

AIRONE GUARDABUOI
NOME SCIENTIFICO: Babulcus ibis
Piumaggio candido e becco giallo: l’Airone guardabuoi si può avvistare nei pressi di tranquille mandrie al pascolo. Questo Airone si nutre infatti di cavallette, coleotteri e lucertole che tipicamente “accompagnano” gli animali mentre questi si muovono lentamente sul terreno erboso. Può capitare anche di vederlo appollaiato sopra i bovini stessi. Niente paura, non è un attacco ma uno scambio di favori. Questa specie, infatti, nutrendosi di piccoli parassiti come zecche e mosche emofaghe, porta molti benefici ai ruminanti. Offrendo buon cibo, i bovini ricevono in cambio un segnale di allarme in caso di pericolo: da qui il nome di “Airone guardabuoi”…
Prospettive
La specie ha colonizzato l’Italia in tempi relativamente recenti e per questo motivo non è possibile formulare un Valore di Riferimento Favorevole (FRV). L’Airone guardabuoi ha mostrato una vasta espansione di areale, negli ultimi decenni, accompagnata dall’aumento del contingente nidificante e svernante.
Una situazione nel complesso favorevole, a livello di trend, che riguarda sia l’Italia sia l’intero continente europeo. Fluttuazioni della specie a livello locale sono di solito strettamente correlate al verificarsi di inverni particolarmente rigidi. Considerando l’incremento demografico su più anni, è comunque ipotizzabile una buona persistenza della specie nel medio-lungo periodo.
Un possibile fattore di rischio è rappresentato dalla concentrazione delle popolazioni. Per favorire la conservazione dell’Airone guardabuoi è necessario agevolare la crescita di popolazioni autosufficienti anche nelle aree di minor addensamento, tutelando i siti riproduttivi e favorendo una corretta gestione delle aree di nidificazione e sosta.
Attualmente la specie è nel complesso ben monitorata e studiata nel nostro Paese, studi che andrebbero proseguiti per raccogliere ulteriori dati su successo riproduttivo e mortalità. Specialmente in alcune aree, è auspicabile una gestione del territorio che tuteli le pratiche agricole tradizionali e soprattutto il pascolo “naturale” di erbivori, quali equini o ovini, sul prato stabile, dato il legame “simbiotico” che unisce la specie a questi mammiferi.