BECCAPESCI - Uccelli da proteggere

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Uccelli da proteggere
 
Specie protette dalla Direttiva UccelliSpecie protette dalla Direttiva Uccelli
Specie particolarmente protette dalla Direttiva UccelliSpecie particolarmente protette dalla Direttiva Uccelli
 

Specie particolarmente protette dalla Direttiva UccelliBECCAPESCI

NOME SCIENTIFICO: Sterna sandvicensis
 

Più grande della “cugina” Sterna Zampenere, se ne distingue, oltre che per le dimensioni, per l’ispida cresta di penne che campeggia sul capo. Altra caratteristica di questa specie, come è facile immaginare, è l’estrema abilità nel cacciare il proprio “piatto” preferito, i piccoli pesci. Per farlo si lancia in picchiata sull’acqua, per poi riemergere sicuro, con la preda nel becco, e proseguire il volo caratterizzato da un lento battito d’ali…

Prospettive

È stato dimostrato come il Beccapesci sia in grado di beneficiare immediatamente di misure di conservazione dedicate, compresa la realizzazione di siti artificiali per la nidificazione. Tutelare questi siti intervenendo anche direttamente per creare idonee aree di nidificazione rappresenta una delle indicazioni più importanti per la specie.

A questa misura andrebbe affiancato un monitoraggio più approfondito delle popolazioni, per meglio comprendere i fattori ecologici influenzanti la presenza, la produttività e la demografia delle colonie. Essendo il Beccapesci una specie coloniale recente e mancando dati sufficientemente approfonditi su trend demografici e riproduttivi, non risulta agevole calcolare un Valore di Riferimento Favorevole (FRV).

La progressiva espansione in termini numerici e di areale – pur tra fluttuazioni ancora troppo vistose, specialmente in anni recenti – potrebbe spingere al moderato ottimismo, rispetto alla persistenza di questa specie nel nostro Paese, al consolidamento delle colonie esistenti e all’eventuale ulteriore espansione dell’areale di presenza. Attualmente, tuttavia, non è possibile giungere a questa conclusione, essendo le colonie ancora troppo concentrate in pochi siti.

Di per sé, la localizzazione rende infatti le colonie più vulnerabili anche a singoli eventi negativi, mentre la stessa instabilità connaturata a questi habitat rende difficilmente evitabili tali fluttuazioni anche in un futuro prossimo. Necessario, dunque, puntare sulla tutela – ma anche sull’adeguamento e sull’ampliamento tramite intervento diretto – dei siti di nidificazione, per ampliare l’areale riproduttivo della specie.