OCCHIONE - Uccelli da proteggere

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Uccelli da proteggere
 
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Specie particolarmente protette dalla Direttiva UccelliSpecie particolarmente protette dalla Direttiva Uccelli
 

Specie particolarmente protette dalla Direttiva UccelliOCCHIONE

NOME SCIENTIFICO: Burhinus oedicnemus
 

Altrove noto con il nome di Stone curlew – “chiurlo delle pietre”, data la sua abitudine di nidificare tra un masso e l’altro – l’Occhione deve il proprio buffo nome ai grandi occhi che lo rendono inconfondibile e sono un chiaro indice delle abitudini crepuscolari e notturne di questa specie. Niente affatto timido nei confronti dell’uomo, teme piuttosto i predatori, da cui si difende alla perfezione proprio grazie al grande occhio, donato dalla natura per vedere quando gli altri non vedono, per volare quando altri uccelli sono costretti a restar nel nido…

 

Ordine: Charadriiformes  Famiglia: Burhinidae

Invisibile lui, come invisibile è il nido. Uccello prettamente crepuscolare e notturno, l’Occhione deve il proprio nome comune, come è facile intuire, al grande abilità visiva che gli permette di volare anche di notte, e di difendersi in questo modo abilmente dai potenziali predatori. Invisibile appunto è anche il nido, perfettamente mimetizzato tra i sassi, e anche le uova stesse hanno spesso una colorazione molto simile a quella delle pietre.

Schivo e diffidente nei confronti dei predatori, l’Occhione è un professionista delle “arti mimetiche”, ma nel nostro Paese non trova facilmente aree adatte ad ospitare il nido. Fanno questa funzione, in molte aree d’Italia – specialmente nella Pianura Padana – i larghi greti dei fiumi, specialmente nei periodi di secca. Più comune nell’Europa mediterranea, dove mostra un comportamento stanziale, l’Occhione si comporta come migratore nel resto dell’areale, scegliendo l’Europa meridionale e l’Africa per lo svernamento.

Piuttosto grosso e tarchiato – un esemplare può raggiungere un’apertura alare di poco inferiore al metro per una lunghezza anche di 45 cm – l’Occhione predilige per l’alimentazione aree coltivate aperte e le zone steppiche in genere. Anche il piumaggio risulta piuttosto mimetico, rendendolo praticamente invisibile quando si trova al suolo.

Tipica la situazione in cui la coppia viene minacciata nei pressi del nido. In questi casi, uno dei due si alza in volo, mentre l’altro fugge a piedi verso i cespugli. Un “diversivo” che distoglie l’attenzione del predatore, mentre le uova – così come il nido – risultano perfettamente mimetizzate tra le pietre e possono quindi essere lasciate incustodite anche per un periodo di tempo piuttosto lungo: anche durante la cova, in quanto il sole a picco sulle pietre contribuisce a tenere calde le uova.

Prospettive

Accanto alla conservazione degli “ambienti di greto” – accompagnata alla tutela dal disturbo antropico particolarmente impattante soprattutto quando queste aree sono frequentate da fuoristrada o moto da cross – è assolutamente necessario, per restituire una prospettiva a questa specie, mantenere forme di agricoltura e pastorizia estensive nelle aree agricole abitate dall’Occhione. In particolare, sono da preferirsi coltivi a crescita tardiva, favorendo invece il pascolo brado delle praterie – capace appunto di mantenere la vegetazione bassa – nonché il mantenimento attorno ai campi coltivati di elementi marginali a vegetazione spontanea, utili per questa come per molte altre specie di uccelli selvatici.

Ben studiata soprattutto nell’Italia settentrionale e centrale, la specie non può essere oggetto di una precisa indicazione in termini di Valore di Riferimento Favorevole (FRV), mancando molti degli essenziali parametri demografici e riproduttivi, con particolare riguardo al tasso medio di mortalità. Resta l’esigenza di garantire la protezione delle principali località di nidificazione accertata attraverso la tutela dei siti e, ove necessario, una gestione attiva dell’habitat.

Nelle aree più importanti per la specie, poi, andrebbero favorite e mantenute densità non inferiori a 0,3-0,4 individui per ettaro, monitorando periodicamente lo stato di conservazione della specie e del relativo habitat anche a livello locale. Solo in questo modo si riuscirà ad arrestare un decremento che non accenna ad arrestarsi, pur avendo assistito a locali e confortanti incrementi che appaiono però limitati a determinate aree, se pure importanti, come ad esempio quella del Fiume Taro, nel Parmense.

Minacce

Dalle esigenze ecologiche molto specifiche, l’Occhione non trova agevolmente siti adatti in cui costruire il nido nel nostro Paese. La specie evita infatti accuratamente versanti scoscesi e ogni tipo di sito in cui la vegetazione risulti troppo alta o fitta. Anche le aree fredde, ventose o eccessivamente umide non sono bene accette per questa specie, che predilige i terreni aperti con ampia visibilità – con la possibilità cioè di correre al suolo – e buona disponibilità d’acqua.

Brughiere con chiazze di erba bassa, terreno nudo, pascoli magri e rocciosi, dune con erba bassa, aree umide – quali i greti dei fiumi – asciutte durante la stagione estiva, terreni coltivati in modo estensivo. Questi gli ambienti preferiti, che però nel nostro Paese risultano estremamente ridotti o comunque particolarmente soggetti al disturbo da parte dell’uomo.

Anellidi, artropodi della superficie del suolo e molluschi costituiscono le prede principali della specie, piuttosto diffuse nelle praterie semi-naturali, non altrettanto nelle aree soggette ad agricoltura meccanizzata.

Mal tollerante alla vegetazione troppo fitta – e quindi alle precipitazioni troppo abbondanti – la specie dipende fortemente, almeno in Italia settentrionale, dagli ambienti fluviali – o meglio, dalle aree semi-incolte comprese tra il fiume vero e proprio e la terraferma – che sono l’ideale per abbinare la possibilità di costruire il nido all’ampia disponibilità di cibo. In questi casi, a pesare in modo grave sulla specie sono gli interventi di regimazione o sistemazione degli alvei fluviali, che il più delle volte portano al degrado o alla perdita degli ambienti di greto marginali al corso principale del fiume che risultano invece fondamentali per la specie.

Stato di salute

Specie classificata come “vulnerabile” in tuta Europa, l’Occhione ha conosciuto un largo declino durante tutto il Novecento, soprattutto nella porzione centrale e settentrionale dell’areale. Un decremento significativo e duraturo che non si è arrestato nemmeno negli ultimi anni del Novecento, a differenza di quanto avvenuto per altre specie protette.

Attualmente, la popolazione europea è stimata in 39-60mila copie, pari a oltre tre quarti della popolazione europea complessiva, compresa tra le 46mila e le 78mila coppie, e a una frazione compresa tra un quarto e la metà della popolazione globale della specie. In Italia è stata accertata la presenza di 800-1.200 coppie, con un andamento coerente rispetto al resto d’Europa, ossia in significativo declino nell’ultima decade del secolo scorso.

Pari al 2% della popolazione comunitaria e a una percentuale praticamente analoga della popolazione continentale complessiva, la popolazione italiana di Occhione è poco studiata, così come poco conosciuto è il relativo trend demografico e di areale. Non molte le informazioni anche sul contingente svernante, anche se è stata accertata la presenza di alcuni individui in Pianura Padana (17, per l’esattezza, sul greto del Fiume Taro, nel Parmense), oltre a 26 individui censiti in Toscana, 11 in Sardegna, più altri esemplari localizzati lungo il resto della penisola (in totale 72 individui censiti in 7 siti totali).

Piuttosto sconfortante il trend di popolazione che si registra nelle principali aree di presenza: in Puglia, Lombardia e Piemonte il decremento perdura dagli anni Sessanta. Particolarmente critica la situazione in nell’Italia nord-occidentale, con non più di 17-30 coppie complessive censite tra Piemonte e Lombardia, e la stima sull’intera popolazione nidificante nel centro-nord Italia che non supera attualmente le 100-150 coppie. Più abbondante il contingente “isolano”, 500-1000 coppie stimate in Sardegna, 200 in Sicilia, mentre nel resto dell’Italia nidificano poche decine di coppie suddivise tra Emilia-Romagna, Toscana e Puglia.

Semaforo

La generale riduzione dell’ambiente idoneo alla specie, conseguente alla regimazione dei fiumi, all’intensificazione dell’agricoltura, all’abbandono delle attività agro-pastorali tradizionali, non disegnano un quadro confortante per l’occhione nel nostro Paese. Estremamente critico a livello nazionale – pur con alcune importanti eccezioni – lo stato di conservazione dell’Occhione dipende in larghissima misura dal mantenimento e dal ripristino degli ambienti steppici e secondariamente semi-fluviali da cui la specie dipende sia per la riproduzione sia per l’alimentazione. Pratiche agricole estensive unite a una gestione attenta dei greti dei fiumi – soprattutto riguardo alle modalità di esecuzione degli interventi per la regimazione delle acque – costituiscono indicazioni fondamentali per il futuro di questa specie, unita alla protezione da un eccessivo disturbo da parte dell’uomo, essendo gli argini dei fiumi di frequente “calpestate” da fuoristrada e moto da cross.

Fattore Stato di salute Stato di conservazione
Range* in moderata contrazione inadeguato
Popolazione in calo moderato inadeguato
Habitat della specie in diminuzione cattivo
Complessivo   cattivo

*Variazione della popolazione negli anni

Canto

Il verso caratteristico viene di solito emesso al tramonto o anche nelle prime ore della notte. Grande “corridore”, l’Occhione è abilissimo nella fuga e quando si sente minacciato emette forti e metalliche grida, tendenzialmente più aspre e molto meno melodiche di quelle dei comuni chiurli…