ASSIOLO
NOME SCIENTIFICO: Otus scopsDa “L’assiuolo” di Pascoli, dove il poeta ne ricorda, alla fine di ogni strofa, il tipico “chiù”, al compagno di Ron Weasley nella saga Harry Potter, questa specie trova ampio spazio nella letteratura e nel cinema. Nella realtà, l’Assiolo ama la solitudine – al limite la compagnia di pochi simili – e la vita notturna: poco dopo il tramonto, la specie si “risveglia” dal torpore diurno per iniziare la caccia, che perdura tutta la notte, fatta eccezione per una breve pausa. Quando si sente minacciato, l’Assiolo assume una tipica posizione “eretta”, mimetizzandosi tra la vegetazione e restando immobile anche per lungo tempo. Solo quando il potenziale nemico è abbastanza vicino, l’Assiolo spicca il volo, cambiando posatoio e riassumendo immediatamente la postura mimetica. In mancanza di vie di fuga, la specie mostra una varietà di atteggiamenti aggressivi, come soffiare, far battere il becco o sgranare gli occhi in modo asincrono, “preliminari” che possono sfociare in veri e propri attacchi diretti con artigli e becco…
Ordine: Strigiformes Famiglia: Strigidae
L’Assiolo è lungo appena 18-21 centimetri. Uno dei tratti distintivi sono i cornetti: se ripiegati, fanno sembrare lo Strigiforme piccolo, tarchiato e con la testa grande, rendendolo simile a una civetta; con le orecchie pelose pienamente rialzate, sembra invece magro, con la testa minuta, e più slanciato di quello che è in realtà. Dal portamento elegante, la specie sfoggia una livrea finemente vermicolata e macchiettata, color corteccia, che va dal grigio al marrone-castagna sotto le ali, con diverse chiazze bianche evidenti sul dorso. Gli occhi presentano un’iride color arancione tendente al giallo. Nella parte inferiore del corpo sono evidenti strie nere.
In Europa, la specie mostra un areale limitato essenzialmente alle regioni circummediterranee, dalla Spagna alla Grecia, fino alla Russia centro-meridionale e all’Africa settentrionale. Nei sei mesi dell’inverno europeo, l’Assiolo si trattiene nelle savane africane, ad eccezione delle popolazioni dell’Europa meridionale che mostrano un comportamento in gran parte stanziale. Di giorno, l’Assiolo si rifugia su grandi alberi. Di notte va a caccia, cibandosi soprattutto di insetti: cicale, cavallette e maggiolini sono fra le sue prede prevalenti, ma si nutre anche di lombrichi e – se pure solo occasionalmente – di piccoli uccelli, rospi, topi o altri piccoli mammiferi.
L’Assiolo predilige ambienti aperti, anche aridi, anche nelle vicinanze di case, cimiteri, talvolta parcheggi. Non occupa, al contrario, foreste chiuse. È una specie tipica di pianura e collina, nidificante molto localizzata a quote generalmente inferiori ai 500 metri sui versanti asciutti e soleggiati. L’altezza massima di nidificazione è stata osservata, intorno ai 700 metri, in alcune vallate alpine quali la Val Camonica e la Valtellina, ma in Trentino è stata registrata una nidificazione record a 1.550 metri in un nido precedentemente scavato da un Picchio cenerino.
Già maturi sessualmente all’età di 10 mesi, gli assioli nidificano soprattutto nelle cavità degli alberi, occasionalmente utilizzano anche anfratti di rupi ed edifici. Raramente – come dimostra il caso trentino – sono state osservate covate in vecchi nidi altrui. La femmina depone 3-5 uova, che cova per 25 giorni: in seguito, i pulcini vengono accuditi da entrambi i genitori, anche dopo l’involo, che in genere avviene a tre settimane dalla schiusa. Già a 40 giorni, i giovani sono capaci di cacciare autonomamente, ma per qualche tempo non si allontaneranno troppo dal nido.
Le località di inanellamento rilevate sono soprattutto distribuite nell’Italia settentrionale e centrale, nonché su una serie di isole tirreniche. Altre rilevanti segnalazioni originano dalle coste spagnole e francesi e da isole principali quali Baleari, Corsica e Malta. Un singolo dato riguarda un individuo proveniente dal Marocco nord-orientale.
Nel nostro Paese, la specie risulta una delle meno studiate tra gli Strigiformi. Scarse sono le informazioni disponibili sulla sua biologia riproduttiva, ma non sufficientemente approfondite appaiono anche le conoscenze sulle sue esigenze ecologiche – specialmente alimentari – e sulla reale consistenza delle popolazioni per le diverse regioni italiane.
Ciononostante, per gli ambienti più idonei delle bioregioni alpina e continentale – quali ambienti agricoli di buona qualità, diversificati e non sottoposti a colture intensive, sia in collina sia in pianura – è possibile proporre un Valore di Riferimento Favorevole (FRV) pari a 6 coppie per kmq su scala locale e, a scala di comprensorio, di 50 coppie per 100 kmq. Per gli ampi comprensori dell’area mediterranea ancora ben conservati, con ambienti rurali e agricoli non intensivi, la soglia proposta può essere elevata a 70 coppie per 100 kmq.
Vantaggi per la conservazione della specie possono derivare dal mantenimento e dalla piantumazione di filari arborei per la nidificazione e siepi che favoriscano l’abbondanza delle principali specie preda. Occorre inoltre incentivare la posa di cassette nido e promuovere la lotta integrata o un uso non eccessivo di pesticidi in agricoltura, anche tramite la sensibilizzazione degli agricoltori.
Per le aree planiziali e collinari del Nord Italia è essenziale mettere in campo una gestione integrata degli ambienti agricoli per favorire la conservazione degli elementi “tradizionali” del paesaggio – quali muretti a secco, porzioni a incolto, siepi – nonché favorire il mantenimento di fasce erbate lungo frutteti e vigneti. Effetti positivi potrebbero derivare, in particolare, dalla realizzazione – e dall’interconnessione – di reti ecologiche “funzionali” costituite da boschetti, filari arborei e siepi interpoderali. Importante per la specie è infine promuovere il mantenimento di forme tradizionali di pascolo estensivo e un’agricoltura a basso grado di meccanizzazione.
Tra i principali fattori di rischio per la specie vanno ricordati il disturbo antropico e la distruzione dei siti riproduttivi, l’alterazione degli habitat di nidificazione e caccia e, soprattutto, l’abbandono delle pratiche agricole tradizionali, l’uso di pesticidi e rodenticidi – e la conseguente diminuita disponibilità di specie preda – la distruzione di siti idonei ad ospitare il nido, come gli alberi che presentano cavità. Minacce a cui vanno aggiunti gli abbattimenti illegali, gli investimenti stradali e problematiche ambientali riscontrate nelle aree di svernamento.
Per quanto riguarda il nostro Paese, tra i fattori che hanno causato, storicamente, il declino della specie, va individuata la progressiva sostituzione delle coltivazioni di gelso impiegato per la bachicoltura con vigneti e pometi in Trentino, e con agricoltura intensiva in altri contesti planiziali del Nord Italia. Sono probabilmente tali modifiche negli ambienti agricoli di fondovalle, collina e pianura ad avere rappresentato, più di altre cause, un pesante fattore limitante per la specie.
Da rilevare anche la diminuzione – per le cause sopra ricordate – del successo riproduttivo che, ad esempio in provincia di Trento, tra il 2000 e il 2003, non ha superato gli 1,37 giovani involati per coppia territoriale (1,95 per coppia nidificante, 2 per le coppie di successo). È stato altresì osservato come, su un campione di 30 femmine, solo il 70% abbia deposto, il 67% con successo.
Il basso successo riproduttivo registrato in altre aree, come l’Oltrepò pavese, viene messo in relazione con l’elevato “turnover” dei maschi, probabilmente dovuto a una consistente mortalità nel periodo di svernamento. Qui, la già rarefatta popolazione nidificante ha subito un decremento di ben il 32% in soli tre anni, passando da 37 a 19 coppie nidificanti tra il 1992 e il 1994.
L’Assiolo mostra uno stato di conservazione sfavorevole in Europa, dopo il declino registrato nel periodo 1970-1990. La porzione sud-orientale del nostro continente rappresenta attualmente più del 50% dell’areale riproduttivo globale della specie.
Anche tra il 1990 e il 2000, a situazioni di stabilità o locali incrementi, hanno fatto da contraltare diminuzioni registrate in molti Paesi tra cui Francia, Svizzera, Austria e Italia settentrionale. Ciononostante, la popolazione europea complessiva appare tuttora relativamente ampia in valore assoluto, con oltre 210.000 coppie stimate.
In Italia la specie viene considerata in decremento, a seguito della contrazione di areale verificatasi già a partire dagli anni ’50-60, che ha determinato la sua scomparsa da gran parte della Pianura Padana; tuttavia, in altri contesti geografici, è valutata stabile o soggetta a fluttuazioni locali. Nel complesso, nel nostro Paese sono stimate complessivamente tra 5.000 e 11.000 coppie, pari a una frazione compresa tra il 2,3% e il 4,8% della popolazione europea.
Tra le cause del decremento spiccano le trasformazioni agricole, con il venir meno degli habitat adatti alla sosta e alla riproduzione, e il massiccio impiego di pesticidi, essendo questo Strigiforme notturno quasi esclusivamente insettivoro. Allo stato attuale, l’Assiolo è considerato “specie a basso rischio” nella Lista Rossa Nazionale e risulta tra le specie soggette a particolari misure di tutela ai sensi della legislazione venatoria (157/92).
La diminuzione dell’areale riproduttivo registrata negli ambienti del Nord Italia descrive una situazione di generale criticità per la specie nel nostro Paese. Essenziale appare, in prospettiva, mantenere e tutelare gli agrosistemi tradizionali e, nelle aree ove si riscontrano segni di particolare criticità, provvedere al loro ripristino anche tramite la creazione di opportune “reti ecologiche” tra loro interconnesse.
Fattore | Stato di salute | Stato di conservazione |
Range* | Stabile, in decremento in Pianura Padana | Inadeguato |
Popolazione | Stabile, locali aumenti, forti riduzioni in Pianura Padana e aree collinari del Nord Italia | Inadeguato |
Habitat della specie | In decremento al nord | Inadeguato |
Complessivo | Inadeguato |
*Variazione della popolazione negli anni
Regione biogeografica alpina e continentale
La presenza di popolazioni fortemente concentrate, registrate nelle aree a forte vocazione rurale e agricola del Nord Italia, suggerisce particolare attenzione nella tutela di questi ecosistemi. Allo stesso tempo, la progressiva rarefazione e degrado degli ambienti idonei ha causato, nella bioregione alpina e continentale, un declino marcato della specie sia in valore assoluto sia in termini di areale, tanto da rendere consigliabili interventi mirati di conservazione e ripristino degli habitat.
Fattore | Stato di salute | Stato di conservazione |
Range* | In decremento in Pianura Padana | Cattivo |
Popolazione | Stabile, locali aumenti, forti riduzioni in Pianura Padana e aree collinari del Nord Italia | Inadeguato |
Habitat della specie | In decremento al nord | Inadeguato |
Complessivo | Cattivo |
*Variazione della popolazione negli anni
Regione biogeografica mediterranea
Nei settori più idonei dell’Italia centrale e meridionale, la specie appare complessivamente stabile, come diretta conseguenza di una maggiore qualità e diversificazione del mosaico ambientale.
Fattore | Stato di salute | Stato di conservazione |
Range* | Stabile | Favorevole |
Popolazione | Probabilmente stabile ma scarsamente conosciuta | Sconosciuto |
Habitat della specie | Apparentemente stabile nelle aree mediterranee del centro sud | Favorevole |
Complessivo | Favorevole |
*Variazione della popolazione negli anni
Il canto dell’Assiolo è inconfondibile. All’orecchio umano suona come un “ djü” (o “chiù”) non particolarmente forte, un po’ nasale e di solito monosillabico, ripetuto per ore ad intervalli di pochi secondi. A volte, la nota principale è preceduta da un breve suono iniziale, di tono diverso. Poiché l’Assiolo muove il capo durante il canto, è difficile da localizzare in base ai suoi richiami. L’Assiolo canta di notte, e non è raro ascoltare “duetti” tra le coppie, con la femmina che presenta un richiamo più acuto e meno regolare.