PICCHIO VERDE
NOME SCIENTIFICO: Picus viridisIl Picchio verde è una specie molto comune anche nelle nostre campagne, ma ricorrente anche in storie e leggende. Secondo una credenza cristiana, quando Dio volle creare fiumi e ruscelli chiese aiuto a tutti gli uccelli dal becco robusto e l’unico che non rispose all’appello fu il picchio, per cui il Signore lo punì dicendogli che non avrebbe più potuto bere una goccia d’acqua che avesse toccato terra. Per questo, quando è assetato, il picchio si rivolgerebbe all’Altissimo con un grido ripetuto, chiedendogli di far cadere acqua su foglie e rami degli alberi e Dio, misericordioso, gli manderebbe la pioggia. Da questa leggenda nacque la credenza secondo la quale il picchio che grida ripetutamente annuncerebbe pioggia…
Ordine: Piciformes Famiglia: Picidae
Lungo circa 30 centimetri, raggiunge il mezzo metro di apertura alare, per 150-200 grammi di peso. La parte superiore del dorso si presenta verde scuro, per virare verso giallo e grigio-chiaro nelle parti inferiori. L’apice del capo è di colore rosso, la faccia nera, mentre dal becco partono due strie nere verso la nuca, tendenti al rosso nel maschio. La coda è rigida e a forma di cuneo, e permette di appoggiarsi al tronco durante la percussione. Per aggrapparvisi, dispone di quattro dita uncinate e robuste, due in avanti e due all’indietro.
Ben diffusa in Italia, ove mostra una spiccata fedeltà al sito riproduttivo, la popolazione di Picchio verde mostra una distribuzione limitata all’Europa e alle regioni egeo-pontiche di Asia Minore e Caucaso. È assente da Irlanda, Scozia e Scandinavia settentrionale. Nel nostro Paese – ove nidifica la sottospecie nominale Picus v. viridis – è presente in tutta la Penisola ad eccezione del Salento, della Basilicata, di parti della Pianura Padana orientale e del versante adriatico. È invece assente dalle isole, anche se è accertata la sua presenza in Sicilia almeno fino al 1930.
Specie piuttosto schiva – a differenza di altri picchi si fa riconoscere più per il canto che per il tipico “tambureggiare” – è dotata di un becco diritto e robusto, saldato con la calotta cranica. Il volo si presenta ondulato. Frequenta di preferenza boschi maturi, soprattutto di latifoglie, con presenza di alberi morti ricchi di cavità e predilige le zone alberate discontinue, alternate da zone coltivate. È l’unica specie di picchio che scende regolarmente a caccia anche sul terreno, alla ricerca di formiche e delle loro larve, di cui è ghiotto.
Rispetto ad altri picchi mostra comunque buone doti di adattabilità, potendo costruire il nido in parchi e grandi giardini e non disdegnando manufatti costruiti dall’uomo come pali o infissi in legno posti ai margini delle zone boscate. Quando arriva il periodo della nidificazione – di norma tra aprile e maggio – il Picchio verde cerca un luogo adatto allo scavo del nido, oppure occupa cavità già disponibili come vecchi nidi di altri picchi o concavità naturali dei tronchi. Le uova, tra 5 e 8, sono incubate per almeno 14 giorni e i pulcini si trattengono nel nido fino alla quarta settimana di vita.
La specie è sufficientemente studiata, per quanto riguarda distribuzione, ecologia e spettro alimentare, in buona parte delle regioni italiane. Persistono importanti lacune conoscitive relativamente ad alcuni comprensori meridionali. A livello nazionale, mancano comunque dati quantitativi sul successo riproduttivo e altri parametri demografici.
A livello italiano, per gli ambienti forestali più idonei, ricchi di alberi d’alto fusto isolati in associazione con spazi erbosi, si propone un Valore di Riferimento Favorevole (FRV) pari a 3 coppie per kmq a scala di comprensorio. Analoghe densità sono da ritenersi raggiungibili anche in boschi planiziali e costieri sufficientemente integri e ricchi di alberi senescenti. Se particolarmente favorita, la specie può anche superare questi valori come dimostrato in alcuni contesti del centro-nord Italia, dove – soprattutto a scala locale – le densità possono essere anche molto superiori.
La promozione di strategie selvicolturali che prevedano il rilascio di un numero significativo di piante senescenti e morte – anche nei pioppeti industriali – nonché il mantenimento degli acervi nel corso dei tagli produttivi e di tutte le piante cavitate, possono favorire notevolmente la specie. Anche il Picchio verde, come il Picchio rosso maggiore, ha dimostrato di essere in grado di sfruttare a proprio beneficio anche elementi minimi di connessione ecologica – filari arborati, macchie vegetate e boschetti e alberi isolati – in contesti di pianura, anche in aree altamente antropizzate (ad esempio in provincia di Milano).
Pertanto, in ambito planiziale e agricolo, andrebbe rivolta maggiore attenzione nella pianificazione territoriale prevedendo azioni volte al mantenimento e al rinforzo di efficaci reti ecologiche tramite la creazione e il ripristino di aree forestali ed elementi di “cucitura ” interconnessi tra loro. Un fattore essenziale, quest’ultimo, per consentire alla specie di recuperare la storica consistenza delle popolazioni che in pianura – come in diversi contesti alpini ed appenninici – non ha ancora recuperato la capacità portante antecedente al declino registrato negli anni Sessanta.
La contrazione dell’habitat boschivo rilevata in Italia nel secondo Dopoguerra è all’origine del consistente ridimensionamento numerico conosciuto dalle popolazioni tra il 1960 e il 1970. Un più recente trend positivo non ha ancora compensato il precedente declino e, di conseguenza, la specie nel complesso è ancora valutata come depauperata.
A scala nazionale, è stata osservata una ripresa con recente colonizzazione di vaste aree della Pianura Padana storicamente occupate dalla specie. Le elevate densità registrate a scala biogeografica fanno ritenere il Picchio verde specie stabile e localmente in aumento, con declini circoscritti a poche aree. In Valle d’Aosta, ad esempio, si rilevano densità di 0,2-0,3 coppie per kmq nel gruppo del Monte Bianco, che salgono a 0,42 nei castagneti della vicina Valsesia. In Trentino, sono state rilevate densità massime pari a 1 coppia per ettaro nell’alta Valsugana, 1,4 coppie nei meleti della Val di Non (dati che comunque evidenziano un certo declino della specie rispetto alla sua presenza storica). In Pianura Padana, nelle province di Parma e Piacenza, la densità varia tra 0,32 e 0,64 coppie per kmq (Parco dello Stirone), mentre nel Reggiano si raggiungono le 0,84 coppie per kmq.
In linea generale, interventi selvicolturali, incendi, uso di pesticidi, tagli forestali e abbattimenti illegali – compresa l’uccisione di individui rinvenuti nelle serrande delle abitazioni utilizzate come ricoveri invernali – sono tra le minacce principali per la specie. Altre cause di pericolo sono da imputare probabilmente a cambiamenti nella conduzione forestale, alla trasformazione in senso intensivo delle pratiche agricole e all’abbandono della pastorizia, con conseguenze anche sulla disponibilità di insetti, principale fonte di cibo per la specie.
Disturbo antropico, trasformazione e distruzione dei siti riproduttivi, asportazione di tronchi secchi, stramaturi e deperienti sono – insieme ai fattori sopracitati – le cause principali all’origine degli episodi di mortalità e riduzione del successo riproduttivo, per il quale non si hanno comunque dati per l’Italia. In Europa il successo riproduttivo si attesta intorno all’85,3%. Il numero di involi da nidi di successo è in media pari a 3,9 giovani per coppia.
In Europa, ove si ritrova gran parte della popolazione globale, viene considerata specie “depauperata” a causa di un suo moderato storico declino, intervenuto nel nostro continente nel periodo 1970-1990. In molte nazioni europee sono state segnalate contrazioni anche superiori al 50% a partire dagli anni ’60.
Attualmente la popolazione europea è comunque relativamente ampia, maggiore – secondo le stime più recenti – di 590.000 coppie. Sebbene siano stati registrati ulteriori declini in alcune aree marginali tra il 1990 e il 2000, molte popolazioni – incluse quelle chiave di Francia e Romania – sono da considerarsi ad oggi stabili o in aumento e la specie è pertanto da ritenersi stabile nel complesso.
In Italia il Picchio verde è ampiamente diffuso in tutte e tre le principali regioni biogeografiche – alpina, continentale e mediterranea – in particolare nella porzione continentale e centrale della penisola. Attualmente, le stime di popolazione oscillano tra 60.000-120.000 coppie, con trend sostanzialmente stabile, decrementi locali e recenti ricomparse in diverse zone della Pianura Padana occupate fino agli anni ’50-60. L’Italia riveste un certo interesse per la conservazione della specie, ospitando il 6,1-6,8% della popolazione complessiva europea.
I dati sugli inanellamenti evidenziano una particolare concentrazione delle catture nel Piemonte centrale e nelle Prealpi lombarde, mentre campioni numericamente ridotti si riferiscono ad un buon numero di località irregolarmente distribuite nelle regioni centro-settentrionali. Mentre in Emilia-Romagna gli inanellamenti sono primariamente legati a rilievi montuosi, a sud degli appennini si hanno inanellamenti sia in contesti costieri, come in Toscana, sia prettamente montuosi come in Abruzzo. La maggior parte degli spostamenti si situa entro le brevi distanze, con un aumento dei totali annuali rilevati (massimo nel 2003, con oltre un centinaio di soggetti censiti).
Allo stato attuale il Picchio verde è inserito nella Lista Rossa Nazionale come specie “a più basso rischio”. Risulta, inoltre, specie particolarmente protetta in Italia ai sensi della legislazione venatoria (157/92).
Pur esposta alle trasformazioni ambientali – urbanizzazione crescente e disboscamento in contesti agricoli planiziali – la specie mostra buone doti di adattabilità ed è presente con densità importanti nella gran parte della nostra Penisola. Un quadro nazionale complessivamente stabile che si spiega con la riforestazione in atto e il contrasto al bracconaggio. Da tenere sotto osservazione, nei prossimi anni, l’evolversi di alcune situazioni locali in cui si sono registrate recenti diminuzioni, oltre alla predisposizione di indagini approfondite per colmare le lacune conoscitive su successo riproduttivo e trend demografici, specialmente in alcuni contesti dell’Italia meridionale.
Fattore | Stato di salute | Stato di conservazione |
Range* | In stabilità e incremento ma anche declini localizzati | Favorevole |
Popolazione | Stabile, localmente in aumento/diminuzione | Favorevole |
Habitat della specie | Stabile/in aumento | Favorevole |
Complessivo | Favorevole |
*Variazione della popolazione negli anni
Fra tutti i picchi è quello che più raramente “tambureggia” con il becco sul tronco degli alberi. Invece canta sovente ed è proprio la sua voce, simile a una risata, che ne rivela più spesso la presenza.