre era aumentata quella svernante, tendenza confermata nel decennio successivo, con una maggiore stabilità del contingente svernante. Nel 2004 BirdLife International ha stimato tra le 2.300 e le 3.200 coppie nidificanti nell’Unione europea, pari a meno del 5% della popolazione continentale, che è di circa 140mila coppie, concentrate in prevalenza in Russia.

La popolazione svernante nell’Unione europea è invece di 380mila individui. La loro presenza in Italia è stata condizionata, nel periodo dal 1991 al 2000, da un progressivo abbandono dai quartieri di svernamento del Mediterraneo a favore di aree più settentrionali. Nonostante questa tendenza sia in atto da diversi anni, la media della seconda metà del decennio è raddoppiata rispetto a quella del periodo 1991-1995. La punta massima è stata registrata nel 1997 con 327 individui. Un picco che – analogamente a quello registrato nel 1999 – appare difficilmente spiegabile se non a causa di spostamenti indotti dal clima: una motivazione, tuttavia, non supportata né dai dati meteorologici italiani né da altri fattori localizzati nella regione pannonica, il vasto bassopiano dell’Europa Sud-orientale attraversato dal Dunubio dove tuttora svernano gruppi piuttosto numerosi della specie. Il contingente svernante italiano, inferiore allo 0,1% di quello europeo, non risulta comunque particolarmente significativo ai fini della conservazione della specie.

Negli anni Novanta erano 26 i siti occupati almeno una volta da questi uccelli ma, nella maggior parte dei casi, tali siti non ospitano più di 10 individui contemporaneamente. Nel complesso, in Italia la distribuzione della specie risulta estremamente concentrata: basti pensare che il 90% della popolazione è insediata in soli cinque siti e che solo due di questi, le lagune dell’Alto Adriatico, vicine a vasti campi coltivati, hanno ospitato la specie ogni anno. Essendo vicine tra loro, vengono inoltre utilizzate in modo complementare.

Canto

Bisillabico e nasale come quello delle altre oche, il canto dell’Anser fabalis si può distinguere perché leggermente più basso e calmo, ma resta comunque squillante. Nel gruppo spiccano improvvisi versi più acuti, che rimandano al classico starnazzare della famiglia degli Anatidi.