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Ambienti agricoli

Ambienti agricoli, di M. Mendi
 

“Andè a di acsè mi bu ch’ i vaga véa,
che quèl chi à fat i à fat,
che adèss u s’èra préima se tratòur.
E’ pianz e’ cór ma tótt, ènca mu mè,
avdài ch’i à lavurè dal mièri d’an
e adès i à d’andè véa a tèsta basa
dri ma la córda lònga de mazèl.”
 (Andate a dire ai buoi che vadano via
che il loro lavoro non ci serve più
che oggi si impiega meno tempo
ad arare con il trattore.
E commoviamoci pure a pensare
alla fatica che hanno fatto
per migliaia d’anni, mentre eccoli lì,
che se ne vanno a testa bassa
dietro la corda lunga del macello).
Tonino Guerra (poeta romagnolo) – “I bu”

Attualmente, in Italia, l’area destinata alle pratiche agricole copre oltre il 40% della superficie nazionale. In fondo, è l’agricoltura il più importante segno distintivo del paesaggio italiano. Ed è nella pratica agricola che l’attività umana si fonde meglio con il mondo delle piante e degli animali.

Allo stesso tempo, gli ambienti agricoli, le pratiche di coltivazione dei terreni, gli stessi stili di consumo, sono un termometro particolarmente fedele della sostenibilità ecologica di molte delle nostre azioni. Coltivare la terra, assaggiarne i frutti, dovrebbe portare a domandarsi se e quanto l’ecosistema sia stato rispettato, se e quanto la moderna agricoltura – e gli stili di consumo che ne sono il presupposto – siano o meno compatibili con l’ecosistema.

La risposta, purtroppo, appare negativa, sia in Italia sia in vaste porzioni degli ambienti agricoli europei, nei quali specie di uccelli un tempo comunissime oggi sono sempre più rare, soprattutto nelle aree di pianura quasi totalmente convertite all’agricoltura meccanizzata. Non più di cinquant’anni fa, infatti, l’agricoltura era una pratica a conduzione familiare; si coltivava per mangiare, e si coltivava di tutto. Ora le colture sono poche, intensive, iper-produttive, estremamente dipendenti dal massiccio utilizzo di agenti chimici.

Una visione solo in apparenza “naif”, quella della “buona” agricoltura tradizionale quale contrapposta all’agricoltura moderna. Si tratta, come sempre, di trovare un equilibrio, anzitutto conoscendo più a fondo l’importantissimo ruolo che tutta una serie di formazioni “accessorie” quali siepi, cespugli, incolti, avevano ed hanno per tutta una serie di specie caratteristiche. Specie che non di rado si nutrono degli stessi insetti che l’uomo, con i pesticidi, si propone di debellare. Un ambiente delicato che ha conosciuto per secoli un equilibrio virtuoso, ora da ricostruire completamente anche considerando che le politiche di conservazione – molto efficaci ad esempio per la tutela di alcune aree umide – hanno fino ad oggi trascurato quasi completamente l’equilibrio degli agro-ecosistemi.