CAPPELLACCIA - Uccelli da proteggere

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Uccelli da proteggere
 
Specie protette dalla Direttiva UccelliSpecie protette dalla Direttiva Uccelli
Specie particolarmente protette dalla Direttiva UccelliSpecie particolarmente protette dalla Direttiva Uccelli
 

Specie protette dalla Direttiva UccelliCAPPELLACCIA

NOME SCIENTIFICO: Galerida cristata
 

Un simpatico ciuffo di penne sempre dritte sulla testa è il tratto distintivo della Cappellaccia, alaudide molto simile all’Allodola, anche se più difficile da osservare nel nord Italia. Abile a mimetizzatisi sul terreno grazie al colore bruno chiaro, quando è spaventata resta immobile fino a quando non si sente al sicuro, per poi riprendere a saltellare nei campi in cerca di semi e insetti…

 

Ordine: Passeriformes Famiglia: Alaudidae

La Galerida cristata  frequenta gli spazi aperti, sia aree incolte sia campi coltivati. Ma abita anche le radure, i prati, i pascoli e gli ambienti aridi come le garighe, dove crescono piccoli cespugli di rosmarino e lavanda. Più raramente è possibile avvistarla tra vigneti, frutteti, oliveti dove l’alberatura è rada. D’inverno frequenta anche gli argini dei fiumi. La sua alimentazione è ricca di semi: predilige quelli delle graminacee, ma non disdegna anche quelli di altre piante. Giunta la primavera, diventa vorace anche di insetti e larve.

Le cappellacce sono distribuite in tutta l’Europa centrale fino alla Spagna nord-occidentale, l’Ungheria nord-occidentale, le Repubbliche baltiche e l’Ucraina. In Italia è presente come specie nidificante, sedentaria, nelle regioni meridionali. Esistono poi trentasette differenti sottospecie, alcune delle quali presenti in Italia centro-meridionale, tra cui la Galerida cristata neumanni , che si può osservare in Toscana e Lazio, fino a Roma, e la Galerida cristata apuliae , che frequenta il Sud e la Sicilia. A queste popolazioni sedentarie, durante l’inverno possono aggregarsi contingenti in arrivo dall’Europa settentrionale.

Piccola e tozza, la Cappellaccia è lunga circa 17-18 centimetri, con un’apertura alare di 30-36 centimetri, mentre il peso oscilla tra i 35 e i 45 grammi. Oltre alla caratteristica cresta a punta spiegata sul capo, si può riconoscere per il colore marrone chiaro, macchiato di bruno sul dorso e più omogeneo sulle ali. La coda è marrone chiaro, che diventa più scura sulla punta. Le timoniere (le penne più grandi della coda, fondamentali per direzionare il volo) sono color sabbia, così come la gola e il petto, che però presenta delle sottili strisce verticali. Gli occhi sono sottolineati da una specie di sopracciglio bianco, appena accennato. Il becco, che va dal rosa tenue al beige, è ricurvo verso il basso, appuntito e piatto nella parte inferiore. Le zampe sono color carne con l’unghia posteriore particolarmente pronunciata.

La nidificazione avviene tra aprile e giugno. È la femmina a costruire il nido, che viene posizionato al suolo, ben mimetizzato tra le irregolarità del terreno, mettendo insieme erba secca, piume, radici. Dopo aver deposto le uova, in genere non più di cinque o sei, la femmina e il maschio si alternano alla cova. Occorrono tra gli 11 e i 13 giorni per la schiusa delle uova. Delicati e ricoperti di una morbida peluria gialla, i pulcini restano al sicuro nel nido per una decina di giorni ma, una volta fatti uscire, nel giro di un’altra decina di giorni spiccano il volo.

Prospettive

Finora la Galerida cristata  in Italia è stata studiata ancora troppo superficialmente, perciò in prospettiva occorrerà indagare meglio quali sono le cause del declino della specie, soprattutto nelle regioni settentrionali e quali sono le preferenze ambientali dal punto di vista quantitativo, per poter predisporre, dove risulta più opportuno, misure di conservazione idonee, come la gestione ambientale.

Nonostante le scarse informazioni, è stato possibile valutare l’FRV (Valore di Riferimento Favorevole). Il numero minimo di individui in grado di garantire una buona possibilità di sopravvivenza della specie è stato fissato a 5 coppie in 10 ettari, ma nelle aree particolarmente idonee ad ospitare la Cappellaccia dovrebbero essere presenti almeno 7-8 coppie ogni 10 ettari. 

Al contrario di quello che si potrebbe pensare, i campi coltivati in cui le semine sono dense e le piante crescono fitte, non rappresentano un ambiente accogliente per le coppie della specie, che preferiscono stabilirsi nei pressi di coltivazioni tradizionali con piante spaziate, sempre meno comuni. Inoltre la specie evita le aree fangose, rocciose e quelle dall’erba fitta. 

Ecco perché sulla conservazione gioca sicuramente un ruolo la singolare propensione della Cappellaccia allo spostamento verso ambienti di origine antropica, ancora tutta da esaminare insieme alle sue conseguenze per il futuro della specie. Quello che si sa è che si tratta di una tendenza che, almeno apparentemente, appare più pronunciata per quanto riguarda la parte occidentale dell’areale, mentre popolazioni orientali con il sopraggiungere dalla stagione fredda tendono a spostarsi verso gli abitati. 

Minacce

Non sono ancora state del tutto chiarite le ragioni dei gravi cali demografici e delle fluttuazioni delle popolazioni di Cappellaccia, ma di certo si tratta di fenomeni che mettono a rischio la sopravvivenza della specie. Principale imputato, sia in Italia sia negli altri Paesi europei frequentati da questa specie, è l’insieme delle trasformazioni che hanno interessato le pratiche agricole negli ultimi anni, in primo luogo le colture intensive che inaridiscono progressivamente il terreno.

In generale, tra i mutamenti sfavorevoli per la Galerida cristata, vi è  l’abbandono delle pratiche agro-pastorali tradizionali è senz’altro risultato deleterio, così come la sensibile diminuzione del pascolo equino avvenuta soprattutto in Belgio, contribuendo a restringere pericolosamente l’habitat della specie, che ha necessità ecologiche molto precise. Indispensabile infatti per le cappellacce è la disponibilità di luoghi aperti, pianeggianti, asciutti e caldi. La vegetazione deve essere molto bassa e con pochissimi alberi o arbusti, possibilmente lontani l’uno dall’altro.

Per questo la Cappellaccia si è progressivamente spostata dalle aree steppiche verso ambienti resi semi-desertici dall’azione dell’uomo, come campi abbandonati, cantieri stradali, aree estrattive  o deforestate, ma anche zone ferroviarie, dintorni di porti e scali, cave, aree urbane o industriali e perfino aeroporti: in pratica tutte quelle aree dove l’antropizzazione ha creato ambienti aperti con vegetazione bassa e rada.

Ma non è solo l’intervento dell’uomo a mettere in difficoltà la Cappellaccia. Anche i predatori incidono pesantemente sulla sua sopravvivenza e sul successo riproduttivo: le uova e i pulcini finiscono spesso vittima dei roditori mentre, come è stato rilevato soprattutto nel territorio dell’ex Unione sovietica, danni significativi ai nidi sono causati dalle formiche e, in misura ancora maggiore, dal maltempo. Alla luce di questa situazione diventa vitale garantire una densità appropriata degli individui nelle aree che ospitano le popolazioni più rilevanti.

Stato di salute

Classificata come “depleted” – ovvero specie depauperata – nell’Unione europea, la Galerida  cristata  attualmente non gode di buona salute e il suo stato di conservazione risulta  non favorevole anche a livello continentale. Nonostante questo, non è protetta da convenzioni nazionali o internazionali e non è inserita nella Lista Rossa. È comunque protetta in Italia dalla legislazione venatoria (157/92).

Già nel periodo 1970-1990 la popolazione nidificante era in largo declino in Unione europea e, se nel decennio successivo il trend è rimasto sconosciuto, si può comunque affermare che almeno in Europa centrale la situazione ha continuato a peggiorare. In base alle stime a disposizione, vanno dai 930 mila ai 2 milioni e 100 mila le coppie in Unione europea e dai 3 milioni e 600 mila ai 7 milioni e 600 mila le coppie nel continente europeo. A nidificare sul territorio dell’Unione è dunque il 26-28% della popolazione europea e il 5-24% di quella globale.

In Italia la popolazione, generalmente stabile, è compresa tra le 200 mila e le 400 mila coppie, figurando tra le più importanti dell’Unione europea, pari a circa il 19-21% (e 5-6% di quella continentale). Rilevante quindi risulta il peso dell’Italia per la conservazione della specie, soprattutto in Europa occidentale. Nonostante una relativa stabilità, preoccupano i decrementi che sono stati rilevati in Pianura Padana e in generale nel nord Italia, compresi casi localizzati di estinzione.

Una tendenza negativa viene confermata dall’analisi della frequenza di alcuni dei principali siti riproduttivi al Nord. Quello piemontese, ad esempio, dove si stima una presenza tra le 40 e le 100 coppie, ma dove, almeno per quanto riguarda la provincia di Cuneo, le ultime presenze in periodo riproduttivo risalgono agli anni Ottanta. In calo inoltre la densità nella pianura bresciana (passata da 1,7 coppie per chilometro quadrato alla fine degli anni Sessanta a 1,1 sul finire dei Settanta, per scendere a 0,6 al termine degli Ottanta). Non va meglio nel Varesotto dove, nel giro di vent’anni, l’areale si è notevolmente ridotto e la presenza della Cappellaccia nel futuro appare incerta. Nel Vicentino, dove era abbastanza diffusa nel corso degli anni Sessanta, oggi sopravvivono poche decine di coppie che si sono ritirate lungo il Brenta e nella bassa pianura.

Semaforo

La Cappellaccia, anche se non in immediato pericolo, è da considerarsi tuttavia una “sorvegliata speciale”. A complicare le cose, uno stato di conservazione che risulta sensibilmente differente tra la bioregione mediterranea, dove appare nel complesso stabile, e quella continentale, dove la popolazione appare invece in calo e l’areale in contrazione. Difficile poi valutare variazioni recenti nell’habitat vista la scarsità di dati.

Fattore Stato di salute Stato di conservazione
Range* in contrazione al nord inadeguato
Popolazione verosimilmente stabile favorevole
Habitat della specie variazioni difficilmente quantificabili sconosciuto
Complessivo   inadeguato

*Variazione della popolazione negli anni

Bioregione continentale
Nella bioregione continentale il calo demografico, le estinzioni locali e la contrazione di areale verificatesi in molte regioni settentrionali determinano una situazione critica per la specie.

Fattore Stato di salute Stato di conservazione
Range* in contrazione cattivo
Popolazione in calo cattivo
Habitat della specie variazioni difficilmente quantificabili  
Complessivo   cattivo

*Variazione della popolazione negli anni

Bioregione mediterranea 
La popolazione della specie nella bioregione mediterranea, nel complesso, può essere considerata stabile, tuttavia con tendenze anche contrastanti, come il calo registrato in Toscana e l’aumento osservato in Sicilia.  La variazione della popolazione negli anni, in particolare quella localizzata sull’Isola d’Elba, risulta moderatamente negativa.

Fattore Stato di salute Stato di conservazione
Range* in contrazione non significativa favorevole
Popolazione probabilmente stabile favorevole
Habitat della specie variazioni difficilmente quantificabili sconosciuto
Complessivo   favorevole

*Variazione della popolazione negli anni 

Canto

Come le allodole, la Cappellaccia canta sia mentre è in volo sia quando è posata. Il suo verso è un cinguettio piacevole e armonioso anche se lieve e leggermente monotono rispetto ad altri Passeriformi, dal canto più allegro. Emette quattro note che alternano toni bassi e alti, con la nota finale più lunga.