STIACCINO
NOME SCIENTIFICO: Saxicola rubetraIl buffo nome squillante deriva dal toscano “ stiacciare” (schiacciare), per l’abitudine di questo uccello di acquattarsi nell’erba ai piedi dei cespugli, dove si rifugia quando non è impegnato in battute di caccia. Abile e attento, lo Stiaccino possiede una mira infallibile: caccia le sue prede tuffandosi in picchiata da posizioni elevate, spesso acchiappandole al volo. Piuttosto schivo, lo si può vedere anche appollaiato su covoni di fieno nelle vallate montane, sul finire dell’estate, dove ritempra le forze prima di proseguire il viaggio della migrazione…
Ordine: Passeiformes Famiglia: Muscicapidae
Snello e aggraziato, lungo circa 13 centimetri, lo Stiaccino è presente in Italia come nidificante e migratore regolare, mentre per svernare sceglie le regioni tropicali. Molto simile al Saltimpalo per forma e dimensioni, se ne differenzia per un largo sopracciglio bianco. Le piume delle parti superiori, di colore bruno scuro, hanno un contorno arancio, che diviene più intenso e brillante sulla gola e nella parte superiore del petto, per poi sfumare verso il bianco panna sui fianchi e sull’addome. La coda è scura con base bianca ai lati. La femmina è simile al maschio, ma ha il colore della testa più opaco e un sopracciglio color crema.
Lo Stiaccino possiede una discreta apertura alare, che sfrutta abilmente durante il volo. Adotta come punto di osservazione rami secchi, pali e staccionate, che assume come posatoi privilegiati per individuare insetti volanti, passione che condivide con il Pigliamosche. Ma la sua dieta è ben più variegata: da ragni e piccole lumache a vermi e larve, sino a qualche mora di bosco, soprattutto nella stagione autunnale.
Lo Stiaccino si riproduce in Europa e nella zona più a ovest dell’Asia: dall’Irlanda al nord del Portogallo per poi passare, a est, sul limitare del confine siberiano con l’Europa; dall’estremo confine settentrionale della Norvegia sino a sud, in Spagna centrale, Italia centrale, nord della Grecia e monti del Caucaso. In Europa meridionale sceglie raramente di nidificare nelle zone mediterranee e steppiche, mentre predilige fascia boreale e temperata, pascoli con vegetazione fitta e articolata, prati acquitrinosi, margini di boschi di conifere e praterie di altitudine, tra i 700 e i 2.200 metri di quota. Durante lo svernamento in Africa, occupa aree aperte vegetate di vario tipo, tra le quali sceglie frequentemente quelle con erba fitta.
Prati, felci, aree coltivate, margini paludosi e altopiani erbosi sono i luoghi ideali per la costruzione del nido, che viene posto sul terreno tra cespugli bassi o cataste di legna. Per mettersi in mostra durante il corteggiamento e per avvertire gli altri individui della propria presenza, il maschio scuote elegantemente la coda e frulla le ali con energia. Una volta formata la coppia, la femmina depone tra le 5 e le 7 uova, di colore blu-azzurro. I pulcini lasciano il nido dopo circa 10-14 giorni dalla schiusa, nonostante siano ancora troppo giovani per essere in grado di volare, e restino di conseguenza ancora dipendenti dalle cure dei genitori.
Sulle Alpi italiane gli habitat tipici di questa specie si identificano con le praterie primarie d’altitudine solo parzialmente cespugliate, con prati e pascoli secondari non sfruttati, prevalentemente tra i 700-800 metri sino ai 2.100 metri, con una diffusione maggiore tra i 1.000 e i 2.000 metri. Nei territori in provincia di Varese, la specie nidifica nelle praterie aperte montane in cui esiste un assortimento di erbe e arbusti di media e piccola altezza, con brughiere e boschi di ginestre, inframmezzati da piccole aree rocciose, da cui ha ereditato il nome latino (Saxicola rubetra significa infatti “uccellino che vive tra i sassi”). In Lombardia, in habitat di buona qualità e in annate favorevoli la densità della specie si aggira sulle 20-50 coppie per kmq.
Ad oggi non sono stati effettuati studi approfonditi sulla specie nel nostro Paese. In particolare, necessitano di essere approfondite l’ecologia e la dinamica di popolazione, soprattutto sul versante meridionale delle Alpi e sugli Appennini, dove le popolazioni sembrano mostrare peculiari caratteristiche di adattabilità. Tali studi potrebbero offrire anche indicazioni utili a fini di conservazione.
Sulla base delle conoscenze disponibili, si può proporre un Valore di Riferimento Favorevole (FRV) pari a 7 coppie per 10 ettari su scala locale, mentre non vi sono elementi sufficienti per individuare una soglia a scala di comprensorio.
Il mantenimento di aree con agricoltura e pastorizia non intensive su Alpi e Appennini è in ogni caso essenziale per la conservazione della specie. Inizialmente favorita dall’abbandono delle colture, infatti, la specie può risentire molto negativamente del recupero del bosco, che rende infine non più idonei siti anche di storica presenza.
Date le peculiari esigenze ecologiche, la presenza della specie è inoltre un buon indicatore dell’evoluzione dei prati e dei pascoli, come dimostrano ad esempio le indagini effettuate in provincia di Varese. In generale, per favorire la conservazione della specie è necessario limitare la distruzione dei nidi e la conseguente perdita delle covate, posticipando il taglio dei prati e promuovendo tecniche agricole meno impattanti sulla fauna invertebrata, fonte essenziale di cibo per questa ed altre specie.
In Italia, l’abbandono dei paesaggi agricoli di tipo tradizionale ha avuto un effetto positivo – almeno transitorio – sulla conservazione della specie. Nonostante questo iniziale vantaggio, però, la crescita indiscriminata di aree incolte, con eccessiva presenza di erba e felci, ha comportato con l’andare del tempo una drastica riduzione delle possibilità di occupazione da parte della specie, fino alla sopravvenuta inidoneità dell’habitat dovuta al ritorno del bosco.
Alcune popolazioni di Stiaccino sulle Alpi svizzere presentano poi un bassissimo successo riproduttivo, a causa di sfalci sempre più precoci dovuti all’intensificazione delle pratiche agricole, tanto che sono stati segnalati casi di deposizione anticipata delle uova, il che compensa solo parzialmente gli effetti negativi dello sfruttamento di queste aree. Infatti, quando il taglio dell’erba avviene troppo presto, molti nidi già costruiti vanno comunque distrutti, e con essi le uova e i pulcini. L’intensificazione delle pratiche agricole in prati da sfalcio comporta inoltre una diminuzione nella disponibilità di invertebrati, inclusi alcuni molto importanti nella dieta dello Stiaccino, condizionando in questo modo la possibilità degli individui adulti di reperire cibo sufficiente per se stessi e per i pulcini.
I nidi di Stiaccino possono poi essere oggetto di predatori quali donnole, ermellini, gazze e rapaci, che si rendono responsabili della distruzione delle uova o divorano i pulcini. Anche il bestiame al pascolo rappresenta un potenziale pericolo per la specie, poiché spesso i nidi finiscono per essere calpestati. Lo Stiaccino non è esente neppure dal “parassitismo” del Cuculo, che tipicamente divora un uovo della coppia per sostituirlo con uno proprio.
Attualmente, lo Stiaccino è classificato come specie in declino nei territori dell’Unione europea, con un netto calo specialmente in Europa centrale; ciononostante, la specie presenta uno stato di conservazione favorevole a livello continentale. Nel complesso, si registra un moderato declino della popolazione nidificante nell’Unione europea nel trentennio 1970-2000.
Il 26-28% della popolazione continentale (5.400.000-10.000.000, in leggero declino) e una frazione compresa tra il 5% e il 24% della popolazione globale della specie nidificano nei territori dell’Europa “comunitaria”. Attualmente, la popolazione nidificante nei territori dell’Europa a 27 è stimata in 1.500.000-2.600.000 coppie, quella italiana in 10.000-20.000 coppie, stabili o localmente in calo.
L’area baltica, in particolare la Finlandia meridionale, rappresenta la zona di massima concentrazione dei soggetti esteri segnalati in Italia. La specie infatti è piuttosto diffusa sia sui siti costieri finlandesi, sia lungo il Baltico e nel Golfo di Finlandia. Altri Paesi di provenienza, in base ai dati sugli inanellamenti, sono Germania e Repubblica Ceca, Lituania.
Nel nostro Paese, la specie mostra segni di sofferenza specialmente alle quote più basse, mentre altrove si mostra stabile o soggetta a lievi fluttuazioni. Sul territorio italiano, è distribuita in modo abbastanza omogeneo solo sulle Alpi, mentre sugli Appennini la specie è piuttosto localizzata. In provincia di Bolzano, è stato registrato un decremento progressivo a partire dagli anni ’80, tanto che lo Stiaccino è oggi del tutto scomparso da alcune aree; destino condiviso dalla popolazione che storicamente abitava i gruppi montuosi in provincia di Treviso. In Sardegna, la nidificazione appare irregolare.
Ad oggi, non è stato redatto un Piano d’Azione Internazionale o Nazionale sulla specie. Lo Stiaccino non è stato inserito nella Lista Rossa Nazionale. Risulta, inoltre, specie protetta in Italia ai sensi della legislazione venatoria (157/92).
Lo Stiaccino ha mostrato negli ultimi tre decenni, nel nostro Paese, una tendenza sostanzialmente negativa. Se in alcuni casi si tratta di fluttuazioni locali dovute a una molteplicità di fattori, sempre più spesso questi decrementi sembrano dipendere direttamente dal progressivo degrado degli habitat, specialmente alle quote più basse, dove si assiste al recupero del bosco o – con effetti ugualmente nefasti – all’intensificazione delle pratiche agricole. Tutto ciò, unito a una certa frammentazione delle popolazioni e alla loro ridotta consistenza numerica, contribuisce a disegnare un quadro di estrema vulnerabilità per la specie nel nostro Paese.
Fattore | Stato di salute | Stato di conservazione |
Range* | In contrazione | Inadeguato |
Popolazione | Almeno localmente in calo o ridotta | Cattivo |
Habitat della specie | Calo qualitativo e quantitativo | Inadeguato |
Complessivo | Cattivo |
* Variazione della popolazione negli anni
Trilli energici e acuti, scanditi in modo irregolare, vengono utilizzati dallo Stiaccino tanto come richiamo verso i propri simili, quanto come allarme in caso di predatori o di pericolo. Il maschio emette un canto fischiante – composto da un mix di fischi ora tenui, ora acuti – ma molto dolce, per attirare la femmina nella stagione degli amori. Interessante particolare è che spesso, quando intona il canto, lo Stiaccino tende alla “mimesi”, includendo fraseggi e melodie tipiche di altre specie.