CAPPELLACCIA - Uccelli da proteggere

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Uccelli da proteggere
 
Specie protette dalla Direttiva UccelliSpecie protette dalla Direttiva Uccelli
Specie particolarmente protette dalla Direttiva UccelliSpecie particolarmente protette dalla Direttiva Uccelli
 

Specie protette dalla Direttiva UccelliCAPPELLACCIA

NOME SCIENTIFICO: Galerida cristata
 

Un simpatico ciuffo di penne sempre dritte sulla testa è il tratto distintivo della Cappellaccia, alaudide molto simile all’Allodola, anche se più difficile da osservare nel nord Italia. Abile a mimetizzatisi sul terreno grazie al colore bruno chiaro, quando è spaventata resta immobile fino a quando non si sente al sicuro, per poi riprendere a saltellare nei campi in cerca di semi e insetti…

Stato di salute

Classificata come “depleted” – ovvero specie depauperata – nell’Unione europea, la Galerida  cristata  attualmente non gode di buona salute e il suo stato di conservazione risulta  non favorevole anche a livello continentale. Nonostante questo, non è protetta da convenzioni nazionali o internazionali e non è inserita nella Lista Rossa. È comunque protetta in Italia dalla legislazione venatoria (157/92).

Già nel periodo 1970-1990 la popolazione nidificante era in largo declino in Unione europea e, se nel decennio successivo il trend è rimasto sconosciuto, si può comunque affermare che almeno in Europa centrale la situazione ha continuato a peggiorare. In base alle stime a disposizione, vanno dai 930 mila ai 2 milioni e 100 mila le coppie in Unione europea e dai 3 milioni e 600 mila ai 7 milioni e 600 mila le coppie nel continente europeo. A nidificare sul territorio dell’Unione è dunque il 26-28% della popolazione europea e il 5-24% di quella globale.

In Italia la popolazione, generalmente stabile, è compresa tra le 200 mila e le 400 mila coppie, figurando tra le più importanti dell’Unione europea, pari a circa il 19-21% (e 5-6% di quella continentale). Rilevante quindi risulta il peso dell’Italia per la conservazione della specie, soprattutto in Europa occidentale. Nonostante una relativa stabilità, preoccupano i decrementi che sono stati rilevati in Pianura Padana e in generale nel nord Italia, compresi casi localizzati di estinzione.

Una tendenza negativa viene confermata dall’analisi della frequenza di alcuni dei principali siti riproduttivi al Nord. Quello piemontese, ad esempio, dove si stima una presenza tra le 40 e le 100 coppie, ma dove, almeno per quanto riguarda la provincia di Cuneo, le ultime presenze in periodo riproduttivo risalgono agli anni Ottanta. In calo inoltre la densità nella pianura bresciana (passata da 1,7 coppie per chilometro quadrato alla fine degli anni Sessanta a 1,1 sul finire dei Settanta, per scendere a 0,6 al termine degli Ottanta). Non va meglio nel Varesotto dove, nel giro di vent’anni, l’areale si è notevolmente ridotto e la presenza della Cappellaccia nel futuro appare incerta. Nel Vicentino, dove era abbastanza diffusa nel corso degli anni Sessanta, oggi sopravvivono poche decine di coppie che si sono ritirate lungo il Brenta e nella bassa pianura.