PERNICE DI MARE - Uccelli da proteggere

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Uccelli da proteggere
 
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Specie particolarmente protette dalla Direttiva UccelliSpecie particolarmente protette dalla Direttiva Uccelli
 

Specie particolarmente protette dalla Direttiva UccelliPERNICE DI MARE

NOME SCIENTIFICO: Glareola pratincola
 

Sono pochi gli elementi del comportamento e della forma di questo uccello a ricordare la Pernice vera e propria. Eppure, è a causa del becco, corto e ricurvo, che gli è stato assegnato il nome di Pernice. Di mare, naturalmente, essendo questo uccello abituato a colonizzare le aree umide prossime alle zone costiere, prive di vegetazione densa e con ampia disponibilità di cibo. Inutile ricordare quanto gli habitat con queste caratteristiche siano sempre meno, nel nostro come in tutti i Paesi dell’Europa meridionale che ospitano popolazioni importanti di questa specie…

 

Ordine: Charadriiformes  Famiglia: Glareolidae

Dal Delta del Po al Golfo di Oristano e Cagliari, la Pernice di mare abita alcune tra le più importanti aree umide del nostro Paese. Migratrice, sverna in Africa a sud del Sahara, mentre altre aree di nidificazione di questa sottospecie vanno dall’Europa meridionale in genere fino a Nord Africa, Iran e varie zone dell’Asia centrale (Kazahstan e Pakistan).

Rara e localizzata – come rari e localizzati sono gli ambienti umidi adatti ad ospitarla – la Pernice di mare deve il suo nome alla conformazione del becco, corto e ricurvo, mentre altri aspetti quali la forma dell’uccello e il comportamento in volo sono più simili ad altre specie che alla Pernice comune da cui deriva il suo nome italiano.

Amante di ambienti umidi pianeggianti, con vegetazione rada o assente, la Pernice di mare predilige le paludi costiere ove vi sia ampia disponibilità di cibo per completare l’intero ciclo riproduttivo. Insetti, ma anche ragni e cavallette, compongono il “piatto” principale della dieta di questo uccello, che nidifica in primavera tra Europa e Africa ma trascorre l’inverno molto più a sud, nell’Africa subsahariana.

Lungo circa 22 cm, si distingue – oltre che per la particolare conformazione del becco – per il colore bruno olivastro del dorso e per il collare nero che circonda ed evidenzia un ampia macchia giallastra posta sul collo. Da rilevare come questo caratteristico collare sia presente solo durante la stagione riproduttiva, mentre durante il resto dell’anno si confonde con il resto del piumaggio.

Prospettive

Nonostante la specie sia ben monitorata a livello nazionale, non sono state ancora adeguatamente approfondite le esigenze ecologiche specifiche e i fattori che ne influenzano la presenza e la riproduzione. Mancando peraltro quasi completamente dati sulla mortalità e sul successo riproduttivo, non risulta agevole stabilire un Valore di Riferimento Favorevole (FRV) su basi scientificamente fondate.

Posta la necessità di approfondire gli studi, valgono a proposito della Pernice di mare analoghe considerazioni proposte per altre specie la cui esistenza dipende più o meno strettamente dalla qualità delle aree umide e – come in questo caso – dalle modalità di gestione dei siti circostanti. Per mantenere una popolazione vitale di Pernice di mare è infatti necessario preservare i livelli di popolazione raggiunti negli ultimi anni, tutelando i principali siti riproduttivi e, ove necessario, gestendo in maniera corretta gli ambienti aperti circostanti.

Al monitoraggio e alla regolamentazione dei livelli idrici secondo le esigenze ecologiche – peraltro da approfondire – della specie, è dunque necessario accompagnare azioni mirate per favorire e sostenere la presenza di ambienti incolti – o coltivati in modo estensivo e limitando al minimo l’uso di pesticidi – nelle vicinanze dei siti. Questo per non vanificare il leggero aumento che si è avuto a partire dagli anni Ottanta, comunque insufficiente a compensare una situazione per la specie tuttora precaria nel nostro Paese.

Come dimostra la situazione in Emilia-Romagna, dove sono stati attuati importanti progetti di recupero delle aree umide – con particolare riguardo alla creazione e alla tutela di prati umidi salmastri che si prosciugano con andamento stagionale – è possibile ricreare artificialmente un habitat idoneo a garantire la persistenza della specie. Diverso è il caso di altre colonie importanti, come quella sarda, che hanno vissuto decrementi importanti o comunque notevoli fluttuazioni proprio a causa della progressiva riduzione dell’habitat idoneo e al peggioramento delle condizioni riscontrate nelle zone circostanti, sempre più urbanizzate e legate a un’agricoltura troppo dipendente dall’utilizzo di agenti chimici e pesticidi in genere.

Minacce

Estremamente dipendente dalle zone umide, ma allo stesso tempo legata alla presenza di microclimi stagionali asciutti che non facciano venir meno l’ampia disponibilità di cibo per nutrire se stessi e i pulcini, la Pernice di mare abbandona facilmente i siti di nidificazione qualora questi non presentino più condizioni ottimali. Dall’eccesso di inondazioni, a variazioni nelle pratiche agricole in uso nell’ambiente circostante queste aree, fino al disturbo diretto: sono diverse le cause che spiegano l’abbandono dei siti da parte della Pernice di mare senza che, in apparenza, vi siano validi motivi.

Cambiamenti nell’uso del suolo, impiego di pesticidi, disturbo da parte di veicoli, costituiscono minacce importantissime per la specie, comuni alla maggior parte delle aree di presenza a livello europeo. Particolarmente sensibile all’abuso di erbicidi e insetticidi e da alterazioni ambientali anche lievi negli habitat di presenza – quali cambiamenti nei livelli delle acque e modalità di coltivazione delle praterie limitrofe, con particolare riguardo all’irrigazione artificiale e alla fertilizzazione – la Pernice di mare resiste con un numero consistente di coppie solo laddove, grazie alle misure di protezione o di ripristino, gli habitat risultano assolutamente idonei per la vita della specie.

Urbanizzazione nei pressi dei siti e disturbo da parte dell’uomo sono le ulteriori cause che spiegano l’andamento irregolare e le fluttuazioni registrate a livello locale. Peraltro, ad essere particolarmente impattante sulla specie è non solo la situazione dell’habitat di nidificazione in senso stretto, ma anche quella riscontrata nelle aree limitrofe, dove l’uccello si sposta immediatamente dopo la nidificazione, di solito localizzate in saline, praterie, campi a riposo o risaie.

Il fatto che intere aree prima lasciate a riposo siano messe a coltura – magari irrigando artificialmente e concimando tramite agenti chimici di varia natura – può causare la totale inidoneità di queste aree e la conseguente scomparsa – o rapido declino – della specie. Questo spiega la drastica diminuzione delle popolazioni in alcune aree di presenza storica in siti importantissimi a livello continentale, specialmente in Spagna, dove questi fenomeni sono stati osservati anche piuttosto di recente.

Stato di salute

Nell’Unione Europea nidificano regolarmente dalle 5.500 alle 7.000 coppie di questa specie. Una consistenza decisamente inferiore rispetto a quella registrata fino al 1970, quando è iniziato un moderato ma inesorabile declino.

Tra le 10 e le 18mila coppie la popolazione continentale complessiva, mentre in Italia, nonostante i relativamente numerosi siti in cui la specie è stata censita, erano presenti non più di 130 coppie nel 2000, 121-156 nel 2001, mentre i dati più recenti sembrano orientati alla stabilità. Questa popolazione, in relativo aumento dagli anni ’80, rappresenta una frazione molto modesta di quella comunitaria – pari a poco più del 2% – mentre a livello continentale non più dell’1% della popolazione nidificante sceglie il nostro Paese per completare il proprio ciclo riproduttivo.

Più nel dettaglio, la popolazione italiana della specie appare soggetta a fluttuazioni importanti, con locali incrementi o decrementi anche di una certa consistenza. Su base storica, è da evidenziare comunque un certo incremento, essendo le coppie censite al 1984 appena 30-90, per arrivare a un centinaio dieci anni dopo e alle 121-156 all’inizio degli anni Duemila.

A livello regionale, le più importanti aree di presenza comprendono il litorale Alto Adriatico, dove le coppie censite vanno dalle 23 del Veneto alle 5-31 delle zone umide ripristinate dell’Emilia-Romagna, dalle 10-15 coppie stimate in Sardegna (in consistente decremento rispetto a vent’anni fa) alle 80 coppie censite nel Biviere di Gela. Altri siti meno rilevanti sono presenti in Campania, in Toscana – dove la specie nidifica solo occasionalmente – e in Puglia, dove le coppie censite ammontano a poche unità.

Semaforo

Poco consistente, estremamente frammentata, soggetta a locali fluttuazioni, la popolazione italiana di Pernice di mare non si trova certo in uno stato di conservazione adeguato. Questo nonostante i leggeri incrementi complessivi registrati tra il 1980 e gli inizi degli anni Duemila. Fondamentale per evitare l’abbandono dei siti di presenza, infatti, è non solo la tutela degli ambienti umidi costieri preferiti dalla specie – con particolare riguardo al livello idrico e all’adeguata disponibilità di cibo – ma anche una corretta gestione degli ambienti limitrofi utilizzati dalla Pernice di mare subito dopo la fase di nidificazione, ossia i campi parzialmente incolti e le praterie.

Fattore Stato di salute Stato di conservazione
Range* soggetto a fluttuazione inadeguato
Popolazione aumento e fluttuazione; ridotta inadeguato
Habitat della specie localmente a rischio, poco conosciuto inadeguato
Complessivo   inadeguato

*Variazione della popolazione negli anni

Canto

Del tutto particolare il canto di questo uccello, composto da due brevissimi suoni intervallati da una pausa, a cui segue un “trillo” più acuto e insistente. Da qualche anno questo canto risuona con maggiore frequenza in quel che resta delle Valli di Comacchio, grazie a importanti progetti di recupero dei “prati salmastri” dove la specie si alimenta e si riproduce.