

CUCULO DAL CIUFFO
NOME SCIENTIFICO: Clamator glandarius
Come le altre specie di cuculi, anche il Cuculo dal ciuffo compie atti di parassitismo per quanto riguarda la riproduzione, principalmente nei confronti di Corvidi e in particolare, in Italia, della Gazza. Depone normalmente un uovo nel periodo tra aprile e giugno, ma in più nidi a distanza di circa una settimana l’uno dall’altro, per cui una femmina può deporre anche fino a 18-24 uova l’anno. Si riconosce dal “cugino” – il Cuculo – per le ali più arrotondate e la lunga coda stretta, che gli conferisce una sagoma e un’andatura piuttosto simile a quella delle gazze…
Prospettive
La specie in Italia è poco conosciuta, a causa del limitato numero di coppie presenti. Stante la mancanza di dati sui principali parametri demografici, è quindi impossibile formulare un Valore di Riferimento Favorevole (FRV) per questa specie.
A causa della carenza di informazioni sull’ecologia della specie, sulla biologia riproduttiva e sulle dinamiche di popolazione, non si possono inoltre formulare indicazioni specifiche per la sua conservazione, al di là dell’evidente necessità di mantenere in buone condizioni gli habitat riproduttivi e i principali siti di sosta utilizzati dalla specie.
I dati raccolti sulla sparuta popolazione italiana evidenziano in ogni caso un relativo aumento negli ultimi anni. In Toscana – dove sono stimate tra 9 e 12 coppie – appare in espansione, così come nel Lazio, dove ha colonizzato di recente anche la porzione meridionale della regione. Diverse anche le aree di colonizzazione in cui la specie è più regolarmente frequente, come la Liguria – ove la specie era in precedenza esclusivamente migratrice – e la Sicilia.
Dati incoraggianti, visto che le espansioni di areale si sono accompagnate spesso ad incremento demografico. Tuttavia, la popolazione resta tuttora molto ridotta e molto probabilmente inferiore alla Minima Popolazione Vitale (MVP), ossia una popolazione di dimensioni sufficienti per garantire alla specie una buona probabilità di persistenza nel medio-lungo termine. È inoltre probabile che un’eventuale ulteriore contrazione delle attività agricole e pastorali di tipo non intensivo possa avere in futuro un impatto negativo sulla specie; potenzialmente importanti per la sua conservazione sono inoltre, oltre alla disponibilità di habitat riproduttivi idonei, le condizioni riscontrate durante lo svernamento nell’Africa sub-sahariana.