PERNICE BIANCA
NOME SCIENTIFICO: Lagopus muta helveticaBianca come la neve, durante la stagione invernale. Bruna come il terreno, durante l’estate. Così la Pernice bianca si mimetizza dai suo predatori naturali, tra cui l’Astore, la Volpe, il Corvo imperiale…e naturalmente l’uomo…
Ordine: Galliformi Famiglia: Tetraonidae
La Pernice bianca è uno dei simboli della montagna italiana: vive infatti oltre i 1.800 metri, nidificando fino ai 2.800 in piccole buche del terreno sotto le pietre o tra gli arbusti. Di medie dimensioni – di solito un esemplare può misurare da 30 a 40 cm e pesare, nella maggior parte dei casi, tra i 400 e i 500 grammi – la Pernice bianca è caratterizzata, sebbene meno evidente rispetto ad altri Tetraonidi (si pensi ad esempio al gallo cedrone o gallo forcello), da quello che gli esperti chiamano dimorfismo sessuale .
Insomma, la Pernice bianca cambia. Tra l’estate e l’inverno, ma anche tra maschi e femmine della stessa specie. D’estate i maschi presentano l’intera parte superiore del corpo (dalla testa al petto) picchiettate di marrone-nero, mentre il resto del corpo si presenta in genere di colore chiaro. Non così la femmina, che presenta un piumaggio più articolato, tendente al rosso.
Viene l’autunno, e la pernice si trasforma. Il maschio e la femmina condividono varie tonalità del grigio, prima di passare alla stagione fredda, quando tutti gli esemplari, indipendentemente dal sesso, presentano un piumaggio candido come la neve, particolarmente abbondante nel loro habitat di nidificazione. Anche il becco – corto e robusto – tende a diventare marrone durante la stagione estiva, per tornare nero appena torna l’inverno. Solo la scura parte estrema delle timoniere – oltre alla fascia nera tra occhio e becco che caratterizza il maschio – resta inalterata al variare delle stagioni.
Se si dà uno sguardo alla mappa dell’Italia, la Pernice bianca è presente, in pratica, sull’intero arco alpino, anche la progressiva modificazione dell’habitat – con particolare riguardo al riscaldamento globale – ne ha ridotto l’areale di nidificazione (in particolare la specie è quasi totalmente scomparsa dalle nostre Prealpi). Una specie, la Pernice, che comunque predilige aree impervie, fredde, in un certo senso inospitali: le principali sottospecie “sorelle” della Pernice bianca, infatti, abitano i Pirenei (Lagopus muta pyrenaica ), la Scozia (Lagopus muta millaisi ) la Scandinavia (Lagopus lagopus muta ) e molte altre regioni asiatiche o americane.
In volo, ad ali spiegate, la Pernice bianca può arrivare ad un’apertura alare nell’ordine dei 60 cm. Sempre che si riesca ad osservarla, essendo fondamentale caratteristica della specie quella di mimetizzarsi incredibilmente con l’ambiente circostante. Invisibile sulla neve, d’inverno, in estate il colore bruno porta a confonderla con il terreno. Un “accorgimento” importante per difendersi dai predatori, considerando che la Pernice bianca passa la maggior parte del proprio tempo a terra, alla ricerca di cibo.
Considerando i valori di densità disponibili per numerose aree, dal Piemonte al Friuli, si può determinare un FRV (Valore di Riferimento Favorevole) nell’ordine di 10 maschi per 10 km quadrati a livello di comprensorio, 4.5 maschi ogni 100 ettari su scala locale.
La Pernice bianca mostra un declino delle popolazioni in atto oramai da diversi decenni, che non sembra essersi arrestato o stabilizzato. Le densità della specie risultano quasi ovunque al di sotto delle potenzialità dell’ambiente. Risulta quindi indispensabile, almeno nelle aree che ospitano le popolazioni più importanti, garantire densità non inferiori al proposto FRV attraverso la protezione diretta della specie e, soprattutto, del suo habitat.
Le alterazioni dell’habitat dovute ai cambiamenti climatici e all’eccessivo sfruttamento della montagna – unite alle pressioni della caccia che, specie nei passati decenni, hanno contribuito non poco alla decimazione delle popolazioni – delineano comunque un quadro poco incoraggiante per la sopravvivenza nel medio e lungo periodo della Pernice bianca sulle nostre montagne.
Per questo è auspicabile la chiusura totale della caccia alla Pernice bianca, anche nelle aree dove questa pratica è ancora lecita, nonché lavorare a livello globale per ridurre i cambiamenti climatici e la perdita di biodiversità delle Alpi, che hanno causato tra le altre cose un aumento della competizione tra specie e l’ulteriore concentrazione della stessa verso quote altimetriche più elevate. Senza dimenticare, specialmente per quanto riguarda le aree a più alta vocazione turistica, la necessità di portare avanti azioni di informazione e sensibilizzazione per un turismo più consapevole e rispettoso dell’ambiente.
In progressiva scomparsa nelle Prealpi, la Pernice bianca è ancora cacciabile in alcune province italiane dove l’attività venatoria va a sommarsi al più grave problema dei cambiamenti climatici, di cui la Pernice bianca è una delle “vittime eccellenti”. La nevosità diminuisce e l’ambiente si modifica velocemente, riducendo l’habitat a disposizione della specie.
Il problema del prelievo venatorio va così ad insistere su una popolazione già profondamente segnata dai cambiamenti climatici, mentre nelle condizioni attuali il “tasso d’involo” spesso non supera i 4-5 giovani per coppia. Particolarmente alta la perdita delle covate, più a causa della predazione che in conseguenza dei fattori ambientali nell’area di nidificazione.
Resta l’evidenza per cui la forte fluttuazione delle popolazioni – conseguente alla variabilità del tasso di sopravvivenza delle covate – dipende in gran parte dalle condizioni meteorologiche: cattive condizioni meteo e scarsità di cibo durante il periodo della covata rappresentano, secondo le rilevazioni effettuate dagli esperti, le principali cause di mortalità dei pulcini di Pernice bianca.
Pressione venatoria, parassiti, disturbo causato dai turisti sono le principali minacce che si aggiungono al problema principale, quello del riscaldamento globale. Fattori che potrebbero compromettere la sopravvivenza nel lungo periodo delle popolazioni alpine, che già devono fare i conti con un ambiente particolarmente “antropizzato” e iper-sfruttato per esigenze turistiche. Lo stesso aumento dei predatori è da ascrivere all’abbandono dei rifiuti da parte di turisti scarsamente consapevoli.
Secondo la Lista Rossa Nazionale, la Pernice bianca è una specie “vulnerabile”. Sono stimate in Italia 5-8mila coppie in tutto l’arco alpino, mentre la popolazione europea – stabile tra il 1970 e il 1990, in declino nel decennio successivo – si attesta ad oggi sulle 70-130mila coppie. Il trend sfavorevole a livello europeo rispecchia in pieno quanto avvenuto a livello nazionale, dove risiede, in base alle stime, circa il 6-7% della popolazione dell’Unione Europea (meno dell’1% però se si prende a riferimento la popolazione continentale complessiva).
Se a fine anni ’70 la distribuzione coincideva infatti quasi perfettamente, salvo poche eccezioni, con quella registrata agli inizi del XX secolo – fatta salva una consistente diminuzione di densità dovuta al prelievo venatorio – nel giro di pochi anni la Pernice bianca ha conosciuto un declino importante, dovuto anzitutto al verificarsi di condizioni meteorologiche sfavorevoli durante il periodo delle schiuse.
Diverse le aree che mostrano un declino importante della popolazione complessiva: il Friuli-Venezia Giulia, per esempio, dove i dati hanno fatto registrare un calo del 40% della popolazione di Pernice bianca in meno di dieci anni. Stessa sorte in Valle d’Aosta, Piemonte e Trentino. L’aspetto più preoccupante riguarda forse il progressivo calo di densità delle nidiate, che lascia presagire un imminente ulteriore declino della popolazione che con ogni probabilità riguarderà l’intero arco alpino.
Esigenze ecologiche
Specie tipicamente “di montagna”, la Pernice bianca abita alcune tra le zone più fredde ed impervie del continente.. La fascia altimetrica preferenziale va dai 1.800 ai 2.400 m sul livello del mare, anche se le aree di nidificazione possono raggiungere i 2.800 m. In estate la specie sale di quota, raggiungendo i 3.000 m, mentre in inverno si assiste a una redistribuzione uniforme per fasce altimetriche.
La Pernice bianca trascorre la maggior parte del tempo a terra alla ricerca di cibo. Ama portarsi su rocce e massi in posizione sopraelevata, mentre di rado si posa sugli arbusti. Possiede un volo elegante: frulla con rapidissimi battiti d’ala e dopo un tratto più o meno lungo plana ad ali tese a poca altezza dal suolo. In periodo riproduttivo frequenta la vegetazione presente su ghiaie lungamente innevate, praterie e arbusteti, mentre tende a evitare zone a vegetazione troppo rada o valli ancora innevate.
Nel Parco Nazionale dello Stelvio, ad esempio, nidifica tranquillamente anche a quote altimetriche molto elevate – 2.800 m – grazie alla prevalente esposizione a sud di molti versanti, mentre in Trentino predilige le praterie con pochi arbusti – ad esempio il Pino mugo – che tipicamente si trova sopra tra i 2.000-2.800 m..
La popolazione di Pernice bianca è in declino sull’intero arco alpino. In alcune regioni come il Friuli-Venezia Giulia la diminuzione delle popolazioni ha sfiorato il 40% in appena un decennio. Particolarmente sensibile ai cambiamenti climatici, la Pernice bianca appare in seria difficoltà in tutta Europa, mentre i dati attuali su densità e successo riproduttivo non lasciano ben sperare rispetto alla sopravvivenza a medio e lungo termine delle popolazioni alpine.
Fattore | Stato di salute | Stato di conservazione |
Range * | in leggera contrazione, rarefazione | inadeguato |
Popolazione | in calo da lungo periodo | cattivo |
Habitat della specie | spesso frammentato e alterato | cattivo |
Complessivo | cattivo |
*Variazione della popolazione negli anni
Già dal nome di questa specie può dedurre molto sul tono del suo canto. Il nome latino Lagopus muta helvetica, infatti, deriva dal greco “lagos”, che significa “lepre”, e “pus”, che significa “piede”: si riferisce alle gambe piumate dell’uccello. “Mutus” deriva invece dal latino e significa “muto”, con riferimento al canto gracido del maschio “kroorr kkkk”.