

MORETTA TABACCATA
NOME SCIENTIFICO: Aythya nyroca
Placide, posate sulle acque tranquille della palude, le morette tabaccate si confondono con il paesaggio. Poi un tuffo, un altro, e l’abitudine di rincorrersi l’un l’altra, con i raggi del sole che ne esaltano il piumaggio bruno rossiccio, specie d’autunno, quando gli alberi si colorano d’ambra e di porpora. Mentre la palude, tra un brulicare di schizzi d’acqua, mescolato al riflesso degli alberi nello stagno, si prepara al lungo inverno…
Minacce
Specie sempre in movimento – tra le morette segnalate in Italia la maggior parte proviene da Francia mediterranea, Svizzera e Repubblica Ceca – la Moretta tabaccata è un migratore regolare, parzialmente svernante e localmente nidificante in Italia. Diciannove in tutto i siti di nidificazione, a cominciare dall’Emilia-Romagna, fino a poco tempo fa considerata l’unica regione dove la Moretta tabaccata nidificava in modo stabile.
Predilige acque poco profonde e ricche di vegetazione sommersa, affiancata da macchie fitte di vegetazione emergente, come i comuni canneti, spesso circondati da salici e ontani. Tollera l’acqua salmastra, e durante la migrazione e lo svernamento può frequentare anche acque costiere e lagune, pur evitando fiumi e torrenti impetuosi nonché acque troppo profonde o esposte.
La Moretta tabaccata non tollera invece il disturbo da parte dell’uomo, e ancor meno l’inquinamento, purtroppo uno dei problemi che insiste maggiormente su ecosistemi delicati e a scarso ricambio idrico quali le zone umide. Essenzialmente onnivora – si nutre soprattutto di semi e altre piante acquatiche ma non disdegna piccoli pesci e invertebrati – la Moretta tabaccata può soffrire in modo particolare anche del cambiamento del livello delle acque durante la fase di nidificazione, quando anche i predatori riducono il tasso medio di sopravvivenza dei pulli, non superiore a 4-5 per 8-10 uova covate.
Perdita e degrado dell’habitat e caccia rappresentano comunque le principali minacce che attualmente pesano sulla sopravvivenza della specie, mentre altri fattori di rischio sono appunto dovuti a predazione dei nidi da parte di specie comuni o introdotte dall’esterno (alloctone), cattura accidentale in reti da pesca, bracconaggio, avvelenamento da piombo, disturbo antropico e cambiamenti climatici.