RE DI QUAGLIE - Uccelli da proteggere

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Uccelli da proteggere
 
Specie protette dalla Direttiva UccelliSpecie protette dalla Direttiva Uccelli
Specie particolarmente protette dalla Direttiva UccelliSpecie particolarmente protette dalla Direttiva Uccelli
 

Specie particolarmente protette dalla Direttiva UccelliRE DI QUAGLIE

NOME SCIENTIFICO: Crex crex
 

Per secoli la storia del Re di quaglie e quella dell’uomo sono state inestricabilmente legate. Si narra che già Aristotele ne conoscesse l’esistenza, avendone descritto la migrazione nella sua Historia animalium. Specie oggi poco conosciuta, eppure strettamente dipendente da un ambiente costruito dall’uomo, quello dei prati-pascoli da cui si ricava il fieno per il bestiame…

Minacce

Amante delle medie latitudini – l’Italia settentrionale si trova ai limiti dell’areale di nidificazione – il Re di quaglie abita tipicamente zone di pianura. Fa eccezione la Russia, dove la specie è stata rinvenuta anche fino a 3mila metri, e anche l’Italia stessa, dove la specie abita prevalentemente le praterie prealpine e alpine, a quote comprese – fatta eccezione per qualche coppia nidificante in pianura – tra gli 800 e i 1.450 m.

Gli ambienti idonei alla specie includono praterie umide, non fertilizzate, e prati regolarmente falciati in aree di agricoltura non intensiva. Prati da sfalcio e da foraggio in aree umide o inondate sembrano essere l’habitat più importante in Europa, anche se per l’Italia prevalgono certamente, quanto a importanza per la specie, le praterie alpine e prealpine.

Proprio le grandi modificazioni che hanno riguardato questi ambienti lungo l’intera seconda metà del Novecento, sono state la principale causa del declino storico della specie, che non tollera lo sfalcio meccanico, diventato pratica comune nella maggior parte dei coltivi. Oltre che allontanare la specie, lo sfalcio meccanico è anche responsabile diretto della distruzione di uova e pulcini, e talvolta anche dell’uccisione di individui adulti.

Oltre a questo, la perdita di praterie e zone umide a vantaggio del bosco, ha giocato a sfavore della specie, che potrebbe anche aver sofferto per un accresciuto utilizzo di pesticidi e per locali incrementi nel numero di predatori di uova e pulcini. L’attività di sfalcio attuata con mezzi meccanici in periodo riproduttivo resta comunque la principale causa della distruzione di uova e pulcini, comportando molto spesso la perdita di intere nidiate.