PIGLIAMOSCHE
NOME SCIENTIFICO: Muscicapa striataIl suo cibo preferito – come indica il nome comune – sono gli insetti “volanti”. Per procurarseli, il più delle volte, sceglie un “posatoio di caccia”, cioè un punto sopraelevato come la cima di un palo o l’estremità di un ramo. Qui il Pigliamosche si appollaia, pronto a spiccare il volo per catturare le prede che volano nelle vicinanze, per poi ritornare nuovamente al posatoio. Il Pigliamosche è una delle tante specie “vittima” del Cuculo...
Ordine: Passeriformes Famiglia: Muscicapidae
La taglia media del Pigliamosche è di 14 centimetri di lunghezza, per 23-27 centimetri di apertura alare e 16 grammi di peso. Il suo profilo è caratterizzato da lunghe ali. Gli individui adulti presentano una livrea che, nella parte superiore, vira dal grigio al marroncino. Nella parte inferiore sono invece biancastri, con deboli strie più scure. Le zampe sono corte e nerastre, così come il becco. Le penne del dorso – variamente punteggiato di chiazze – appaiono più chiare alle estremità, mentre i pulcini, rispetto agli adulti, presentano tonalità più scure e tendenti al bruno.
La sottospecie nominale Muscicapa s. striata è presente in gran parte d’Europa, Asia occidentale e Nord Africa. La sottospecie Muscicapa s. neumanni abita invece le parti più orientali, dalla Siberia all’Asia Minore, fino a Creta, Cipro, Medio Oriente, Caucaso e Iran, mentre in Crimea si ritrova la sottospecie Muscicapa s. inexpectata . Una sottospecie intermedia tra Muscicapa s. striata e Muscicapa s. neumanni abita i Balcani, mentre il nostro Paese vede anche, in Sardegna, la presenza della sottospecie Muscicapa s. thyrrenica , che abita anche la vicina Corsica. Una sottospecie a sé stante, la Muscicapa s. balearica , è presente alle Isole Baleari.
Nidificante e migratore, sverna nell’africa subsahariana. Vive nelle foreste soleggiate, ma anche in parchi, giardini e frutteti, preferendo le superfici aperte con una discreta quantità di alberi sparsi. Si nutre di insetti volanti che cattura partendo da un opportuno posatoio. Peculiare è la posizione di caccia, con ali e coda retratte, prima di spiccare il volo verso l’alto e intercettare gli insetti in volo.
La specie si riproduce da metà maggio a metà luglio, costruendo un nido a forma di ciotola all’aperto, ma occupando volentieri anche nidi artificiali, purché aperti. Per nidificare evita aree completamente prive di alberi e cespugli, così come foreste troppo dense, aree montane eccessivamente esposte o aride. Viceversa, può riprodursi anche in ambienti altamente antropizzati a patto che offrano adeguati “territori di caccia” – come viali alberati, parchi urbani, cimiteri, giardini, frutteti – con buona disponibilità di insetti. Ogni covata è composta in media da 4-6 uova.
In Italia la specie è poco studiata, se si eccettuano contributi locali focalizzati per lo più sulla biologia riproduttiva. Sarebbe quindi importante indagare le esigenze ecologiche e le dinamiche di popolazione della specie a una scala spaziale superiore, per ottenere indicazioni sufficientemente valide a fini conservazionistici.
Sulla base dei valori di densità noti, si può ipotizzare come Valore di Riferimento Favorevole (FRV) a scala locale una soglia pari 5 coppie per 10 ettari. In siti sub-ottimali, dove la densità di insetti non è sufficiente a mantenere densità così elevate, un valore di 2 coppie per 10 ettari potrebbe rappresentare una condizione comunque soddisfacente.
Nel complesso, la principale indicazione di conservazione per favorire la specie consiste nel tutelarne i siti riproduttivi, incoraggiando il mantenimento di alberi morti o con parti secche, frequentemente utilizzate come posatoi. Parallelamente, va ridotto il più possibile l’utilizzo di insetticidi ad ampio spettro, che incidono pesantemente sulla disponibilità di insetti sia in ambiente agricolo sia in aree urbane.
Potenzialmente importanti per la conservazione della specie sono anche le condizioni riscontrate durante lo svernamento in Africa e la migrazione per e da i quartieri riproduttivi. Tuttavia, mancano al momento dati sufficienti per valutare l’impatto di tali fattori sui contingenti nidificanti in Italia.
Il Pigliamosche abita una grande varietà di ambienti, nelle fasce climatiche mediterranea, steppica, temperata e boreale, fatta eccezione per gli ambienti troppo aperti, aridi o forestati. La riduzione dell’entomofauna causata dall’uso abbondante di pesticidi può essere identificata tra le principali cause del declino della specie registrato a livello continentale.
Piuttosto indifferente alla presenza dell’uomo – la specie può riprodursi anche in ambienti altamente antropizzati quali parchi e giardini urbani, grandi viali alberati, ecc – necessita tuttavia di adeguate aree di “caccia” ove vi sia buona disponibilità di insetti. Non si possono tuttavia escludere altre cause, come le condizioni ambientali riscontrate nei quartieri di svernamento o lungo le principali rotte migratorie.
Coerentemente con le sue esigenze ecologiche, anche in Italia il Pigliamosche è presente negli ambienti più diversi, come in Lombardia, dove lo si ritrova – di preferenza al di sotto dei 700-800 metri – in formazioni forestali cedue ampie e ricche di spazi aperti ma anche in vigneti, frutteti e orti alberati. Nel settore alpino predilige boschi aperti a Pino silvestre e Pino nero. Tuttavia, è presente con densità molto basse in tutto l’areale, con valori massimi noti registrati in provincia di Biella (3 coppie per 10 ettari in boschetti e filari alberati).
Il successo riproduttivo per l’Italia è compreso tra 3,2 e 4 giovani involati per nido, mentre a livello europeo il tasso d’involo varia tra l’81,3% del Regno Unito (sul totale dei giovani nati) e il 73% della Svizzera (sul totale delle uova deposte). Nel Regno Unito, in particolare, l’elevata mortalità dopo l’involo – e comunque nel primo anno di vita – sembra la causa più probabile del declino della specie, che soffre anche per la predazione (responsabile del 10% della perdita di uova) e del disturbo antropico (responsabile di un ulteriore 4%). In Svizzera il principale predatore di nidi di Pigliamosche è la Gazza.
Oggi il Pigliamosche è classificato come in declino nell’Unione europea, con stato di conservazione sfavorevole anche a livello continentale. Nel complesso, si registra un largo declino della popolazione nidificante nei territori dell’Europa “comunitaria” nel periodo 1970-1990, seguito da moderato declino nel successivo decennio, 1990-2000.
Attualmente, la popolazione dell’Ue è stimata in 3.900.000-7.400.000 coppie, pari al 28-34% della popolazione continentale della specie – stimata in 14.000.000-22.000.000 di coppie, in leggero declino – e a una frazione compresa tra il 5% e il 24% di quella globale. Quella italiana è stimata in 100.000-300.000 – 200.000-400.000 secondo stime più recenti – pari a circa il 5% di quella dell’Unione europea e a poco meno del 2% di quella continentale complessiva.
Complessivamente stabile, la popolazione italiana è interessata da decrementi a livello locale, come quelli osservati nel Comune di Firenze o in Romagna, ove la specie, almeno storicamente, era considerata più frequente e diffusa. Per contro, si segnalano incrementi in Veneto – specialmente provincia di Treviso, +50% rispetto a due decenni fa – in Umbria e in Sicilia.
In Italia il Pigliamosche è sia nidificante sia migratore. I dati sugli inanellamenti – con una diminuzione costante dei totali annui registrati a partire dal 1990 – lasciano intendere la situazione non favorevole della specie a livello europeo. La loro distribuzione è concentrata nelle regioni settentrionali, soprattutto in ambito prealpino, con catture che riguardano principalmente soggetti in transito post-nuziale. Le località di cattura sono numerose anche a sud degli Appennini, con catture riferite essenzialmente alla migrazione di ritorno, mentre decisamente meno frequenti sono gli inanellamenti effettuati nelle estreme regioni meridionali. Le ricatture in Italia riguardano soggetti provenienti da poche centinaia fino a oltre 3.500 km, con Finlandia e Svezia – seguite da Germania e Norvegia – come Paesi più rappresentati.
Non è stato redatto, ad oggi, un Piano d’Azione Internazionale o Nazionale sulla specie. Il Pigliamosche non è considerato nella Lista Rossa Nazionale. Risulta, inoltre, specie protetta in Italia ai sensi della legislazione venatoria (157/92).
Il Pigliamosche in Italia mostra nel complesso un trend stabile. Non mancano tuttavia incrementi o decrementi anche rilevanti, registrati a livello locale. Le densità sono comunque molto basse e quasi ovunque inferiori all’FRV. Particolarmente pressante si mostra l’esigenza di realizzare studi su più vasta scala per valutare l’esatta consistenza e distribuzione delle popolazioni.
Fattore | Stato di salute | Stato di conservazione |
Range* | Complessivamente stabile | Favorevole |
Popolazione | Complessivamente sconosciuta | Sconosciuto |
Habitat della specie | Verosimilmente stabile | Favorevole |
Complessivo | Favorevole |
*Variazione della popolazione negli anni
Foreste “soleggiate”, parchi, giardini e frutteti. È qui che, più di frequente, si può udire il richiamo del Pigliamosche, appollaiato sul proprio posatoio in attesa di qualche insetto di passaggio. Un canto aspro e penetrante, che suona all’orecchio come un “tsrr”, che vira verso un secco “te tek” quando la specie si sente minacciata…