COLOMBACCIO
NOME SCIENTIFICO: Columba palumbusPur essendo molto più schivo del Piccione domestico, anche il Colombaccio nell’ultima decade si è ben adattato alle città, tanto da essere diventato un assiduo frequentatore dei parchi cittadini. Non è, invece, molto amato dagli agricoltori in quanto grossi stormi talvolta si abbattono su coltivazioni cerealicole, di leguminose o di trifoglio, provocando danni significativi. Nonostante la corporatura robusta, il volo è veloce e diretto, consentendogli di cambiare direzione senza esitazione e di “scartare” repentinamente, in caso di necessità. Quando spicca il volo, produce un rumore inconfondibile: ogni qualvolta si esaurisce un’area di alimentazione, si sposta in stormi numerosi, alla ricerca di cibo…
Ordine: Columbiformes Famiglia: Columbidae
Il Colombaccio è lungo dai 40 ai 42 cm e, perciò, sostanzialmente più grande del Piccione domestico. La sua apertura alare va dai 75 agli 80 cm. I sessi sono simili: la testa e la schiena sono bluastri, la coda e la punta delle ali scure. Il petto è di un colore rosa-grigio, un po’ più chiaro. Una caratteristica tipica sono le macchie bianche sul collo, che presenta una colorazione verdastra. Durante il volo, sulla parte superiore delle ali, si possono riconoscere delle fasce trasversali bianche, che sono il suo principale segno di riconoscimento.
La specie è prevalentemente concentrata in Europa, ove nidifica in tutti i Paesi, anche se solo irregolarmente in Islanda. Abita anche Nord Africa, Asia centro-occidentale, Siberia occidentale e – occasionalmente – centrale. Nel nostro Paese, come in gran parte del continente, è presente la sottospecie nominale C. p. palumbus, mentre in Europa orientale e Caucaso si trovano le sottospecie C. p. caisotis e C. p. iranica, rispettivamente. Fino alle sottospecie C. p. madeirensis e C. p. azorica, che frequentano i rispettivi arcipelaghi.
Lo spazio vitale dei colombacci sono le foreste di tutti i tipi, soprattutto i boschi marginali, ma anche giardini e parchi cittadini. La specie si nutre di semi, bacche, radici e talvolta piccoli invertebrati. Nel nostro Paese è sedentaria e nidificante, sia lungo la penisola che nell’Italia insulare, con distribuzione ovunque frammentaria: densità più significative si riscontrano nelle regioni nord-occidentali, mentre ampi vuoti di areale si ritrovano nella Pianura Padana sud-orientale, nelle zone costiere del medio-basso Tirreno, basso Adriatico e Puglia. In Pianura Padana, nei pioppeti d’impianto, è stata riscontrata una stretta associazione con il Lodolaio (Falco subbuteo) durante la nidificazione, tesa a ridurre la predazione sui nidi da parte della Cornacchia grigia (Corvus cornix). Più recentemente, un analogo comportamento è stato notato in Piemonte anche nei confronti del Falco pellegrino (Falco peregrinus).
Il nido è composto soltanto da paglia e rami e viene costruito perlopiù in alto tra gli alberi. Le coppie depongono una o due uova, per un massimo di due covate l’anno tra marzo e novembre, con notevoli variazioni da regione a regione. I pulcini bucano il guscio dopo 17 giorni e vengono nutriti in prevalenza con un “pastone” che i genitori rigurgitano dal becco. Abbandonano il nido dopo circa 3- 5 settimane.
La specie è poco studiata in Italia. I valori di densità variano notevolmente a seconda della tipologia di habitat e tra le diverse regioni italiane. In generale, per l’Italia viene indicato un valore medio inferiore a 10 coppie per kmq. In Svizzera, tale valore è mediamente di 2-4 coppie per kmq. Sulla base dei dati di densità disponibili, si può pertanto proporre come Valore di Riferimento Favorevole (FRV) a scala locale una densità pari a 2 coppie per 10 ettari e, a scala di comprensorio, una densità pari a 4 coppie per kmq.
Data la scarsa disponibilità di informazioni relative al successo riproduttivo, si segnala la necessità di avviare un programma di monitoraggio, al fine di raccogliere informazioni sufficienti a intercettare per tempo eventuali cali di produttività. Questo potrebbe fornire utili indicazioni sulla conservazione della specie, soprattutto in un’ottica di gestione venatoria.
In ragione della normativa europea, che spiega come le specie a cui si applica la legislazione sulla caccia non possano essere cacciate “durante il periodo della nidificazione né durante le varie fasi della riproduzione e della dipendenza” e che, quando si tratti di specie migratrici, “non vengano cacciate durante il ritorno al luogo di nidificazione” (art. 7, Direttiva Uccelli), la stagione venatoria al Colombaccio dovrebbe infatti essere contenuta, nel nostro Paese, tra il primo ottobre e il 31 dicembre, in relazione allo stato di conservazione favorevole delle popolazioni europee.
La caccia nel corso del mese di ottobre dovrebbe essere praticata esclusivamente da appostamento nelle sole aree di transito dei soggetti migratori, in modo da limitare l’impatto sulla popolazione nidificante a livello locale.
Drastici mutamenti nella gestione delle aree agricole, inverni rigidi e persecuzione venatoria costituiscono i principali fattori limitanti per la specie in Europa. In particolare, il Colombaccio è soggetto a forte pressione venatoria, con almeno 9,5 milioni di individui che vengono abbattuti ogni anno, una circostanza che potrebbe costituire una minaccia per la specie nel caso in cui, per qualsiasi ragione, dovessero verificarsi cali di produttività.
Il Colombaccio nidifica in coppie sparse o isolate. I dati raccolti in Italia a scala biogeografica evidenziano un progressivo “inurbamento” della specie (è questo il caso del Comune di Firenze, dove si contano quasi 4,5 coppie per km, ma anche della Sicilia, dove la specie è attualmente in grande espansione e sta colonizzando giardini e parchi urbani). È stato osservato come in tutti i contesti il principale fattore negativo per l’esito della riproduzione sia rappresentato dalla predazione delle uova da parte di predatori naturali.
Scarsi e localizzati, comunque, sono i dati disponibili sul successo riproduttivo della specie in Italia (per esempio, in provincia di Brescia, 1,5 giovani involati per coppia). In contesti europei, ad esempio nelle zone rurali della Gran Bretagna, su 1,7 uova circa il 42% si sono schiuse e poco più del 30% sono giunte all’involo: anche qui, la predazione è responsabile del 97% della perdita di uova, specialmente da parte di Ghiandaia (Garrulus glandarius), Gazza (Pica pica), Corvo comune (Corvus frugileus), Ermellino (Mustela erminea), Ratto delle chiaviche (Rattus norvegicus) e Scoiattolo grigio (Sciurus carolinensis). Nel complesso, i dati raccolti inducono a ritenere come il prelievo venatorio sulla specie non sia compatibile con le sue esigenze ecologiche, nonostante l’attuale stato di conservazione favorevole. In particolare, il prelievo venatorio dovrebbe insistere esclusivamente sui contingenti migratori che giungono in Italia massivamente dalla prima decade di ottobre.
Lo stato di conservazione del Colombaccio viene valutato favorevole sia a livello europeo sia limitatamente ai territori dell’Europa “comunitaria”. La popolazione nidificante in Europa è rimasta stabile nel periodo 1970-1990 e le popolazioni chiave di Germania e Gran Bretagna hanno mostrato un notevole incremento nel decennio 1990-2000, durante il quale la specie ha presentato un generale recupero anche in numerosi altri Paesi.
Ad oggi, la popolazione nidificante nell’Ue è stimata in 7.500.000-13.000.000 di coppie, corrispondenti al 76-83% della popolazione europea complessiva – stimata in 9.000.000-17.000.000 di coppie – e a una frazione compresa tra il 25% e il 49% della popolazione globale della specie. La popolazione nidificante italiana – stimata in 40.000-80.000 coppie – rappresenta lo 0,5% della popolazione dell’Unione europea e lo 0,4% della popolazione nidificante continentale complessiva.
Il Colombaccio abbandona le regioni più settentrionali d’autunno per poi ritornarvi in primavera. Al contrario è stanziale nell’Europa centrale e meridionale. In questi ultimi anni, significative popolazioni si sono “stanzializzate” anche in Italia, tuttora in aumento progressivo. Complessivamente, nel nostro Paese, è stata evidenziata una recente espansione dell’areale della specie e un incremento della consistenza assoluta delle popolazioni. Nelle regioni settentrionali, in particolare, si è verificata la colonizzazione di zone rurali e, soprattutto, di piccoli e grandi centri urbani.
L’area di origine dei soggetti inanellati segnalati in Italia interessa primariamente i Paesi dell’Europa centro-orientale, con un massimo di dati provenienti dall’Ungheria. Le località di inanellamento raggiungono, a nord, la Polonia centrale. Un altro gruppo di inanellamenti riguarda invece l’area pirenaica occidentale. Le ricatture in Italia si concentrano soprattutto nelle regioni centro-settentrionali, e in aree appenniniche di Toscana, Emilia-Romagna e Marche. Non mancano segnalazioni vicine alla costa lungo il Tirreno centro-settentrionale, come anche in Sardegna e Sicilia meridionali. Occasionali sono invece le ricatture in Pianura Padana e del tutto assenti nel resto dell’Italia. I movimenti sono distribuiti in intervalli di distanza che vanno da poche centinaia fino ad oltre 1.000 chilometri.
Il Colombaccio non è inserito nella Lista Rossa Nazionale. La specie è cacciabile in Italia dalla terza domenica di settembre al 31 gennaio, ai sensi della legislazione venatoria (157/92).
Il Colombaccio è ben distribuito – se pure in modo frammentato e discontinuo – lungo tutta la nostra Penisola e le due isole maggiori. La popolazione nidificante, in Italia e in Europa, è stata oggetto di un forte incremento numerico nel corso del XX secolo. Tale incremento è proseguito negli anni 2000 quando si è assistito, in molte aree del Paese, a un inurbamento senza precedenti da parte delle popolazioni, che hanno colonizzato parchi e giardini di molte città.
Fattore | Stato di salute | Stato di conservazione |
Range* | In espansione | Favorevole |
Popolazione | In espansione | Favorevole |
Habitat della specie | In espansione (inurbamento) | Favorevole |
Complessivo | Favorevole |
*Variazione della popolazione negli anni
Il Colombaccio “tuba” in modo molto caratteristico: il richiamo è costituito da 5 sillabe, di cui le ultime 2 leggermente separate dalle prime tre, e con la seconda accentata. Facile da confondere con quello della Tortora dal collare (Streptopelia decaocto), se ne distingue tuttavia per le sillabe più numerose, il timbro più “vibrante”, e la progressione decrescente: nel Colombaccio la nota più grave è infatti l’ultima della sequenza.