CODIBUGNOLO - Uccelli da proteggere

Vai ai contenuti principali
Uccelli da proteggere
 
Specie protette dalla Direttiva UccelliSpecie protette dalla Direttiva Uccelli
Specie particolarmente protette dalla Direttiva UccelliSpecie particolarmente protette dalla Direttiva Uccelli
 

Specie protette dalla Direttiva UccelliCODIBUGNOLO

NOME SCIENTIFICO: Aegithalos caudatus
 

Ben riconoscibile per la sua lunghissima coda, il Codibugnolo è tutt’altro che una specie solitaria, sia verso i propri simili sia verso le altre specie: in inverno, infatti, essendo strettamente imparentato con le cince, lo si può vedere muoversi tra gli alberi in gruppi “misti”. Durante la stagione riproduttiva, invece, le coppie si aiutano l’un l’altra a costruire l’elaboratissimo nido e, se una coppia perde la propria nidiata, si reca immediatamente presso il nido dei ‘parenti’ per dare una mano nella cura dei loro pulcini…

Minacce

Oltre agli inverni rigidi, che possono determinare elevati tassi di mortalità, le principali minacce per il Codibugnolo sono rappresentate dai disboscamenti e dalla rimozione delle siepi e della vegetazione arbustiva di sottobosco. Tali interventi possono infatti alterare sensibilmente l’habitat riproduttivo. La stessa differente composizione dello strato arbustivo può influire in modo significativo sulla densità (è il caso riscontrato tra le vicine aree di Parco Migliarino, San Rossore, Massaciuccoli).

Per il resto, la specie è estremamente adattabile ad habitat differenti, ove però non raggiunge mai densità elevate (per esempio, in Provincia di Varese, non si superano le 2,55 coppie ogni 10 ettari in boschi igrofili, 0,55 coppie per kmq nello Spezino, 4 coppie ogni 10 ettari in provincia di Parma). A scala nazionale risente della non omogenea distribuzione di ambienti boschivi idonei – il che spiega la totale assenza della specie da alcune aree o la sua presenza discontinua – mentre anche fattori meteoclimatici possono rappresentare causa di forti fluttuazioni (è questo il caso, ad esempio, della popolazione lombarda, pure in incremento medio del 7,3% l’anno tra il 1992 e il 2007).

I fallimenti riproduttivi sono comunque molto numerosi, dovuti ai predatori o ad avverse condizioni ambientali. In Germania, ad esempio, le perdite principali sono causate da predazione, soprattutto da parte di Ghiandaia, Scoiattolo e altri mammiferi. In Italia i dati disponibili restituiscono una produttività variabile tra 4,3 e oltre 6 giovani per nido, con un tasso d’involo di poco inferiore al 70%. 

Ben diffusa nella regione alpina e continentale – eccezion fatta per le Alpi orientali, per cause probabilmente dovute all’altitudine – la specie mostra una presenza più discontinua nel resto della Penisola. Insoddisfacente è anche il successo riproduttivo rilevato in alcune popolazioni appenniniche grazie a rilevazioni condotte, su base trentennale, nell’Appennino umbro-marchigiano: qui ben l’82,9% delle riproduzioni hanno avuto, in media, esito negativo, mentre il successo riproduttivo è calato dal 21% del 1971-1980 ad appena il 6% del 1991-2000.