CALANDRO - Uccelli da proteggere

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Uccelli da proteggere
 
Specie protette dalla Direttiva UccelliSpecie protette dalla Direttiva Uccelli
Specie particolarmente protette dalla Direttiva UccelliSpecie particolarmente protette dalla Direttiva Uccelli
 

Specie particolarmente protette dalla Direttiva UccelliCALANDRO

NOME SCIENTIFICO: Anthus campestris
 

La livrea di questo uccello, il cui colore ricorda la sabbia dorata sotto i raggi del sole, fa da complemento a una corporatura esile e slanciata, che gli permette di acquistare in volo velocità notevoli, per poi ritornare a terra all’improvviso, in poco più di una frazione di secondo. Particolare la cura posta da questa specie nella costruzione del nido, composto di muschio, foglie e radici. Ama le vaste pianure, compresi suoli aridi apparentemente inospitali quali dune sabbiose, greti fluviali, pascoli abbandonati, tenendosi sempre alla larga da alberi e cespugli.

 

Ordine: Passeriformes  Famiglia: Motacillidae

Il Calandro vive e nidifica in un ampia area compresa tra Europa e Asia centrale. Grande migratore, lo svernamento avviene prevalentemente nell’Africa subsahariana, mentre per quanto riguarda l’Italia sono alcune aree dell’Italia centro-settentrionale, dall’Emilia-Romagna al Lazio, oltre a vaste zone dell’Italia meridionale, tra Campania, Basilicata e Puglia, ad ospitare le popolazioni più importanti.

Netta appare la dipendenza di questa specie dalle aree aperte. Se formazioni apparentemente inospitali quali dune sabbiose, cumuli di detriti, greti fluviali e suoli aridi in genere appaiono parte integrante dell’habitat preferito dalla specie, il Calandro evita invece accuratamente le aree boschive, e in genere si tiene alla larga da alberi o cespugli. Prati magri, calanchi, pascoli degradati, sono fondamentali per la vita di questa specie, che sta soffrendo non poco per l’avanzata del bosco, elemento comune a molte aree collinari del nostro Paese dove agricoltura e pastorizia sono state progressivamente abbandonate.

Tra le caratteristiche salienti di questa specie, va rilevata la tonalità del piumaggio, particolarmente calda e simile al colore della sabbia, o dell’oro, quindi la forma slanciata che permette una grande abilità nel volo..Il nido, costruito in una depressione del terreno, contiene da 4 a 6 uova, con i pulcini che tendono a fuggire dal nido ancor prima di essere abili nel volo, finendo di frequente predati da volpi, cani, gatti e altri predatori terrestri.

Non sono molte le informazioni dettagliate su questa specie, salvo che a giocare un ruolo fondamentale sono le caratteristiche paesaggistiche del territorio. Le zone prative, ancora sottratte agli arbusteti e al recupero del bosco, sono le aree in cui la specie, in Appennino, risulta ancora relativamente comune. Anche le ampie zone soggette a frane e i calanchi della collina emiliana rappresentano un buon habitat per questo uccello. Molto più a sud, dove alla prateria si sostituisce la macchia mediterranea, il nido del Calandro si può trovare sulle dune, nei salicornieti, nei pascoli, negli alvei in secca dei torrenti, così come la Calandrella. 

Prospettive

In forte rarefazione in gran parte d’Italia, gli ambienti aperti idonei – pascoli a quote medie e basse, prati magri, ambienti di tipo steppico – stanno mettendo in grave difficoltà l’intera popolazione nidificante di Calandro, la cui conservazione dipende strettamente dal mantenimento di questi ambienti. Tra le misure più importanti, vi è certamente quella di favorire il mantenimento dei pascoli, evitando interventi di riforestazione in aree prative naturali, così come l’abuso di fertilizzanti o nutrienti nella gestione dei pascoli stessi.

In aree coltivate, l’alternanza di coltivazioni con differenti tempi di aratura e semina – particolarmente frequente nell’agricoltura tradizionale – può favorire la presenza del Calandro, rendendo disponibili aree idonee anche durante le fasi di aratura e semina, prima che la crescita e lo sviluppo della vegetazione le renda inadeguate. Solo aree remote dell’Appennino parmense – specialmente le aree soggette a frana – possono vantare densità anche pari a 4 coppie per km quadrato. Bisogna poi scendere in Basilicata per trovare nel Calandro una specie relativamente comune in dune costiere, calanchi, alvei in secca, mentre sulla fascia costiera laziale le densità variano tra 0,33 e 3,33 coppie per 10 ettari a seconda del tipo di ambiente considerato.

Sulla base dei dati relativi alle popolazioni dell’Appennino settentrionale e alla fascia costiera laziale – le uniche aree in cui lo stato di conservazione del Calandro può ritenersi relativamente buono è possibile calcolare un Valore di Riferimento Favorevole (FRV) per la specie espresso in termini di densità. Su scala locale si rendono necessarie densità riproduttive di almeno 2 o 3 coppie ogni 10 ettari in ambienti aperti o semi-aperti idonei alla specie. Su scala di comprensorio tale densità, per essere ritenuta soddisfacente e dovrebbe risultare almeno pari a 10 coppie per km quadrato.

Fermare il declino della specie almeno nel caso delle popolazioni più significative da un punto di vista conservazionistico rappresenta un’indicazione fondamentale per la tutela del Calandro nel nostro Paese. In particolare, dovrebbero essere identificate aree specifiche in cui impostare criteri di gestione degli ambienti aperti in linea con le esigenze ecologiche della specie, incoraggiando, da un lato, il pascolo brado e tentando, in tutte le aree chiave, di raggiungere densità non inferiori a 3-4 coppie per km quadrato a scala di comprensorio, 1-2 coppie per 10 ettari su scala locale.

Minacce

L’abbandono delle pratiche agricole e pastorali tradizionali, che ha coinvolto grandissima parte dell’Italia peninsulare – e in particolare l’Appennino – ha causato una notevole contrazione di quegli ambienti aperti necessari per la sopravvivenza della specie. Il Calandro, tra l’altro, a differenza di altri Passeriformi, appare particolarmente intollerante sia alla presenza di vegetazione sia a tutti quei tipi di terreno ove non siano presenti ampie porzioni libere da ostacoli.

Al limite, isolati elementi in rilievo quali singoli cespugli o alberelli vengono utilizzati dai maschi come posatoi di canto. In generale però appare netta la dipendenza della specie da ambienti aperti, asciutti, con vegetazione bassa e rada, in aree prevalentemente pianeggianti. Oltre alla riforestazione “selvaggia”, anche l’utilizzo eccessivo di fertilizzanti e nutrienti nelle aree idonee può avere conseguenze nefaste sulla specie.

Nei greti fluviali, poi, la regimazione dei corsi d’acqua interrompe quei processi ecologici di “rimodellamento” degli habitat adiacenti l’alveo fluviale, comportando la perdita di tutte quelle aree a bassa densità di vegetazione su suolo arido che appaiono invece ampiamente favorite dal Calandro. Un’altra minaccia per la specie è costituita dal disturbo umano presso i siti riproduttivi, potenzialmente impattante a livello locale – per esempio prati, pascoli o greti fluviali frequentati da fuoristrada o moto da cross – anche considerando il fatto che privilegiando le aree aperte la specie sceglie siti posti spesso nei pressi di strade sterrate e dunque altamente vulnerabili a questo tipo di disturbo.

Anche la predazione al nido può rappresentare un fattore chiave nel determinare il successo riproduttivo delle coppie e quindi influenzare, soprattutto a livello locale, la stabilità delle popolazioni. Volpi, cani, gatti e predatori terrestri in genere possono compromettere intere covate, particolarmente esposte essendo il nido posto a terra. Solo le dune, da questo punto di vista, rappresentano un habitat leggermente più sicuro, in termini di minor percentuale di perdita di uova e pulli.

Stato di salute

Minacciato in tutta Europa, il Calandro presenta uno stato di conservazione sfavorevole sia a livello comunitario sia, più in generale, su scala continentale. Drammatico il declino conosciuto dalla specie in diverse parti dell’areale europeo durante il Novecento, soprattutto nell’Europa centrale e settentrionale. Consistenti i decrementi registrati anche in anni più recenti, in particolare tra il 1970 e il 1990.

Attualmente, la popolazione di Calandro nidificante entro i confini dell’unione Europea è stimabile in circa 460-820 mila coppie, pari a poco meno della metà della popolazione continentale complessiva, e a una frazione compresa tra il 5 e il 24% della popolazione globale della specie, che potrebbe raggiungere anche 1,9 milioni di coppie. Una coppia su venti – o su trenta a seconda delle stime considerate – di quelle presenti a livello Ue potrebbe nidificare in Italia, che attualmente ospita una popolazione stimata in 15-40mila coppie.

Se il trend a livello comunitario non appare conosciuto per quanto riguarda gli ultimi anni del Novecento, in Italia è stato registrato un ulteriore decremento per la specie, sia in termini di areale che di popolazione nidificante, per l’intero decennio 1990-2000. Uno scenario piuttosto critico non compensato, evidentemente, da episodi di locale stabilità (per esempio in provincia di Parma, dove la popolazione appare relativamente stabile e compresa tra le 120 e le 150 coppie).

In calo in Lombardia – dove oramai rappresenta una delle specie più rare di Passeriformi – è in difficoltà notevole anche in Toscana. Qui – come in gran parte dell’area appenninica – la già esigua popolazione nidificante, stimata in 300-600 coppie, deve fare i conti con il fenomeno della drastica riduzione delle attività agropastorali, con conseguente diminuzione degli ambienti idonei per la specie. A questo si accompagna l’avanzata del bosco, a volte spontanea, altre frutto di rimboschimenti nelle aree soggette ad erosione, che riduce ulteriormente le possibilità di sopravvivenza per il Calandro.

Semaforo

L’intensificazione dell’agricoltura, l’abbandono delle classiche attività di pascolo, l’avanzata del bosco – naturale o tramite rimboschimenti avventati – costituiscono gravi fattori di minaccia per la popolazione di Calandro nel nostro Paese. Trend generale orientato al decremento, con densità soddisfacenti solo in alcune ristrettissime e remote aree costiere o montane, delineano un quadro estremamente critico per la specie, che sta soffrendo, come altri Passeriformi, per il degrado e la drastica riduzione degli ambienti aperti, attualmente tra gli habitat più minacciati – e con essi tutte le specie che da questi ambienti dipendono – sia a livello nazionale sia, più in generale, a livello di Europa comunitaria.

Fattore Stato di salute Stato di conservazione
Range* probabilmente in calo inadeguato
Popolazione in calo cattivo
Habitat della specie presumibilmente in diminuzione inadeguato
Complessivo   cattivo

*Variazione della popolazione negli anni

Canto

Timido e schivo, il Calandro fugge a ogni minimo segnale di pericolo. Semplice e lineare il canto, emesso il più delle volte direttamente a terra, dove la specie costruisce il nido e trascorre la maggior parte della propria vita. Non è raro udirlo in quelle aree apparentemente aride e inospitali quali greti dei fiumi, calanchi, dune sabbiose o prati aridi.