LUCHERINO
NOME SCIENTIFICO: Carduelis spinusNon è raro osservarlo mentre se ne sta a testa in giù, mostrando straordinarie doti di equilibrio grazie alle zampe prensili, che servono d’ausilio alla specie anche per afferrare i semi di cui si nutre. Per il Lucherino, il nostro Paese rappresenta un vero e proprio crocevia nelle rotte migratorie europee. Di norma piuttosto longevo – può raggiungere, e talvolta superare, i 10 anni di vita – si caratterizza anche per la grande capacità di adattamento, che lo ha reso una specie molto richiesta dagli allevatori di uccelli e quindi oggetto di campagne di cattura, dato anche il fatto che si tratta di una delle poche specie di uccelli selvatici del genere Carduelis che riesce a riprodursi in cattività…
Ordine: Passeriformes Famiglia: Fringillidae
Lungo circa 10-12 centimetri, può pesare fino a 14 grammi per un’apertura alare che non supera i 20 centimetri. I due sessi si distinguono facilmente: il maschio si presenta infatti con la fronte, la calotta e il sottogola di colore nero, elementi che risultano del tutto assenti nella femmina. Altro segno distintivo è il pigmento giallo della livrea, anch’esso maggiormente evidente nei maschi. I giovani sono simili alle femmine e assumono, a muta ultimata, la tipica livrea dell’adulto.
Il Lucherino è diffuso in tutta Europa, ad eccezione delle estreme regioni del nord di Scandinavia e Islanda. Durante la stagione fredda, si trasferisce in Africa settentrionale, ma anche in Europa meridionale e Medio Oriente. In Italia è nidificante localizzato, con popolazioni per lo più sedentarie, mentre come svernante risulta particolarmente diffuso e abbondante, talvolta con vere e proprie “invasioni”.
Come tutti gli uccelli granivori, il Lucherino si nutre di semi, con particolare preferenza per i semi oleosi, mentre i pulcini sono alimentati da entrambi i genitori a base di residui vegetali e piccoli insetti. Nidifica in foreste sia di pianura sia di montagna, di conifere o miste, nelle fasce boreale e temperata, occupando formazioni forestali anche tra loro molto diverse, con una spiccata preferenza per le conifere.
La riproduzione inizia ad aprile, quando vengono deposte da 3 a 5 uova, con un massimo di 6 o – eccezionalmente – anche di più. Solo la femmina si occupa della cova: l’incubazione dura circa 12 giorni. Una volta nati, i pulcini sono alimentati da entrambi i genitori, e sono in grado di volare autonomamente intorno al 25° giorno di vita.
I pochi dati disponibili per l’Italia a scala biogeografica evidenziano presenze scarse e soggette a fluttuazioni anche evidenti. Come in Lombardia, dove si stimano 400-800 coppie, con trend sconosciuto. Ancora meno nota è la situazione della specie in Appennino centrale e settentrionale (sole 3 coppie accertate sull’Appennino parmense).
In generale, la specie risulta quindi poco studiata, e si renderebbero quindi necessarie indagini approfondite per accrescere le conoscenze relative a ecologia, biologia riproduttiva e dinamica di popolazione. Stante la mancanza di dati sulla densità in ambito alpino e sui parametri riproduttivi e demografici, non è dunque possibile calcolare un Valore di Riferimento Favorevole (FRV) per le Alpi (basato su valori di densità), né per il nucleo appenninico (basato su tecniche di PVA).
Abbastanza evidente appare, in ogni caso, la dipendenza della piccola popolazione nidificante dalle foreste di conifere, e le fluttuazioni riscontrate sono da mettere largamente in relazione agli andamenti meteoclimatici tali da favorirne o sfavorirne la fioritura. Del pari importante appare mantenere formazioni boschive sufficienti e in buono stato soprattutto nelle aree di presenza accertata della specie.
Da approfondire mediante indagini mirate è l’incidenza a fini conservazionistici – rispetto alla popolazione complessiva dell’Unione europea – del più numeroso contingente svernante. A parte questo, non risulta ad oggi possibile fornire ulteriori indicazioni specifiche per la conservazione della specie il cui trend e prospettive risultano, nel nostro Paese, in gran parte sconosciuti.
La popolazione italiana nidificante appare soggetta a marcate fluttuazioni. Come altre specie legate alla “fioritura” delle conifere, anche la sua distribuzione appare molto variabile e discontinua. Un fenomeno rilevabile su tutto l’arco alpino e da mettere in relazione, oltre alla dipendenza trofica dalle conifere – peccio in primis – anche alla posizione marginale del nostro Paese rispetto all’areale principale. Risulta comunque più comune e diffuso sui settori orientali e centrali delle Alpi rispetto a quelli occidentali.
A parte queste evidenze, non sono note particolari minacce per la specie, né è al momento possibile, sulla base dei dati a disposizione, individuare i fattori più importanti per la sua conservazione in Italia. Molto probabilmente, l’eliminazione dei boschetti e delle fasce ripariali ad ontano comporta una riduzione della disponibilità di habitat – e quindi di cibo – per la specie in inverno.
Per quel che riguarda i fattori influenzanti l’esito della riproduzione si registra un alto successo delle covate in anni con buona produzione di semi di conifere, a fronte di un’elevata percentuale di fallimenti – fino anche a totale perdita delle covate – in anni “poveri”. Le uova, poi, sono soggette al rischio di predazione, in particolare da parte di Scoiattolo e Sparviere.
Attualmente classificato come sicuro nell’Unione europea, presenta uno stato di conservazione favorevole anche a livello continentale. Nel complesso, si registra stabilità della popolazione nidificante nell’Unione europea nel periodo 1970-1990, seguita da moderato incremento nel periodo 1990-2000.
La popolazione dell’Ue è stimata in 2.100.000-3.700.000 coppie. Il 21-26% della popolazione continentale della specie e una frazione compresa tra il 5% e il 24% di quella globale nidificano all’interno dei territori dell’Europa a 27. La popolazione italiana è stimata in 4mila-15mila coppie, apparentemente stabili.
Il contingente nidificante non è significativo a livello europeo, mentre più rilevante – anche se mancano dati sufficienti per valutarne l’importanza a fini conservazionistici – appare la popolazione svernante. L’Italia rappresenta in ogni caso un importante crocevia per le rotte di migrazione del Lucherino in Europa.
In base ai dati sugli inanellamenti, è stato osservato come il nostro Paese veda il passaggio di numerosi individui provenienti dalle alte latitudini scandinave di Finlandia centrale, Svezia meridionale e Norvegia, fino a soggetti marcati in Spagna e Portogallo e, a est, in aree continentali della Russia centrale. In Italia le ricatture si distribuiscono soprattutto nelle regioni centro-settentrionali. Gli spostamenti ricadono soprattutto nell’ambito dei 1.000-1.500 km di percorrenza, ma sono state accertate anche distanze fino ai 2.500 km rispetto alle località di ricattura italiane.
Non è stato redatto, ad oggi, un Piano d’Azione Internazionale o Nazionale sulla specie. Il Lucherino è considerato specie vulnerabile nella Lista Rossa Nazionale. Risulta, inoltre, protetto in Italia ai sensi della legislazione venatoria (157/92).
Ridotta e localizzata come nidificante, la specie risulta più diffusa e abbondante come svernante. L’Italia rappresenta anche un crocevia importante per le popolazioni in migrazione. Stante la mancanza di dati sufficienti, non risulta comunque possibile formulare valutazioni accurate sul reale stato di salute della specie nel nostro Paese.
Fattore |
Stato |
Stato di conservazione |
Range* |
Probabilmente stabile |
Inadeguato |
Popolazione |
Variazioni sconosciute |
Sconosciuto |
Habitat |
Variazioni sconosciute |
Sconosciuto |
Complessivo |
|
Sconosciuto |
*Variazione della popolazione negli anni
Più che un vero e proprio canto, i Lucherini emettono una sorta di sibilo rullato, intenso e a tratti penetrante, comunque quanto di più lontano dai più “classici” gorgheggi e cinguettii tipici del richiamo di altre specie del Genere Carduelis.