OCA SELVATICA - Uccelli da proteggere

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Uccelli da proteggere
 
Specie protette dalla Direttiva UccelliSpecie protette dalla Direttiva Uccelli
Specie particolarmente protette dalla Direttiva UccelliSpecie particolarmente protette dalla Direttiva Uccelli
 

Specie protette dalla Direttiva UccelliOCA SELVATICA

NOME SCIENTIFICO: Anser anser
 
Semaforo N.C.

Antenata dell’Oca domestica, anche l’Anser anser è facilmente addomesticabile. Di carattere socievole, è però molto rumorosa ed è praticamente onnivora. Predilige le zone umide e si alimenta con facilità negli ambienti agricoli e la progressiva estensione delle aree abitate rappresenta sempre di più una minaccia. È proprio osservando il comportamento dell’oca selvatica che Konrad Lorenz ha elaborato la teoria dell’imprinting. Lo scienziato austriaco, padre dell’etologia moderna, ha sperimentato in prima persona il meccanismo, comportandosi come una madre sostitutiva delle piccole oche, che dimostravano di attaccarsi a lui come fosse la loro madre biologica, tanto da seguirlo in fila indiana negli spostamenti…

 

Ordine: Anseriformes

Famiglia: Anatidae

Tra le canne e i giunchi delle aree paludose e dei laghi prepara il suo nido l’Oca selvatica, la più diffusa delle oche in Italia. Caratterizzata da un piumaggio grigiastro, sfoggia una livrea piuttosto uniforme, che sfuma in gradazioni brune sul dorso. I bordi delle penne disegnano le classiche strisce chiare, mentre la parte inferiore della coda – poco pronunciata – e il ventre sono bianchi o color camoscio, tendente al grigio chiaro risalendo verso il petto e il collo. Più rosee che arancioni le zampe, il becco è invece arancio tenue, non particolarmente vivace e biancastro all’estremità.

La specie presenta in realtà due sottospecie distinte: l’Anser anser anser , conosciuta come “cenerina” per la tonalità grigio-cenere delle sue piume, che abita l’Europa nord-occidentale, e l’Anser anser rubrirostris , che si caratterizza per il becco rosato e le più evidenti bordature bianche delle penne, soprattutto quelle della coda, e che abita l’Europa sud-occidentale e l’Asia centro-occidentale. La taglia, in entrambe le razze, è intermedia, compresa tra i 75 e i 90 centimetri, mentre l’apertura alare è di 150-170 centimetri, ma può raggiungere anche i due metri negli esemplari più grandi. Maschi e femmine non presentano differenze morfologiche evidenti, fatta eccezione per le dimensioni leggermente maggiori del maschio, mentre gli esemplari più giovani sono riconoscibili dalla tonalità più scura del piumaggio.

Una volta trovato un luogo protetto e nascosto dai disturbatori, preferibilmente vicino all’acqua, la coppia prepara il nido. Qui, in primavera, la femmina depone tra le quattro e le sette uova, che poi cova per quattro settimane. Anche il compagno, in questa fase delicata, ha un ruolo importante poiché deve vigilare e proteggere il nido e i pulcini. Questi ultimi infatti, pur essendo capaci di volare già dopo due mesi, non saranno autonomi fino all’inverno e saranno pronti a riprodursi non prima dei tre anni. La riproduzione spesso avviene in associazione con altre specie, quali Germano reale, Gabbiano reale, Cigno reale, Falco di palude.

L’alimentazione dell’Oca selvatica è molto varia: questa specie non disdegna insetti e lumache, lombrichi e pesci di piccole dimensioni, ma di base è specie vegetariana e dunque preferisce semi, bacche, germogli, tuberi e radici. Fondamentale per procacciarsi il cibo è il becco, particolarmente potente, con cui l’Oca perlustra terreni agricoli, stagni e paludi, sradicando pianticelle acquatiche e radici di cui è ghiotta.

Prospettive

Essendo la specie in Italia una colonizzatrice recente, non è possibile determinarne l’FRV. L’Oca selvatica è comunque stata ben studiata in Italia, in particolare nelle aree di riproduzione alto-adriatiche. Gli ultimi dati, riferiti al periodo 1998-2003, rivelavano l’avvio di una fase di espansione distributiva, dopo anni in cui la popolazione aumentava solo all’interno dei 20-30 siti tradizionalmente occupati.

In precedenza la distribuzione dell’Oca selvatica è stata piuttosto concentrata, visto che il 90% della popolazione è insediata in soli 13 siti, sui 75 segnalati come occupati almeno una volta. Il principale è la Maremma grossetana: un’area particolarmente accogliente per l’Oca selvatica e resa ancora più adatta da una vasta area di foraggiamento, tutelata a partire dal 1991, in cui l’Oca selvatica può trovare facilmente cibo. Qui infatti nel 2000 sono state superate le mille presenze. Tra i siti di rilevanza nazionale vanno segnalate anche alcune zone dell’entroterra padano recentemente ripristinate, anche se in questo caso, così come per le lagune dell’Alto-adriatico, i gruppi presenti provengono anche da immissioni locali.

Nonostante i buoni risultati ottenuti negli ultimi anni, per garantire la conservazione dell’Oca selvatica è necessario mantenere habitat accoglienti e condizioni idonee alla nidificazione, soprattutto nelle aree di maggior presenza.

Fondamentale quindi il mantenimento di ambienti acquatici esclusi dall’attività venatoria con estesi specchi d’acqua dolce, una vegetazione fitta che emerge dall’acqua, caratterizzata soprattutto da canneti, prati, pascoli e paludi. In alcuni siti, come in Friuli-Venezia Giulia, l’Oca selvatica preferisce preparare il nido su isolotti o aree separate dalla terraferma da canali su cui non interferiscono i movimenti delle maree. 

Minacce

Anche se la specie in Italia è protetta dalla legge sulla caccia, buona parte delle aree abitate dall’Oca selvatica sono frequentate assiduamente dai cacciatori e la specie subisce inevitabilmente le conseguenze di una eccessiva pressione venatoria, a partire dalla grave minaccia rappresentata dell’avvelenamento da piombo. Tra i pericoli più diffusi per le oche vi è infatti il saturnismo, ovvero l’ingestione accidentale dei pallini da caccia abbandonati sul terreno o in acqua.

Abituata ad avventurarsi alla ricerca di cibo negli ambienti più disparati, l’Oca selvatica, se necessario, non risparmia i campi coltivati, dove può trovare facilmente sementi, germogli, radici, con cui integra la sua variegata alimentazione. I danni alle colture, possibili nelle aree popolate da oche, spesso purtroppo sono all’origine di persecuzioni da parte degli agricoltori.

A queste minacce, oltre ai rischi di epidemie come l’influenza aviaria, vanno aggiunti tutti i principali problemi che attanagliano le zone umide e le specie che vi si stabiliscono, soprattutto per la riproduzione. Progressivamente ridotte e fortemente degradate, tali aree subiscono le conseguenze di bonifiche, inquinamento, estrazione di torba. A creare problemi sono anche i cambiamenti nella gestione dei pascoli e, naturalmente gli sfalci del canneto, quel delicato habitat dove tante specie, tra cui le oche selvatiche, costruiscono il nido, covano e proteggono i loro pulcini.

Stato di salute

La sopravvivenza dell’Oca selvatica in Europa non suscita particolari preoccupazioni. Il suo stato di conservazione è considerato relativamente favorevole e la specie è stata inserita nell’Allegato II della Direttiva Uccelli. L’Oca selvatica è comunque protetta in Italia dalla legislazione sulla caccia e, nonostante una situazione complessivamente buona, la sua presenza è soggetta a oscillazioni periodiche, non tutte riferibili a fenomeni positivi. A rendere ancora più complessa la valutazione è il fatto che l’Oca selvatica in l’Italia è stata recentemente reintrodotta con specifici piani di reintroduzione, e non può considerarsi quindi una recente colonizzazione naturale.

Prendendo in considerazione la situazione nell’Unione europea, si può affermare con sicurezza che l’Anser anser  a partire dal 1970 ha registrato un largo aumento, proseguito fino al 2000: una tendenza che riguarda il numero delle coppie nidificanti, così come il numero degli individui svernanti. La stima più recente (datata 2004) parla di una popolazione sul territorio dell’Unione Europea compresa tra le 65mila e le 87mila coppie e di un contingente svernante di 350mila individui. Numeri che a livello continentale rappresentano circa la metà (46-54%) della popolazione complessiva – che in Europa ammonta a 120-190mila coppie, in largo aumento – e che a livello mondiale costituisce una frazione compresa tra il 5 e il 24%.

Restringendo il campo al territorio italiano, dopo l’aumento registrato nel decennio tra il 1990 e il 2000, le ultime stime parlano di 150-200 coppie. È comunque interessante l’analisi dello svernamento, visto che tra le oche quella selvatica è di gran lunga la più abbondante e anche quella che viene a svernare con maggiore regolarità sul territorio nazionale. A fermarsi nelle zone umide italiane sono soprattutto gli stormi che percorrono la rotta centro-europea: in gran parte individui provenienti da Polonia, Repubblica Ceca e, in misura minore, da Austria e Germania. Da questi Paesi infatti arrivano la maggior parte degli esemplari ricatturati in Italia; molto scarsi invece quelli provenienti dalla Scandinavia e dai Paesi dell’Europa nord-occidentale. Alto Adriatico, Maremma, costa settentrionale del Lazio sono le aree maggiormente frequentate in Italia, ma significative sono anche le aree interne di Emilia, Toscana e Umbria. La specie è comunque presente anche in situazioni spiccatamente mediterranee, come dimostrano le ricatture in Sardegna e Sicilia.

I numeri dello svernamento segnalano per l’Italia una diffusione in aumento, come dimostrato dall’indice di ampiezza dell’areale, mentre l’indice di copertura dei siti dal 1993 non è più aumentato. Prendendo come riferimento il periodo tra il 1991 e il 2000, nel secondo quinquennio si registra un raddoppio della media rispetto al primo, con un massimo annuale raggiunto nel 2000, pari a 3.136 individui, andamento positivo confermato dall’analisi dei dati relativi al periodo tra il 1998 e il 2003, anno in cui la popolazione svernante è calcolata tra i 400 e i 3.200 individui.

Canto

Il canto dell’Oca selvatica è lungo e acuto, a tratti stridulo. I pulcini di questa specie imparano molto presto a riconoscere il verso di genitori, un richiamo che li aiuterà a sopravvivere nei primi, delicati, mesi di vita. Particolarmente combattiva, l’Oca selvatica emette il suo verso anche per difendere il nido, dare l’allarme o segnalare pericoli in genere.