GHIANDAIA MARINA - Uccelli da proteggere

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Uccelli da proteggere
 
Specie protette dalla Direttiva UccelliSpecie protette dalla Direttiva Uccelli
Specie particolarmente protette dalla Direttiva UccelliSpecie particolarmente protette dalla Direttiva Uccelli
 

Specie particolarmente protette dalla Direttiva UccelliGHIANDAIA MARINA

NOME SCIENTIFICO: Coracias garrulus
 

Le calde estati della bassa toscana, ma anche il torrido sole che sferza gli uliveti pugliesi. Fino al clima tipicamente mediterraneo di sassarese e agrigentino. Questi gli habitat preferiti in cui le ghiandaie marine costruiscono il nido. Il loro arrivo coincide di solito con l’inizio della primavera, dopo un lungo inverno trascorso nei quartieri africani di svernamento. Già a trenta giorni dalla schiusa questo uccello si presenta nel classico e inconfondibile piumaggio turchese…

Minacce

Come si spiegano spostamento di areale e fluttuazioni locali? Una possibile spiegazione è individuabile nel riscaldamento climatico, che ha reso parzialmente ospitali aree in precedenza evitate dalla specie. In attesa di studi più approfonditi da questo punto di vista, si rileva comunque un notevole incremento del contingente nidificante tra Veneto ed Emilia-Romagna, mentre in buona parte dell’Italia centrale si registrano fluttuazioni nella maggior parte dei casi orientate al decremento.

Dal punto di vista ecologico, la Ghiandaia marina necessita di estati calde, evitando sia quote elevate sia zone a clima oceanico. Allo stesso modo, evita deserti o praterie prive di vegetazione. Pur non essendo particolarmente legato alla presenza di acqua, frequenta volentieri boschi posti in prossimità di corsi d’acqua o aree umide, e risponde adeguatamente alla posa di cassette nido.

La Ghiandaia marina pare evitare, poi, le colture cerealicole per spingersi più spesso in uliveti e aree irrigate, anche se l’irrigazione costituisce frequente causa di mortalità per i pulcini. Molto probabilmente, a fare la differenza rispetto alle numerose fluttuazioni locali registrate nell’Italia centrale è il degrado dell’habitat dovuto alla diffusione dell’agricoltura intensiva, un fattore certamente più impattante rispetto alla scarsa disponibilità di prede.

Pur nidificando occasionalmente in strutture di origine antropica – per esempio, in Emilia-Romagna, le torrette di media e bassa tensione – la specie ha sofferto molto per il drastico declino di siti idonei alla costruzione del nido, frutteti estensivi, seminativi non irrigui, querceti radi e pinete con radure, praterie inframmezzate da boschi. L’intensificazione delle pratiche agricole è stata di per sé una causa di minaccia per la specie, con impatto negativo sulla disponibilità di siti idonei.