GUFO COMUNE - Uccelli da proteggere

Vai ai contenuti principali
Uccelli da proteggere
 
Specie protette dalla Direttiva UccelliSpecie protette dalla Direttiva Uccelli
Specie particolarmente protette dalla Direttiva UccelliSpecie particolarmente protette dalla Direttiva Uccelli
 

Specie protette dalla Direttiva UccelliGUFO COMUNE

NOME SCIENTIFICO: Asio otus
 

Il Gufo comune non può muovere gli occhi: in compenso, però, riesce a ruotare la testa di ben 270°. Durante l’inverno, questo interessante rapace notturno si riunisce, di giorno, su alberi usati come posatoi, probabilmente per assicurarsi protezione reciproca, e, da qui, prende il volo per cacciare, quando cala il buio. All’inizio della primavera, poi, le colonie si disperdono, per formare le coppie e nidificare. Nella tradizione fiabesca e nel mondo dell’animazione il Gufo è quasi sempre rappresentato come un animale saggio ed erudito, che diffonde la sua cultura a tutta la comunità animale – e talvolta umana – con cui entra in contatto; al tempo stesso, viene rappresentato come un essere dal carattere molto pignolo e permaloso. Secondo una leggenda popolare nord-europea, il Gufo era considerato l’uccello portafortuna delle principesse discendenti da una misteriosa dinastia detta “Clementinum”, insediatasi in Scandinavia intorno al 340 d.C. dal Mediterraneo…

 

Ordine: Strigiformes   Famiglia: Strigidae

Apertura alare sino a 96 centimetri, per 34 centimetri di lunghezza e oltre 250 grammi di peso, fanno del Gufo comune un rapace notturno di medie dimensioni. Caccia – esclusivamente di notte – una grande varietà di piccoli animali, topi, toporagni, talpe, scoiattoli, ratti, insetti e uccelli. Durante il giorno, dorme nelle cavità degli alberi o nei vecchi ruderi, perfettamente mimetizzato grazie alla livrea di colore bruno macchiettato.

Testa, collo e parti superiori delle ali mostrano, infatti, una colorazione fulvo-marroncino con macchiettature più scure che rendono nel complesso il suo aspetto piuttosto mimetico. Le parti inferiori e i fianchi variano da sfumature giallo-ocra al castano chiaro con strie e barre nerastre, che contrastano notevolmente con le parti dorsali più scure. Di notte, è possibile distinguere un Gufo comune in volo proprio dal candore della parte inferiore delle ali in cui sono evidenti delle semilune carpali nere. I due sessi sono simili e la specie è anche facilmente riconoscibile per i tipici “ciuffi” che presenta sulle orecchie.

La specie è ampiamente distribuita in Europa, dalle zone temperate a quelle boreali, dal Mediterraneo alle steppe asiatiche, dalla Penisola Iberica alla Russia. In Italia è parzialmente sedentario e nidificante, migratore regolare e svernante.

Come tutti i rapaci notturni, il Gufo comune ha gli occhi in posizione frontale all’interno di due dischi facciali divisi da un “V” centrale, bordata di bianco, che separa i due bulbi oculari giallo-arancioni. Frequenta zone boscate intervallate da radure o aree coltivate aperte. Nelle ore notturne, si spinge anche fino a campi coltivati e praterie, mentre durante il giorno resta a lungo immobile, mimetizzato nel fitto della vegetazione arborea. Spesso è facile osservarlo ai margini di una strada posato su cartelli stradali o bassi muretti, pronto a lanciarsi rapido e furtivo su una nuova preda.

Nidifica sugli alberi in vecchi nidi di altri uccelli, occasionalmente sul terreno. Tra marzo e maggio la femmina depone 3-5 uova, che cova per 25-30 giorni. A circa 2 mesi dalla schiusa i giovani diventano indipendenti. Di solito è esclusivamente la femmina ad occuparsi della cova e, in questo periodo, viene nutrita dal maschio. In annate particolarmente favorevoli le coppie possono portare a termine sino a due covate.

Prospettive

Informazioni sufficienti sono disponibili per quanto riguarda la distribuzione, l’ecologia e lo spettro alimentare del Gufo comune nell’Italia centro-settentrionale, ma mancano dati quantitativi e stime di popolazione accurate su diverse aree del Mezzogiorno, e in particolare Calabria, Campania e Basilicata. A livello nazionale, sarebbe quindi necessario promuovere più studi a medio termine per valutare, su una scala sufficientemente ampia, i principali parametri riproduttivi e demografici della specie.

Le difficoltà di censimento, dovute soprattutto alle abitudini notturne e al suo comportamento elusivo, portano molto verosimilmente a una sottostima dell’effettiva consistenza delle popolazioni. Sulla base dei valori di densità riportati, si propone un Valore di Riferimento Favorevole (FRV) pari a 1,5 coppie per kmq. Tuttavia, questo valore può essere superato dove la specie viene favorita da interventi mirati – ad esempio tramite la posa di cassette nido, come in provincia di Alessandria dove si sono raggiunte densità pari a 1,8 coppie per kmq) oppure in contesti particolarmente idonei (ad esempio sulla Majella, anche fino a 3,65 coppie per kmq).

Nel complesso, per diminuire la mortalità riscontrata andrebbero messe in atto azioni mirate per limitare l’impatto di infrastrutture di origine antropica quali cavi sospesi, vetrate, ecc. Nel corso di tagli forestali, andrebbero ad esempio evitati i pericolosi fili a sbalzo sostituendoli con l’impiego di gru a cavo meno impattanti. In ambito planiziale e agricolo, andrebbe poi rivolta maggiore attenzione nella pianificazione territoriale e infrastrutturale prevedendo azioni finalizzate al mantenimento, o al ripristino, di ambienti diversificati dal punto di vista ecologico.

In Pianura Padana, poi, occorre prevedere a scala di paesaggio la costituzione di una più fitta rete di aree verdi in connessione con gli ambienti ripariali delle principali aste fluviali. Vantaggi a scala locale potrebbero inoltre dipendere dal mantenimento degli alberi che ospitano nidi di Corvidi e dalla posa di cassette nido. Ulteriori benefici per la specie potrebbero derivare dall’incentivo a produzioni agricole che prevedano la lotta integrata o l’assenza di trattamenti, promuovendo il mantenimento di forme tradizionali di pascolo estensivo e agricoltura a basso grado di meccanizzazione. Occorre, infine, tutelare i dormitori invernali da forme di disturbo antropico preservando gli alberi utilizzati.

Minacce

Nel nostro Paese il Gufo comune è presente in tutte e tre le principali regioni biogeografiche, alpina, continentale e mediterranea. Le informazioni sui fattori limitanti la sua presenza sono scarse. Tra i fattori di rischio, si trovano invece certamente elettrocuzione, impatto contro cavi sospesi e recinzioni, abbattimenti illegali in periodo di caccia.

Storicamente, le campagne di controllo delle popolazioni di arvicole condotte negli anni Settanta con potenti topicidi, hanno probabilmente avuto effetti negativi su questa ed altre specie predatrici: questo fattore di rischio, anche se meno impattante rispetto al passato, è a tutt’oggi ancora presente soprattutto in ambienti rurali coltivati a frutteto.

Più gravi rispetto ad altre specie di Strigiformi appaiono, poi, le perdite dovute al traffico veicolare: su 800 strigiformi raccolti sulle strade italiane, nel periodo 1990-2000, il 13,5% apparteneva a questa specie. Disturbo antropico e distruzione dei siti riproduttivi, alterazione degli habitat di nidificazione e caccia, sono gli altri fattori – insieme alle minacce sopra riportate – che possono inficiare il successo riproduttivo.

Per l’Italia, i valori riportati sono pari a 2,3 giovani involati per nido. In provincia di Parma, in 34 nidi sono state conteggiate 4 uova in circa i due terzi dei casi, 3 uova in un caso su cinque, mentre percentuali inferiori al 10% riguardano le covate con 2 o 5 uova. Nella Riserva del Litorale Romano, da 3 nidificazioni è stato riscontrato l’involo di 9 giovani in totale, per una media di 3 giovani per coppia.

Stato di salute

La specie, attualmente, presenta uno stato di conservazione favorevole in tutto il continente europeo. La popolazione è oggi considerata stabile, nonostante alcuni declini registrati in pochi Paesi nel periodo 1990-2000. Molte popolazioni, incluse quelle chiave di Russia e Romania, sono stabili e si stima la presenza di oltre 380.000 coppie a livello continentale.

La popolazione italiana dovrebbe attestarsi sulle 6.000-12.000 coppie, pari a non più del 2,6% della popolazione europea complessiva. Va tuttavia sottolineato come il nostro Paese rappresenti un’importantissima area di svernamento per la specie, che si spinge fino alle coste del Nord Africa nel corso dell’inverno. Mediamente, per l’Italia, viene stimata una popolazione invernale della specie pari a 15.000-20.000 individui.

Dal punto di vista numerico, la popolazione nidificante viene considerata in incremento nella maggior parte delle aree di presenza – concentrate essenzialmente tra Pianura Padana, Alpi e Prealpi, Appennino centrale e Salento – e soggetta a fluttuazione locale con espansione di areale e occupazione di numerosi centri urbani. Le densità registrate lo fanno ritenere specie stabile nella regione alpina e localmente in aumento in quella continentale, ove predilige formazioni boschive a diverso grado di copertura e composizione, boschi misti prossimi ad aree aperte, canali, fiumi e frutteti.

Gli studi su movimenti e migrazione evidenziano come alcune popolazioni settentrionali siano solite migrare durante l’inverno verso le nostre latitudini, ritornando nella loro abituale zona di diffusione la primavera successiva. Le numerose località di inanellamento sono distribuite soprattutto nell’Italia continentale, in Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia. La massima parte delle ricatture origina da inanellamenti effettuati a breve distanza dai confini nazionali, soprattutto in Svizzera, Francia, Austria e Slovenia. Latitudini più settentrionali riguardano la Germania e, soprattutto, la Danimarca e la Russia Baltica. Le distanze percorse sono in genere modeste e rientrano nell’ambito dei 500-600 km, con poche eccezioni superiori ai 1.000 km dal sito di inanellamento.

Allo stato attuale, il Gufo comune è considerata specie a più basso rischio nella Lista Rossa Nazionale. Risulta, inoltre, specie particolarmente protetta in Italia ai sensi della legislazione venatoria (157/92).

Semaforo

L’elevata densità dei territori riproduttivi, registrata in numerose aree, delinea un quadro nazionale complessivamente stabile e localmente in aumento, come diretta conseguenza di una riduzione del bracconaggio e di un’aumentata disponibilità di siti riproduttivi (dovuta anche all’incremento della popolazione di Corvidi, e relativi nidi, in ampie fasce di pianura). Ciononostante, la specie resta esposta alle trasformazioni ambientali permanenti legate allo sfruttamento del territorio, come l’urbanizzazione crescente in contesti agricoli planiziali, lo sfruttamento intensivo dei boschi, la costruzione di infrastrutture.

Fattore Stato di salute Stato di conservazione
Range* In stabilità/incremento Favorevole
Popolazione Stabile, localmente in aumento Favorevole
Habitat della specie Stabile/in aumento Favorevole
Complessivo   Favorevole

*Variazione della popolazione negli anni

Canto

Oramai ospite abituale di molti contesti planiziali, alpini ed appenninici, il Gufo comune si distingue per il richiamo dal timbro grave, simile a un profondo ululato, emesso in prevalenza dal maschio.