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Turismo “insostenibile”

Un terzo del turismo globale ogni anno sceglie le coste del Mediterraneo. Basterebbe questo dato per mettere in luce l’impatto molto rilevante che il comportamento dei turisti può avere sulle specie che vivono o nidificano nelle aree ad alta frequentazione turistica.

Arrampicata sportiva, Archivio LIPU
Punta Aderci (Vasto), di F. Damiani

L’eccessivo sfruttamento a fini turistici di una determinata area di solito causa di per sé impatti negativi  sulle specie. Per esempio – a proposito di grandi cambiamenti verificatisi negli ultimi cinquant’anni – molte aree remote delle nostre Alpi sono state interessate dalla costruzione di tutta una serie di infrastrutture quali strade e impianti di risalita che hanno avuto e hanno un impatto molto negativo, in particolare su quelle specie altamente intolleranti al disturbo presso i siti di nidificazione.

Poi ci sono le coste, il turismo balneare, appunto. In alcune zone dell’Italia meridionale e insulare, le aree di balneazione sono poste a ridosso di alcuni siti importantissimi per la vita di specie anche rare e minacciate. Abbandonate quasi del tutto pratiche “tradizionali” quali il prelievo delle uova o dei pulcini a scopi alimentari, il problema principale è oggi causato dall’eccessivo disturbo da parte di turisti non sempre attenti alle specificità del luogo, uno dei principali problemi che gli uccelli selvatici devono affrontare.

A ciò si aggiunge l’evidenza per la quale un’elevata presenza umana si accompagna di solito all’abbondanza di specie “alloctone”, artificialmente introdotte dall’uomo, che possono avere un impatto più devastante, a livello locale, di tutte le altre minacce considerate assieme.

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Emblematico è il caso di cani e gatti rinselvatichiti, oppure dei ratti, comunque favoriti dall’abbondanza di rifiuti tipica delle aree ad alta frequentazione turistica.

L’introduzione di specie non autoctone è in grado di minare alle fondamenta il delicatissimo equilibrio di molti ecosistemi. Mentre il disturbo diretto al nido o alle colonie può essere causato non solo da incuria e scarso rispetto per l’ambiente, ma anche da pratiche all’apparenza innocue quali l’arrampicata o il sorvolo a bassa quota, che possono avere un effetto deleterio su specie molto rare come Gabbiano corso, Capovaccaio o Grifone. Lo stesso turismo “naturalistico”, proprio perché indirizzato di solito verso ambienti particolarmente delicati e ricchi di vita, andrebbe attentamente monitorato partendo dal presupposto che alcune specie risultano totalmente intolleranti non solo al disturbo ma alla stessa presenza umana.