AVERLA CENERINA - Uccelli da proteggere

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Specie particolarmente protette dalla Direttiva UccelliAVERLA CENERINA

NOME SCIENTIFICO: Lanius minor
 

Una specie in grado di volare per 8.000 km, dall’Europa centro-orientale fino all’Africa meridionale, dall’Angola alla Namibia. Eppure, l’Averla cenerina ha trovato un nemico formidabile a pochi passi dal nido, dove un’agricoltura sempre più intensiva e sempre meno in linea con le sue esigenze ecologiche sta riducendo ai minimi termini l’habitat utile per il completamento del ciclo riproduttivo. Anche per questo una specie un tempo abbondante è ora rarissima in tutta Europa, mentre le stesse condizioni riscontrate nei lontani quartieri di svernamento non fanno ben sperare per il futuro di questo uccello migratore…

 

Ordine: Passeriformes   Famiglia: Laniidae

L’Averla cenerina è distribuita in modo abbastanza uniforme in tutta Italia, fatta eccezione per la Sardegna. Per contro, le densità sono generalmente basse, e sono indice di un larghissimo declino che è andato di pari passo, lungo tutto il Novecento, con le grandi trasformazioni conosciute dagli ambienti agricoli nel nostro Paese e, più in generale, in tutta l’Unione Europea.

Come la “cugina” Averla piccola, l’Averla cenerina è una grande “cacciatrice”: si nutre prevalentemente di insetti, anche di dimensioni notevoli, quindi, all’occorrenza, piccoli mammiferi e rettili, che vengono finiti al suolo o più spesso infilzati su cespugli spinosi. Da qui la dipendenza della specie da tutte le aree ai margini dei coltivi con presenza di alberi, siepi e cespugli, mentre l’avanzata della monocoltura intensiva – con l’eliminazione di questo tipo di ambienti accompagnata all’abuso di pesticidi – ha ridotto ai minimi termini l’habitat idoneo per la specie, e contribuito al declino dell’intera popolazione italiana e continentale.

Drammatico in particolare il declino conosciuto dalla cenerina , un tempo una delle specie più comuni del vecchio continente, con il suo elegante piumaggio grigio come la cenere su dorso e capo, l’ampia macchia nera sugli occhi, le ali anch’esse nere con una evidente macchia bianca. Inconfondibile, dunque, e dalle abitudini solitarie: la specie può fermarsi anche ore su piccoli alberi, pali e cespugli, utilizzati quali posatoi, per poi lanciarsi tutto a un tratto sulla preda, finirla sul terreno o sui rovi, quindi tornarsene tranquilla, ad osservare l’ambiente circostante in attesa di altre prede di passaggio.

Il lungo viaggio della migrazione – anche 8mila km dalle aree di nidificazione ai quartieri di svernamento – non consente all’Averla cenerina di portare a termine due covate. La sola covata annuale è composta da circa 6 uova, mentre il nido viene costruito direttamente nei cespugli o nei piccoli alberi – tipicamente nelle biforcazioni tra i rami – solitamente utilizzati quali posatoi per la caccia.

Prospettive

In anni sfavorevoli molti pulcini di Averla cenerina muoiono di freddo. Probabilmente il fattore climatico ha pesato particolarmente sulla popolazione europea, come dimostrano i dati raccolti su mortalità e successo riproduttivo. Anche in Italia il fattore clima ha avuto una sua importanza, anche se risalta su tutti – quale ostacolo a una possibile ripresa della specie – la sempre minore disponibilità di aree agricole tradizionali con mosaico di campi, prati, siepi e, più in generale, ampia presenza di elementi marginali.

La mancanza di informazioni accurate su trend demografici e riproduttivi rende difficile la formulazione di una soglia minima di popolazione in grado di garantire la persistenza della specie a lungo termine. Non risulta dunque possibile, dati gli attuali parametri disponibili, formulare un Valore di Riferimento Favorevole (FRV).

Utile è invece proporre alcune indicazioni per la conservazione, che dovrebbero anzitutto partire dalle popolazioni più significative dal punto di vista conservazionistico, quali quella pugliese. Almeno per i siti più importanti di presenza, infatti, andrebbero implementate misure volte ad arrestare il continuo decremento e a innescare, possibilmente, un’inversione di tendenza.

Più in generale, andrebbero identificate aree specifiche in pianura o comunque a bassa quota dove sostenere e diffondere modalità di uso del suolo più in linea con le esigenze ecologiche della specie. Il che significa, nella pratica, ripristinare quel mosaico di campi, prati, siepi, presenza di alberi e altri elementi marginali tipico dell’agricoltura estensiva. Anche piccole porzioni di terreno incolto sottratte all’uso di pesticidi – magari semplicemente a lato delle strade di campagna – potrebbero favorire la specie in quanto tipiche formazioni in cui abbondano i grandi insetti che costituiscono una parte fondamentale della dieta dell’Averla cenerina. 

Minacce

Fattori climatici – frequenza di estati fredde e piovose – potrebbero spiegare parte del declino conosciuto dalla specie durante il secolo scorso in buona parte dell’areale europeo. Eppure, nessuna variazione favorevole è stata registrata in anni più recenti, pur in presenza di estati calde e asciutte.

In linea con il trend comunitario, anche la popolazione italiana della specie non ha mostrato, negli ultimi anni, segnali di ripresa, mentre anche le colonie più numerose – confinate attualmente nell’Appennino centro-meridionale – mostrano evidenti segni di difficoltà. Probabilmente sono quindi le trasformazioni del paesaggio agricolo – di collina e di pianura – la causa principale della diminuzione della specie sia in Europa sia in Italia.

Dipendente da coltivazioni estensive con presenza di alberi sparsi, l’Averla cenerina ha assistito alla riduzione e – spesso – alla totale scomparsa del proprio habitat riproduttivo, di pari passo con il diffondersi dell’agricoltura intensiva, e dunque di appezzamenti interamente coltivati, senza alberi, siepi e altri elementi marginali. A complicare ulteriormente le cose è intervenuto l’abuso di pesticidi che causa una drastica diminuzione delle prede – tipicamente grandi insetti – di cui la specie si nutre.

La salute dell’Averla cenerina risulta attualmente molto precaria, a causa dell’intensificazione delle pratiche agricole in buona parte delle aree pianeggianti del Paese, mentre le praterie di bassa quota sono state rese inutilizzabili dall’abbandono delle pratiche tradizionali di sfruttamento dei pascoli, con il conseguente recupero del bosco. Pioggia, freddo, disturbo antropico, predazione da parte della Gazza sono le ulteriori minacce che pesano su questa specie, causando molto spesso la perdita di intere covate, mentre un effetto fortemente negativo sulla popolazione europea – italiana compresa – potrebbe anche essere determinato da condizioni non ottimali riscontrate nei quartieri di svernamento africani.

Stato di salute

Specie vulnerabile in tutto il vecchio continente, l’Averla Cenerina ha conosciuto un largo declino in buona parte dell’areale europeo lungo il corso del Novecento. Attualmente, la popolazione “comunitaria” della specie è ridotta a sole 6.500-10.000 coppie, in importante decremento tra il 1970 e il 1990 e anche nell’ultimo decennio del secolo scorso.

L’Italia – che tutela la specie tramite la legislazione venatoria – potrebbe ospitare fino a 2.500 coppie di Averla Cenerina. Una frazione importantissima, quindi, della popolazione europea, corrispondente al 25% dell’intera popolazione nidificante entro i confini dell’Ue. Allo stesso tempo, la popolazione “comunitaria” risulta pari a poco più dell’1% di quella continentale complessiva, per oltre la metà concentrata nell’Europa orientale, e che potrebbe raggiungere anche 1,5 milioni di coppie.

In linea con il trend generale, anche il contingente italiano della specie risulta in decremento negli ultimi decenni, e segnatamente tra il 1990 e il 2000. Probabilmente, tuttavia, il declino della specie in Italia è iniziato parecchi decenni prima, come dimostrano i dati storici che vedono la specie quale relativamente comune nell’intera bioregione alpina e continentale. In Valtellina, per esempio, dove la specie fino al 1900 era riportata come abbondante, mentre sul principio degli anni Ottanta risultava completamente estinta.

L’intera Lombardia ha conosciuto un drammatico calo della specie, ora rara e localizzata in alcune zone di pianura, per una popolazione regionale totale non superiore a qualche decina di coppia, con tendenza a ulteriore rarefazione. Passando al Veneto, qui l’Averla cenerina era ritenuta nidificante in diverse aree del veronese e nelle province di Rovigo e Belluno – e forse anche Vicenza – fino agli anni Novanta. Qui le ultime stime parlano di non più di 5-10 coppie, localizzate nel Rodigino. Anche in Emilia-Ronmagna e Toscana la specie è scomparsa da molte vallate e zone costiere, mentre altre zone dell’Italia centrale, pur con popolazioni più consistenti, vedono una presenza localizzata e in declino evidente: è questo il caso ad esempio della Sicilia e delle 100 coppie residue, in palese decremento negli ultimi anni.

Semaforo

La scomparsa dell’ambiente idoneo alla specie conseguente all’intensificazione dell’agricoltura e all’abbandono delle attività agro-pastorali di tipo tradizionale ha contribuito in maniera determinante al declino generale della specie, accompagnato da rarefazione ed estinzioni locali. Un quadro particolarmente allarmante che è stato ulteriormente aggravato da locali incrementi nel numero di predatori naturali – e parallela diminuzione delle prede disponibili per l’Averla cenerina a causa dell’abuso di insetticidi – con conseguente ulteriore diminuzione del successo riproduttivo ed elevata mortalità dei pulcini. A completare il quadro vi sono le condizioni non sempre ottimali riscontrate nei quartieri di svernamento, dove la specie è particolarmente esposta a condizioni ambientali e climatiche sfavorevoli.

Fattore Stato di salute Stato di conservazione
Range* in contrazione cattivo
Popolazione in calo cattivo
Habitat della specie in calo cattivo
Complessivo   cattivo

*Variazione della popolazione negli anni

Canto

Più grave e variegato di quello dell’Averla piccola, il richiamo dell’Averla cenerina è composto di una complicatissima serie di note, alcune delle quali particolarmente melodiche, altre più secche e ruvide. Un contrappunto affascinante che si può udire facilmente ai bordi delle aree coltivate, ove siano presenti siepi e boschetti, oppure ai margini dei pascoli dove cespugli e altre formazioni arboree offrono un sito idoneo per la nidificazione.