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Cosa è cambiato

Le foreste alpine sono caratterizzate da una notevole molteplicità di specie arboree. Non solo abeti – bianchi e rossi – ma anche larici, pini e – a quote inferiori – querce, faggi, latifoglie in genere. In comune c’è un attività economica, quella dello sfruttamento del legname, a cui sono soggette la maggior parte delle foreste alpine.

Difficile, in questi casi, parlare di ambiente “naturale”. Relativamente antropizzate anche in tempi storici, le foreste alpine sono sempre state sfruttate per ricavare legname, per liberare spazio ai pascoli, per far posto – più di recente – al progresso, con la costruzione di strade più ampie e scorrevoli, o al turismo, con l’abbattimento di interi versanti per la costruzione di piste da sci.

Il taglio del bosco rappresenta ad oggi la principale attività che incide su questo tipo di ambienti. Oltre ad essere – di per sé – causa di periodico disturbo, il taglio del bosco modifica la composizione strutturale delle foreste, e, per conseguenza, la loro potenziale idoneità per tutta una serie di specie selvatiche.

A questo si aggiunge la necessità di usufruire di infrastrutture temporanee, come vie d’accesso, funicolari. Oppure permanenti, come strade forestali a viabilità limitata. Quel che è certo è che il “tasso di antropizzazione” delle foreste alpine è ad oggi elevatissimo, mentre è ampia la fascia nella quale alle attività di sfruttamento economico delle foreste per la produzione di legname si affianca l’utilizzo delle stesse a fini turistico-ricreativi.