PAVONCELLA
NOME SCIENTIFICO: Vanellus vanellusIl nome comune della specie fornisce, in diverse lingue europee, buoni indizi sui suoi tratti distintivi. Quello italiano richiama il colore del piumaggio del dorso, che ha riflessi bronzei tipici della livrea del Pavone. Il nome inglese Lapwing si rifà alle invece piroette – in inglese lapping – che il maschio esegue in aria durante la parata nuziale. Il nome latino Vanellus invece fa riferimento al suo grido d’allarme, che ricorda il rumore del grano quando ricade nel vaglio. Specie gregaria sia durante la nidificazione sia in periodo invernale – quando si raggruppa arrivando a formare stormi fino al migliaio di individui – la Pavoncella si associa spesso ad altre specie dalle esigenze ecologiche simili, come i pivieri dorati. Per alimentarsi arriva anche a seguire, senza timore, i trattori che lavorano i campi…
Ordine: Charadriiformes Famiglia: Charadriidae
La Pavoncella presenta dimensioni simili a quelle di un Colombo di città, raggiungendo una lunghezza di 34 centimetri e un’apertura alare di 77 centimetri, per un peso che può raggiungere anche i 300 grammi. Il maschio e la femmina sono molto simili nell’aspetto, con parti superiori verde scuro con riflessi iridescenti tendenti al nero verso le estremità alari, che terminano con il bianco. Il petto è nero e l’addome bianco, gli stessi colori che connotano il capo, dove campeggia un pronunciato ciuffo. Le zampe sono invece rosse, il becco nerastro. Le femmine si distinguono dai maschi per alcune screziature bianche presenti sul nero del petto e della gola. I giovani somigliano agli adulti, con colorazioni però meno accese e qualche screziatura sulle parti bianche della testa.
Presente con la sottospecie nominale Vanellus v. vanellus in gran parte dell’Europa, la specie in Italia è nidificante parzialmente sedentaria, con un congruo numero di soggetti migratori e svernanti. Frequenta le pianure, i vasti territori coltivati a campi e zone parzialmente umide, ma la si incontra anche nei pascoli, fino a quote medio alte, nella stagione invernale e durante la migrazione primaverile.
La Pavoncella si nutre essenzialmente di coleotteri, mosche e altri insetti, ma anche di ragni, lombrichi e altri invertebrati. Non disdegna nella dieta anche qualche seme di pino o di graminacee. Di carattere sospettoso e di indole timida, conduce vita gregaria in branchi anche numerosi. Il volo è ondulato e relativamente veloce. Sul terreno cammina e corre compiendo improvvisi arresti e ricerca il cibo piegando il corpo senza flettere le zampe.
La stagione riproduttiva inizia alla fine di marzo, con voli di corteggiamento irregolari e abbastanza vistosi. Davanti alla femmina, il maschio si esibisce in una parata che consiste nel simulare il movimento del corpo che dovrà compiere in seguito per scavare la cavità nella quale saranno deposte le uova. Il nido è infatti un semplice buco sul terreno, spesso un poco rialzato per permettere un controllo della zona circostante. La femmina, dopo avere scelto tra diversi siti predisposti dal maschio, depone 4 uova tra la metà di marzo e aprile. Difficilmente si realizza una seconda covata. Dopo circa 4 settimane le uova si schiudono: alla nascita i pulcini abbandonano immediatamente il nido – c.d. nidifughi – per essere comunque accuditi da entrambi i genitori anche in seguito, per un periodo di 35-40 giorni.
La specie in Italia è ben studiata, soprattutto in Piemonte, ove risiede il nucleo “storico” da cui, tra gli anni ’50 e ’60, è partita la colonizzazione dell’intera area padana. Sarebbe comunque utile approfondire le conoscenze sulla dinamica di popolazione e valutare l’impatto diretto e indiretto dell’attività venatoria, ancora permessa in Italia e in alcuni altri Paesi dell’Ue.
In base ai valori noti per l’Italia, si può proporre un Valore di Riferimento Favorevole (FRV) pari a 2 coppie per 10 ettari. A scala di comprensorio la soglia ottimale può essere fissata a 6 coppie per kmq, che potrebbero salire a 30 coppie in aree idonee di ampiezza intermedia (poche centinaia di ettari).
Tra le principali misure di conservazione, va individuata la tutela dei siti riproduttivi della specie e il monitoraggio della qualità ambientale delle principali aree di nidificazione, rimuovendo, ove necessario, le minacce più impattanti (compresa la creazione di recinti per limitare la presenza di potenziali predatori al nido). Essenziali sono anche interventi mirati sulle aree agricole che prevedano – nei siti più importanti di presenza della specie – la limitazione dell’impatto delle pratiche colturali intensive, un adeguato carico di bestiame nelle aree a pascolo, il mantenimento di canaletti o porzioni di coltivi allagati.
Con riguardo all’attività venatoria, si ritiene attualmente che il prelievo venatorio sulla specie in Italia – consentito dalla terza domenica di settembre al 31 dicembre – non sia compatibile con il mantenimento della popolazione nidificante in Italia nell’attuale – peraltro inadeguato – stato di conservazione. Pertanto, si propone di limitare la caccia alla Pavoncella al periodo compreso tra il 10 ottobre e il 31 dicembre.
La tutela dei siti riproduttivi si configura come l’azione principale per assicurare la conservazione della specie. In Piemonte, dove la specie nidifica in aree coltivate (risaie), si devono prevedere pratiche agricole compatibili con la riproduzione. In passato, infatti, la specie ha sofferto a causa dell’intensificazione delle pratiche agricole, bonifiche e raccolta di uova.
Attualmente la principali minacce sono ascrivibili ai cambiamenti e all’intensificazione delle pratiche agricole – es. drenaggio, fertilizzanti minerali, risemina dei prati – che hanno conseguenze impattanti sulla produttività media delle coppie. Alcuni importanti siti di sosta migratoria nel Baltico sono poi minacciati da inquinamento da petrolio, drenaggio delle zone umide, abbandono. La Pavoncella è potenzialmente suscettibile a botulismo ed è tuttora cacciabile in Francia, Grecia, Italia e Spagna.
È stato osservato come l’abbondanza della specie sia direttamente proporzionale all’intensità del pascolo – più diffusa in aree sfruttate con più di un 1 capo bovino per ettaro – ma in praterie salmastre costiere potrebbe essere opportuno limitare l’accesso del bestiame alle aree con crescita lenta dell’erba. Nel Regno Unito condizioni ottimali si riscontrano in mosaici di prati non allagati, prati allagati d’inverno e pozze poco profonde, essenziali per il ciclo riproduttivo della specie e che dovrebbero quindi essere mantenute fino alla fine di giugno. Piccoli allagamenti – fossi, canali, ecc – sono comunque preferibili per la specie rispetto ad aree allagate più vaste. Il numero di coppie in una riserva in Galles è aumentato in seguito all’implementazione di una rotazione biennale dei coltivi, insieme a pascolo ovino stagionale e pascolo bovino programmato e al controllo del livello dell’acqua.
Lavori agricoli e predazione – anche da parte di mammiferi introdotti e soprattutto da Corvidi, gabbiani, volpi, cani, ricci – sono tra i principali fattori influenzanti l’esito della nidificazione, insieme alle condizioni meteorologiche. L’utilizzo di recinzioni protettive attorno ai nidi o alle aree di nidificazione, al fine di limitare la presenza di predatori, può influire positivamente sul successo riproduttivo. In Italia, su 43 covate, 33 sono risultate composte da 4 uova e 10 da 3 uova, con una media di 3,77 uova per nido. Su 24 deposizioni è stata rilevata una media di 2,5 giovani involati per coppia. In provincia di Parma, su 345 coppie, il successo riproduttivo raggiungeva il 76%, con una media di 1,7 giovani involati per coppia.
Attualmente la Pavoncella viene classificata come vulnerabile nell’Unione europea, con stato di conservazione sfavorevole anche a livello continentale. Nel complesso si sono registrati un largo declino della popolazione nidificante e stabilità di quella svernante nell’Unione europea nel periodo 1970-1990, seguito, nel decennio successivo, da un ulteriore decremento della popolazione nidificante accompagnato però da un largo incremento di quella svernante.
La popolazione dell’Unione europea è stimata in 830.000-1.300.000 coppie, quella italiana in 1.700-1.900 coppie. Il 46-49% della popolazione continentale complessiva – stimata in 1.700.000-2.800.000 coppie, in declino – nidifica entro i territori dell’Europa “comunitaria”. Il contingente italiano non è significativo, in termini percentuali, a livello europeo, ma riveste un certo interesse a fini conservazionistici dato l’andamento positivo registrato su scala nazionale, a fronte di un quadro continentale non favorevole.
La popolazione “nazionale” di Pavoncella mostra infatti un aumento a partire dagli anni ’80, quando le stime non superavano le 700-1.000 coppie, la maggior parte delle quali concentrate in Piemonte. I casi di nidificazione, sporadici prima del 1950, sono incrementati nei due decenni successivi e, soprattutto, dalla fine degli anni ’60, periodo a cui è possibile far risalire l’inizio di una sensibile espansione territoriale e numerica che ha portato alla colonizzazione di gran parte dell’area padana.
Molto consistenti i flussi migratori attraverso l’Italia, Paese che ospita comunque consistenti contingenti svernanti. Vastissima anche l’area geografica di inanellamento degli individui segnalati in Italia, dalla Francia atlantica a ovest alla Russia centrale ad est, fino alle coste baltiche della Finlandia centrale. Particolarmente rappresentati sono Paesi quali Repubblica Ceca, Olanda, Germania e Ungheria. La massima parte delle ricatture si colloca su distanze abbastanza ridotte e comunque inferiori ai 1.000 km; pochissimi sono i casi – peraltro notevoli – di spostamenti superiori ai 4.000 km. Due sono le principali aree di origine degli uccelli segnalati in Italia, Europa centro-orientale e Olanda. Una vasta area che attraversa gran parte dell’Europa centro-orientale è comunque complessivamente interessata dalle rotte migratorie della Pavoncella verso l’Italia.
Ad oggi, non è stato redatto un Piano d’Azione Internazionale o Nazionale sulla specie. La Pavoncella è inserita nell’allegato II/2 della Direttiva Uccelli e non è stata considerata nella Lista Rossa Nazionale. Risulta, inoltre, specie cacciabile in Italia ai sensi della legislazione venatoria (157/92).
La popolazione italiana ha mostrato negli scorsi decenni alterne vicende, con fortissimo incremento seguito da locali decrementi, poi compensati da nuovi incrementi con andamento differente anche in aree relativamente vicine. Una situazione contrastante – pur in un quadro nel complesso positivo dal punto di vista della consistenza numerica delle popolazioni, comunque ancora limitata – che dipende con tutta probabilità dalle differenze nella qualità dell’habitat riproduttivo nelle aree agricole e dall’azione concomitante di fattori meteoclimatici.
Fattore | Stato | Stato di conservazione |
Range* | Nel complesso stabile | Favorevole |
Popolazione | In incremento ma fluttuante | Inadeguato |
Habitat | Stabile ma localmente inadeguato | Inadeguato |
Complessivo | Inadeguato |
*Variazione della popolazione negli anni
Il periodo migliore per udirla inizia con la metà di marzo, quando le coppie si muovono in grandi stormi per raggiungere i quartieri riproduttivi. Difficile da confondere, il richiamo somiglia ad un breve lamento, il cui fraseggio termina in crescendo. Più aspro il grido d’allarme, un sonoro “ghik-ghii” che avverte la colonia di potenziali minacce…