GAZZA
NOME SCIENTIFICO: Pica picaLe gazze sono attratte dagli oggetti luccicanti, cosa che hanno in comune con molti rapaci. Una fama che ben si riflette anche nella tradizione popolare e nelle arti, come nella famosa opera di Rossini, “La gazza ladra”, appunto. Dal punto di vista scientifico, questa abitudine è da mettere in relazione anche al fatto che le gazze, per istinto, sono solite depredare i nidi degli altri uccelli. In passato, la Gazza è stata associata pure alla stregoneria: un tempo si riteneva infatti che le gazze fossero i familiari delle streghe e dei maghi, spiriti in forma di animali. A influenzare queste credenze anche la mitologia germanica, per la quale la Gazza era la messaggera degli dei e, più in particolare, inseparabile compagna della dea della morte…
Ordine: Passeriformes Famiglia: Corvidae
Le gazze raggiungono circa 45 centimetri di lunghezza, per un’apertura alare di 50-60 centimetri e un peso che può raggiungere anche i 250 grammi. La livrea tipica si presenta bianca e nera, con riflessi che possono variare, a seconda della luce, dal grigio al verde metallico, senza particolari distinzioni tra i sessi.
La specie è diffusa in tutta Europa, Africa settentrionale, Asia minore e centrale, fino al Pacifico, Indocina, Arabia. È presente anche in Nord America, mentre manca in alcune isole del Mediterraneo. In Italia è prevalentemente stanziale e la si ritrova un po’ lungo tutta la Penisola, mentre vuoti di areale significativi si registrano su Alpi e Appennini e nell’alta Pianura Padana. È anche assente dalla gran parte del territorio sardo, dove la specie è stata introdotta recentemente.
La Gazza si nutre tipicamente di frutti, ragni, insetti, carogne, ma anche di uova e nidiacei di altri uccelli. In Italia, mostra una chiara preferenza per le zone planiziali, ove si riscontrano le densità più elevate. Nella bioregione continentale, predilige le aree caratterizzate da bassa copertura arborea e formazioni arbustive annesse; nella bioregione mediterranea peninsulare si registra invece un legame diretto con i mosaici di colture agrarie, la vegetazione naturale e gli uliveti, mentre in Sicilia si osserva una spiccata preferenza per i boschi permanenti. È presente anche nelle città, ove tende a occupare le periferie o le aree suburbane.
Il nido è formato da due parti: la coppa, costituita da un intreccio di ramoscelli tenuti insieme da fango e rivestita internamente con uno strato di sottili fili d’erba; la copertura, costituita solo da ramoscelli intrecciati. I ramoscelli che circondano la coppa hanno lo scopo di ancorare la struttura ai rami della pianta che ospita il nido; questi vengono posati in stretta collaborazione tra i due sessi: uno dei partner tiene in posizione il ramoscello da sistemare e l’altro provvede poi ad intrecciarlo con gli altri ramoscelli e con i rami dell’albero che fanno da supporto al nido. Le coppie depongono in media dalle 4 alle 8 uova. I genitori si prendono cura per 22-24 giorni dei pulcini, che dopo questo periodo sono in grado di spiccare il volo autonomamente.
Scarsi sono i dati disponibili su molti aspetti dell’ecologia della specie. Studi ripetuti negli anni sulle dimensioni delle popolazioni, sul successo riproduttivo e sui parametri demografici sarebbero quindi fondamentali per stabilire la quota di abbattimenti stagionali consentiti, laddove si ritenga necessario procedere con azioni di limitazione numerica della specie che dovrebbero comunque essere preceduti da studi approfonditi che accertino la reale entità dei danni arrecati alle colture o l’eventuale problema legato alla predazione di altre specie.
È stato osservato come la presenza delle coppie in primavera sia spesso abbastanza indipendente sia da fattori ambientali – tipo di colture – sia da fattori territoriali. Trattandosi di una specie generalista, con densità estremamente variabili a seconda degli ambienti frequentati, non è quindi possibile formulare un Valore di Riferimento Favorevole (FRV).
Da approfondire la rilevanza delle interazioni con l’uomo: in linea di massima, la specie può beneficiare di una modesta antropizzazione, in quanto offre ambienti e formazioni ben riparati per la costruzione del nido; al tempo stesso, evita aree fortemente antropizzate e soffre in particolare della predazione da parte di altre specie come, nel nostro Paese, la Cornacchia grigia.
Si ritiene che attualmente il prelievo venatorio sulla specie in Italia – consentito tra la terza domenica di settembre e il 31 gennaio – possa essere compatibile con il mantenimento in buono stato di salute delle popolazioni nidificanti in Italia e in Europa. Tuttavia, tutte le specie di Corvidi non dovrebbero essere oggetto di caccia al di fuori del periodo in cui il prelievo venatorio è consentito ad altre specie, per impedire il disturbo a carico di queste ultime. Posticipare quindi l’apertura della caccia al 1° ottobre potrebbe essere consigliabile anche per consentire un più completo sviluppo dei giovani, in particolare quelli nati nelle covate tardive.
Riguardo alla situazione italiana, va rilevato come siano proprio gli abbattimenti programmati a rappresentare una seria minaccia per la specie in alcune aree del Paese, in quanto spesso condotti senza adeguati studi preliminari né sulla reale entità dei danni arrecati alle coltivazioni agricole, né sul ruolo giocato da questo Corvide nel fallimento delle nidificazioni di altre specie di interesse conservazionistico.
In diverse aree europee, la causa principale dei fallimenti delle covate viene attribuita all’interferenza da parte della Cornacchia grigia, che si manifesta in furti del materiale per il nido, usurpazione dei nidi, predazione di uova e pulcini. È stato poi osservato come i nidi coperti, in quanto collocati sotto tetti o nei pressi di abitazioni, abbiano un maggiore successo.
In Inghilterra settentrionale, oltre all’impatto negativo della Cornacchia grigia, i fattori di fallimento delle covate includono la predazione da parte dello Scoiattolo, il disturbo antropico e condizioni metereologiche avverse. In Spagna, la predazione maggiore è stata registrata sui nidi collocati a minor altezza; i predatori includevano roditori, lucertole e rapaci, in particolare il Nibbio bruno.
In Italia dati sul successo riproduttivo sono disponibili per l’area urbana di Genova: 4 nidi, tutti su conifere, hanno portato in media all’involo di 1,3 giovani per coppia. Un dato in linea con quanto rilevato da altri studi a livello europeo (Olanda, 1,4 giovani per coppia; Manchester, in Gran Bretagna, 2,8 giovani involati per coppia).
Il rapporto BirdLife International, datato 2004, riporta trend generali delle popolazioni orientati alla stabilità, motivo per cui la specie viene attualmente considerata con stato di conservazione sicuro. Infatti, nonostante nel decennio 1990-2000 alcune importanti popolazioni siano diminuite marcatamente – in particolare quella francese e quella russa – questo declino numerico è ancora bilanciato dall’incremento sostanziale a cui è andato incontro questo Corvide nel ventennio precedente.
La popolazione nidificante nell’Ue è pari, ad oggi, a 3.882.000-9.402.000 coppie, pari al 49-52% della popolazione continentale complessiva e a una frazione compresa tra il 25% e il 49% della popolazione globale della specie. Il contingente italiano è stimato in 200.000-500.000 coppie, in incremento nel periodo 1990-2000: ospitando una frazione significativa sia della popolazione comunitaria (5,2-5,3%) sia di quella continentale (2,6-2,7%) il nostro Paese riveste un certo rilievo per la conservazione della specie a livello europeo.
Come nidificante, la Gazza non sembra aver modificato il proprio areale distributivo se non per una più continua presenza riscontrata lungo l’Appennino centrale. I dati del progetto MITO 2000 per il periodo 2000-2005 indicano un andamento incerto per la specie, che ha mostrato invece una tendenza generale al moderato incremento se si considera l’intero periodo 2000-2009 (con progresso medio annuale di poco superiore ai 3,3 punti percentuali). Dal punto di vista della distribuzione, densità decisamente più elevate si registrano in pianura, con 3,5 coppie ogni 10 punti sotto i 250 metri; le abbondanze diventano decisamente minori a quote più elevate, con la specie che non sembra spingersi mai oltre i 1.750 metri sul livello del mare.
Si tratta, d’altro canto, di una specie essenzialmente sedentaria, che durante la propria vita compie movimenti di ampiezza molto limitata: in Norvegia, ad esempio, solo 7 di 189 ricatture sono avvenute a una distanza superiore a 40 km; in Svezia, su 210 ricatture di individui inanellati al nido, solo 4 avvenivano oltre i 50 km; in Polonia, su 20 ricatture, solo una superiore ai 35 km.
La Gazza non è inserita nella Lista rossa nazionale; risulta specie cacciabile in Italia ai sensi della legislazione venatoria (157/92). Le popolazioni sono inoltre oggetto di interventi di controllo numerico in alcune aree del Paese, in base alle deroghe previste dalle normative comunitarie.
La specie gode di uno stato di conservazione favorevole. L’areale nazionale risulta in espansione, così come i trend di popolazione, stabili o in incremento in molti territori. Per il momento, anche l’inurbamento sta favorendo la specie in quanto offre strutture idonee per la costruzione del nido e, quindi, funzionali all’incremento del successo riproduttivo.
Fattore | Stato | Stato di conservazione |
Range* | In espansione | Favorevole |
Popolazione | In incremento | Favorevole |
Habitat | L’uso di strutture antropiche crea nuovi siti per la nidificazione | Favorevole |
Complessivo | Favorevole |
*Variazione della popolazione negli anni
La Gazza non emette un vero e proprio canto, ma un caratteristico cicaleccio aspro e a tratti sgradevole all’orecchio umano.