SUCCIACAPRE - Uccelli da proteggere

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Uccelli da proteggere
 
Specie protette dalla Direttiva UccelliSpecie protette dalla Direttiva Uccelli
Specie particolarmente protette dalla Direttiva UccelliSpecie particolarmente protette dalla Direttiva Uccelli
 

Specie particolarmente protette dalla Direttiva UccelliSUCCIACAPRE

NOME SCIENTIFICO: Caprimulgus europaeus
 

Protagonista della tradizione popolare – che addirittura gli ha talvolta attribuito il potere di transitare le anime nell’aldilà – il Succiacapre è un uccello notturno. Sono probabilmente dovute a questo – unite a un canto particolarmente penetrante e insistente – le leggende sul conto di questo uccello, che per la verità deve il proprio nome italiano ai pastori i quali, vedendolo posato in mezzo al gregge – intento a cacciare i numerosi insetti che circondano gli escrementi – credevano che succhiasse il latte delle capre.

 

Ordine: Caprimulgiformes  Famiglia: Caprimulgidae

Una specie di Caronte dantesco secondo alcune leggende nordamericane, “vampiro” secondo altre tradizioni più nostrane, il Succiacapre è in realtà un uccello notturno che si nutre prevalentemente di insetti. La preda viene di solito catturata in volo, alternando metodi diversi di caccia aerea e fermandosi talvolta in volo “immobile”, mettendo in atto il cosiddetto “Spirito Santo”.

Ampiamente diffuso nell’Unione Europea, che ospita da un quarto alla metà della popolazione globale della specie – un dato che potrebbe arrivare a tre quarti includendo anche le zone continentali extra Ue – il Succiacapre risulta distribuito in modo piuttosto omogeneo anche in Italia, dalle Prealpi fino alle due isole maggiori.

Testa importante e becco molto largo – abilissimo nel catturare la preda – sono le caratteristiche distintive di questo uccello, caratterizzato da un piumaggio grigiastro con varie striature più chiare e più scure. La cova di solito consiste in non più di 2 uova, deposte una volta l’anno a terra, e covate per circa 18 giorni.

Grande cacciatore d’insetti, ha subito il destino di altre specie europee legate a questo tipo di prede, localmente diminuite o quasi scomparse in conseguenza prima dell’uso, poi dell’abuso di pesticidi. Tendenzialmente migratore, sverna sulle coste africane, mentre trascorre in Italia il periodo compreso tra marzo e settembre.

Prospettive

Il mantenimento di aree con vegetazione arborea rada deve essere considerato un elemento primario per la conservazione del Succiacapre. Anche i boschi artificiali costituiscono una valida alternativa, purché le piante siano opportunamente distanziate e ciclicamente tagliate, in quanto la specie evita accuratamente le aree con vegetazione troppo fitta.

Le stesse superfici aperte devono essere grandi almeno 0,7 ettari – secondo studi effettuati ad esempio nella vicina Austria – per costituire un idoneo terreno di caccia, mentre altrove (per esempio in Inghilterra) è stato osservato come l’urbanizzazione abbia conseguenze fortemente negative sulla presenza della specie, la quale risente invece positivamente di una buona disponibilità di boschi intorno alla brughiera. Alle nostre latitudini, è stato osservato come in area alpina il Succiacapre preferisca boschi di querce a pinete e vigneti, probabilmente a causa della scarsa disponibilità di falene che si trova in questi ultimi, e della vegetazione della pineta certamente troppo fitta.

L’alta densità di falene – principale alimento tra gli insetti – costituisce probabilmente un fattore determinante al pari della disponibilità di habitat idoneo. Interrompere il declino della specie e garantire la conservazione di popolazioni consistenti su aree relativamente estese deve essere l’obiettivo immediato da perseguire per una popolazione in continuo decremento in termini di consistenza numerica e areale distributivo.

A livello locale, in ambienti particolarmente idonei, è stata stimata una densità ottimale in 20-30 coppie per 100 ettari, almeno 5 coppie in ambienti a mosaico meno idonei. Lo stesso valore può essere adottato a scala di comprensorio, in ambienti particolarmente favorevoli, mentre in habitat meno idonei la densità del Succiacapre non dovrebbe comunque scendere al di sotto di una coppia per km quadrato. Tali soglie possono essere trattate come Valori di Riferimento Favorevole (FRV) per la specie per la conservazione di popolazioni stabili, specialmente in singole aree protette o singoli settori regionali ad elevato – o comunque accettabile – grado di idoneità ambientale.

Minacce

Nei siti dove sono stati effettuati interventi mirati di sfalcio è stato riscontrato un aumento importante e un’espansione territoriale della specie, che comunque non ha invertito il trend generale orientato al decremento. Quello che emerge è comunque la forte dipendenza della specie da quel “mosaico ambientale” in cui ambienti aperti si alternano a piccole aree boscate, un tempo tipico delle zone soggette a pascolo o agricoltura estensiva.

L’abbandono delle aree agricole tradizionali di tipo estensivo – che offrivano un “mosaico ambientale idoneo alla specie – così come la conversione delle stesse ad agricoltura intensiva, hanno avuto e hanno un effetto deleterio sulla presenza della specie. Sempre più raro e degradato, l’habitat “semi-aperto” necessario per il Succiacapre è stato ulteriormente minacciato dallo sviluppo urbano, che ha reso incompatibile la convivenza di questo specie con l’uomo.

I boschi radi, le macchie arboree-arbustive, le radure nei boschi, le brughiere e le aree steppiche con alberi e cespugli sparsi appaiono fondamentali per il completamento del ciclo riproduttivo della specie. La perdita di questi ambienti, unita all’abuso di pesticidi nelle aree agricole – che ha causato una drastica diminuzione della disponibilità di insetti, prede principali per questa specie – ha progressivamente ridotto l’habitat idoneo per il Succiacapre, che si trova ora confinato in quelle aree di media collina che offrono, seppure limitatamente, questo tipo di ambienti misti.

Particolarmente complesse appaiono infatti le esigenze ecologiche del Succicapre che soffre l’agricoltura intensiva come l’eccessivo disturbo antropico, ma non tollera le aree con vegetazione troppo densa e alta. Anche la capacità del suolo di assorbire e rilasciare il calore fornito dalla radiazione solare è stato riportato da alcuni studi come fattore critico in grado di condizionare la distribuzione e la densità della specie.

Stato di salute

Il declino del Succiacapre nell’intero continente europeo – con particolare riguardo all’Europa nord-occidentale – è proseguito per la maggior parte del Novecento. Ancora tra il 1970 e il 1990 la specie veniva considerata in largo declino in tutta l’Unione Europea, mentre la popolazione attuale stimata non supera le 190-400mila coppie, pari a circa il 40% della popolazione continentale complessiva, che potrebbe raggiungere il milione di coppie.

Se si pensa che l’Europa continentale ospita da sola oltre la metà della popolazione globale della specie, emerge il ruolo chiave del nostro continente nella conservazione del Succiacapre. Una priorità che riguarda anche l’Italia, dove nidificano complessivamente dalle 8 alle 20mila coppie – 10-30mila secondo altre stime – in calo tra il 1990 e il 2000.

Attualmente considerata in stato di conservazione sfavorevole nell’intera Europa, la specie è tutelata dalla Direttiva Uccelli e particolarmente protetta, in Italia, dalla legislazione venatoria. Al contingente nidificante, pari al 2-11% della popolazione “comunitaria” complessiva, si aggiunge un vasto passaggio di individui migratori che a settembre scelgono il nostro Paese quale “porta” dell’Africa, dove questa specie trascorrerà l’inverno.

Il declino registrato negli ultimi anni del Novecento non ha modificato di molto l’areale distributivo della specie, fatta eccezione per una contrazione delle aree di presenza nella Pianura Padana (contrazione che peraltro prosegue fin dagli anni Cinquanta). Certo è che la specie era un tempo molto probabilmente più diffusa. In linea generale, si è notato l’abbandono da parte della specie delle quote pianeggianti e di bassa collina, per ritirarsi a quote medie e meno soggette a interferenza antropica.

Semaforo

In largo declino da decenni, la popolazione di Succiacapre ha sofferto l’abbandono delle pratiche agricole tradizionali, sostituite da pratiche intensive o – ancor peggio – dalle aree urbane. Questo ha causato la drastica riduzione di quell’habitat “a mosaico”, dove ambienti aperti si alternano ad aree boscate, invece fondamentale per questa specie e attualmente una delle tipologie ambientali che risulta maggiormente minacciata a livello nazionale. Per questo, in assenza di interventi specifici per la salvaguardia delle popolazioni e dei relativi habitat, è difficile prevedere un’inversione di tendenza, con il giudizio complessivo sullo stato di conservazione del Succiacapre in Italia che risulta attualmente complessivamente cattivo.

Fattore Stato di salute Stato di conservazione
Range* in contrazione inadeguato
Popolazione in calo cattivo
Habitat della specie in declino inadeguato
Complessivo   cattivo

*Variazione della popolazione negli anni

Canto

Il Succiacapre è in grado di cantare per ore, quasi ininterrottamente, dal crepuscolo all’alba. Un crepitio che ricorda molto da vicino il rumore emesso da un piccolo motore, eppure estremamente variabile a seconda del grado di “eccitazione” del singolo esemplare. Suoni particolarmente importanti sono emessi durante la fase di caccia, quando il canto del Succiacapre si mescola con il profondo e imponente battito d’ali.