CALANDRELLA
NOME SCIENTIFICO: Calandrella brachydactylaAssente dall’Europa settentrionale, la Calandrella è un Passeriforme tipicamente mediterraneo. Trascorre in Africa l’inverno. Solo con l’arrivo della stagione riproduttiva alcune decine di migliaia di coppie raggiungono l’Italia centrale e meridionale e, più localmente, settentrionale. L’arcigno sopracciglio bianco campeggia sul capo striato, dal colore prevalentemente rossiccio. Abile in volo, grazie alla lunga coda, predilige le vaste pianure alluvionali, ricche di granaglie e soprattutto di insetti, parte fondamentale della dieta di questo uccello durante l’allevamento dei pulcini…
Prospettive
Purtroppo, non sono noti dati di dettaglio sulla biologia riproduttiva della specie. Diversi invece gli studi condotti sulla densità riscontrata a livello locale. A Parma, per esempio, nei greti fluviali idonei la densità riscontrata è risultata pari a 2 coppie per km quadrato. Nei coltivi toscani – per esempio in provincia di Pisa – le densità rilevate hanno raggiunto la cinquantina di coppie ogni 50 km quadrati. Buone le densità in Basilicata, fino a 3-5 coppie ogni 10 ettari, mentre in Puglia si è passati dalle quasi 5 coppie per km “lineare” rilevate nel 2004 alle appena 1,79 censite nel 2006.
Sulla base di questi dati, è possibile proporre la soglia di 10 coppie nidificanti ogni 10 ettari quale Valore di Riferimento Favorevole (FRV) per la specie su scala locale, senza pretendere di raggiungere valori “ottimali” quali quelli riscontrati nella Camargue francese, dove la densità riscontrata è almeno doppia in un’area pari a soli 6 ettari. Su scala di comprensorio, una densità pari a 20 coppie per km quadrato può essere ritenuta accettabile per aree favorevoli alla specie, non meno di 2 coppie per quelle solo parzialmente favorevoli.
Mantenere integri gli ambienti pseudo-steppici residui presenti nel nostro Paese rappresenta un’indicazione prioritaria per il raggiungimento di questi target. Anche i seminativi misti – specie nell’Italia centrale e meridionale – andrebbero tutelati disincentivando il passaggio a monocolture intensive.
Su scala locale, in aree idonee alla specie, la densità non dovrebbe comunque scendere mai al di sotto delle 3-4 coppie ogni 10 ettari. Questo per garantire la persistenza a lungo termine di una specie che attualmente appare in uno stato di conservazione estremamente precario nel nostro Paese, come risulta dai dati generali orientati alla contrazione sia delle popolazioni sia dell’areale distributivo.