STRILLOZZO - Uccelli da proteggere

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Uccelli da proteggere
 
Specie protette dalla Direttiva UccelliSpecie protette dalla Direttiva Uccelli
Specie particolarmente protette dalla Direttiva UccelliSpecie particolarmente protette dalla Direttiva Uccelli
 

Specie protette dalla Direttiva UccelliSTRILLOZZO

NOME SCIENTIFICO: Emberiza calandra
 

Tozzo e massiccio, dal becco e dal canto inconfondibile, lo Strillozzo è presente in tutto il vecchio continente, dall’Atlantico al Pacifico. Dal colore simile a quello delle spighe mature, suo principale alimento, lo si può osservare spostarsi da un alto posatoio a un ramo aguzzo, mentre si esibisce senza sosta in lunghi “concerti”. Eccolo quindi, in caso di pericolo, rifugiarsi lesto tra siepi e cespugli, formazioni essenziali per la vita di questa specie…

Minacce

Il declino della specie, comune a tutto il continente europeo, sembra dovuto soprattutto all’intensificazione e ad altri cambiamenti intervenuti nelle pratiche agricole, inclusa la riduzione di certi tipi di colture, l’affermarsi di cereali autunnali, il declino nella rotazione tradizionale, la rimozione di stoppie, l’aumento dei pesticidi, la riduzione delle siepi. Tutti fattori che hanno ridotto in maniera significativa la disponibilità di cibo e di habitat.

Specie prevalentemente granivora, lo Strillozzo può avventurarsi, in primavera, anche alla ricerca di piccoli insetti, per procacciare ai pulcini alimenti proteici. Nonostante sia specie protetta e non più cacciabile, è comunque l’uomo la causa principale della diminuzione delle popolazioni, in ragione delle modifiche intervenute negli ambienti agricoli, compresa la scomparsa di siepi, cespugli e altre formazioni da cui la specie dipende.

Inoltre, la disponibilità di coltivazioni in aree montane e collinari – importanti riserve di cibo fino a qualche decennio fa – è seriamente compromessa dal forte abbandono che sta interessando vaste aree della regione mediterranea e, data l’inclinazione della specie a non spingersi in aree pianeggianti, questo fenomeno potrebbe comportare una drastica e ulteriore riduzione delle popolazioni della specie nella sua roccaforte sud-europea.