CALANDRO - Uccelli da proteggere

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Uccelli da proteggere
 
Specie protette dalla Direttiva UccelliSpecie protette dalla Direttiva Uccelli
Specie particolarmente protette dalla Direttiva UccelliSpecie particolarmente protette dalla Direttiva Uccelli
 

Specie particolarmente protette dalla Direttiva UccelliCALANDRO

NOME SCIENTIFICO: Anthus campestris
 

La livrea di questo uccello, il cui colore ricorda la sabbia dorata sotto i raggi del sole, fa da complemento a una corporatura esile e slanciata, che gli permette di acquistare in volo velocità notevoli, per poi ritornare a terra all’improvviso, in poco più di una frazione di secondo. Particolare la cura posta da questa specie nella costruzione del nido, composto di muschio, foglie e radici. Ama le vaste pianure, compresi suoli aridi apparentemente inospitali quali dune sabbiose, greti fluviali, pascoli abbandonati, tenendosi sempre alla larga da alberi e cespugli.

Prospettive

In forte rarefazione in gran parte d’Italia, gli ambienti aperti idonei – pascoli a quote medie e basse, prati magri, ambienti di tipo steppico – stanno mettendo in grave difficoltà l’intera popolazione nidificante di Calandro, la cui conservazione dipende strettamente dal mantenimento di questi ambienti. Tra le misure più importanti, vi è certamente quella di favorire il mantenimento dei pascoli, evitando interventi di riforestazione in aree prative naturali, così come l’abuso di fertilizzanti o nutrienti nella gestione dei pascoli stessi.

In aree coltivate, l’alternanza di coltivazioni con differenti tempi di aratura e semina – particolarmente frequente nell’agricoltura tradizionale – può favorire la presenza del Calandro, rendendo disponibili aree idonee anche durante le fasi di aratura e semina, prima che la crescita e lo sviluppo della vegetazione le renda inadeguate. Solo aree remote dell’Appennino parmense – specialmente le aree soggette a frana – possono vantare densità anche pari a 4 coppie per km quadrato. Bisogna poi scendere in Basilicata per trovare nel Calandro una specie relativamente comune in dune costiere, calanchi, alvei in secca, mentre sulla fascia costiera laziale le densità variano tra 0,33 e 3,33 coppie per 10 ettari a seconda del tipo di ambiente considerato.

Sulla base dei dati relativi alle popolazioni dell’Appennino settentrionale e alla fascia costiera laziale – le uniche aree in cui lo stato di conservazione del Calandro può ritenersi relativamente buono è possibile calcolare un Valore di Riferimento Favorevole (FRV) per la specie espresso in termini di densità. Su scala locale si rendono necessarie densità riproduttive di almeno 2 o 3 coppie ogni 10 ettari in ambienti aperti o semi-aperti idonei alla specie. Su scala di comprensorio tale densità, per essere ritenuta soddisfacente e dovrebbe risultare almeno pari a 10 coppie per km quadrato.

Fermare il declino della specie almeno nel caso delle popolazioni più significative da un punto di vista conservazionistico rappresenta un’indicazione fondamentale per la tutela del Calandro nel nostro Paese. In particolare, dovrebbero essere identificate aree specifiche in cui impostare criteri di gestione degli ambienti aperti in linea con le esigenze ecologiche della specie, incoraggiando, da un lato, il pascolo brado e tentando, in tutte le aree chiave, di raggiungere densità non inferiori a 3-4 coppie per km quadrato a scala di comprensorio, 1-2 coppie per 10 ettari su scala locale.