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Le conseguenze sugli uccelli

Specie caratteristiche delle colonie di uccelli marini sono la Berta maggiore (Calonectris diomedea ), la Berta minore (Puffinus yelkouan ), l’Uccello delle tempeste (Hydrobates pelagicus ), il Marangone dal ciuffo (Phalacrocorax aristotelis desmarestii ), il Falco della Regina (Falco eleonorae ), il Gabbiano corso (Larus audouinii ).

Acquacoltura, scarichi urbani e industriali, fino alle circa 400mila tonnellate di petrolio e prodotti derivati che, secondo le stime dell’UNEP (il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente), vengono deliberatamente scaricate nel Mediterraneo ogni anno. Gli effetti dell’inquinamento sulla fauna ittica e sugli uccelli la cui esistenza dipende in gran parte dalla qualità e dalla quantità di queste prede sono difficilmente calcolabili.

Particolarmente esposto alle catastrofi ecologiche – ma anche soggetto a un massiccio inquinamento, per così dire, “ordinario” – il Mediterraneo è poi un’area grandemente sfruttata anche per le attività di pesca intensiva. Si calcola ad esempio che, complessivamente, le catture accidentali con palangaro e reti da traino mietano ogni anno 300mila vittime tra gli uccelli marini, tra cui 100mila albatross, i più esposti, insieme a petrelli e berte; questi uccelli sono infatti attratti dagli scarti di pesce e dalle esche delle navi da pesca. Numeri insostenibili per molte specie, se si considera che molte di esse sono in declino (per esempio 18 specie di albatross su 22, classificate dalla IUCN – The World Conservation Union, il maggiore network mondiale per la conservazione della natura – quali a rischio di estinzione).

Quindi il disturbo diretto causato dai turisti. La maggior parte dei siti costieri e insulari riuniti sotto questa tipologia ambientale che ospitano colonie di uccelli marini e di Falco della regina si compone di scogli, isolotti o pareti inaccessibili, luoghi scarsamente adatti alla frequentazione turistica. Vi sono però alcune importanti eccezioni, per esempio il Gabbiano corso, i cui siti più importanti sono localizzati sulle pareti rocciose costiere, con un’elevata frequentazione da parte di turisti anche in periodo riproduttivo. Altamente fedeli al sito riproduttivo, le specie caratteristiche di questi ambienti tentano di nidificare in siti divenuti col tempo inadatti, magari a causa del proliferare di predatori, ratti in primis – da soli in grado di ridurre a zero la produttività della colonia – ma anche cani e gatti rinselvatichiti introdotti dall’uomo. Un aspetto particolarmente importante, quest’ultimo, nell’ottica di una strategia di conservazione: la bonifica di siti potenzialmente idonei non è spesso sufficiente per convincere le popolazioni a spostarsi dai siti “abituali”: tipico è l’esempio delle berte, che continuano a insediarsi nei medesimi siti nonostante la sistematica predazione delle uova e dei pulcini da parte dei ratti.