PERNICE DI MARE - Uccelli da proteggere

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Uccelli da proteggere
 
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Specie particolarmente protette dalla Direttiva UccelliSpecie particolarmente protette dalla Direttiva Uccelli
 

Specie particolarmente protette dalla Direttiva UccelliPERNICE DI MARE

NOME SCIENTIFICO: Glareola pratincola
 

Sono pochi gli elementi del comportamento e della forma di questo uccello a ricordare la Pernice vera e propria. Eppure, è a causa del becco, corto e ricurvo, che gli è stato assegnato il nome di Pernice. Di mare, naturalmente, essendo questo uccello abituato a colonizzare le aree umide prossime alle zone costiere, prive di vegetazione densa e con ampia disponibilità di cibo. Inutile ricordare quanto gli habitat con queste caratteristiche siano sempre meno, nel nostro come in tutti i Paesi dell’Europa meridionale che ospitano popolazioni importanti di questa specie…

Prospettive

Nonostante la specie sia ben monitorata a livello nazionale, non sono state ancora adeguatamente approfondite le esigenze ecologiche specifiche e i fattori che ne influenzano la presenza e la riproduzione. Mancando peraltro quasi completamente dati sulla mortalità e sul successo riproduttivo, non risulta agevole stabilire un Valore di Riferimento Favorevole (FRV) su basi scientificamente fondate.

Posta la necessità di approfondire gli studi, valgono a proposito della Pernice di mare analoghe considerazioni proposte per altre specie la cui esistenza dipende più o meno strettamente dalla qualità delle aree umide e – come in questo caso – dalle modalità di gestione dei siti circostanti. Per mantenere una popolazione vitale di Pernice di mare è infatti necessario preservare i livelli di popolazione raggiunti negli ultimi anni, tutelando i principali siti riproduttivi e, ove necessario, gestendo in maniera corretta gli ambienti aperti circostanti.

Al monitoraggio e alla regolamentazione dei livelli idrici secondo le esigenze ecologiche – peraltro da approfondire – della specie, è dunque necessario accompagnare azioni mirate per favorire e sostenere la presenza di ambienti incolti – o coltivati in modo estensivo e limitando al minimo l’uso di pesticidi – nelle vicinanze dei siti. Questo per non vanificare il leggero aumento che si è avuto a partire dagli anni Ottanta, comunque insufficiente a compensare una situazione per la specie tuttora precaria nel nostro Paese.

Come dimostra la situazione in Emilia-Romagna, dove sono stati attuati importanti progetti di recupero delle aree umide – con particolare riguardo alla creazione e alla tutela di prati umidi salmastri che si prosciugano con andamento stagionale – è possibile ricreare artificialmente un habitat idoneo a garantire la persistenza della specie. Diverso è il caso di altre colonie importanti, come quella sarda, che hanno vissuto decrementi importanti o comunque notevoli fluttuazioni proprio a causa della progressiva riduzione dell’habitat idoneo e al peggioramento delle condizioni riscontrate nelle zone circostanti, sempre più urbanizzate e legate a un’agricoltura troppo dipendente dall’utilizzo di agenti chimici e pesticidi in genere.