CIVETTA - Uccelli da proteggere

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Uccelli da proteggere
 
Specie protette dalla Direttiva UccelliSpecie protette dalla Direttiva Uccelli
Specie particolarmente protette dalla Direttiva UccelliSpecie particolarmente protette dalla Direttiva Uccelli
 

Specie protette dalla Direttiva UccelliCIVETTA

NOME SCIENTIFICO: Athene noctua
 

Alla Civetta storia e tradizioni hanno sempre attribuito un forte valore simbolico, talora benefico, talaltra portatore di cattiva sorte. Nell’antica Grecia, ad esempio, era considerata sacra per la dea Atena (da qui il nome scientifico), dea della sapienza, e ancora oggi è raffigurata in molti portafortuna. Dalla tradizione popolare è considerata invece in un’accezione più negativa, tanto che vederla appollaiata sul tetto della propria abitazione era considerato un cattivo presagio. Del tutto peculiare è anche un altro significato del termine “civetta”, associato, nel linguaggio comune, a quello di una donna che amerebbe farsi corteggiare attraendo numerosi ammiratori: un’usanza dovuta al fatto che questo rapace, quando veniva utilizzato dai cacciatori come richiamo per ingannare i piccoli passeriformi, li attraeva con un particolare modo di battere le ali, con inchini, ammiccamenti e altri atteggiamenti simili, “irresistibile” spettacolo per le potenziali prede...

 

Ordine: Strigiformes Famiglia: Strigidae

La Civetta è lunga circa 21-23 cm, per un’apertura alare di 53-59 centimetri: la caratterizzano forme tozze, capo largo e appiattito – senza i tipici ciuffi auricolari del Gufo – occhi gialli e zampe lunghe, parzialmente rivestite di setole. La parte superiore è grigio-bruno striata di bianco, mentre in quella inferiore è prevalente il bianco, macchiato di bruno. I suoi ambienti preferiti si trovano nelle vicinanze degli abitati, dove abbonda la presenza umana, sia in pianura sia in collina. Raramente, comunque, si spinge oltre 1.000 metri di altitudine, specialmente durante la stagione fredda quando neve e ghiaccio limitano fortemente la disponibilità di prede.

La specie è distribuita in modo abbastanza omogeneo dal bacino del Mediterraneo fino alla Cina, al di sotto del 60° parallelo. Dapprima assente dalle isole britanniche, vi è stata introdotta con successo verso la fine del XIX secolo, ed è presente anche nell’Africa tropicale, dall’Etiopia al Golfo Persico.

Con spiccate abitudini terricole e poco legata agli ambienti forestali, mostra un comportamento spiccatamente stanziale – salvo erratismi e migrazioni irregolari da parte di soggetti “nordici” – e, nel nostro Paese, è diffusa come nidificante nelle zone pianeggianti e collinari a quote generalmente inferiori ai 700 metri, tranne sporadiche e modeste penetrazioni nei fondovalle alpini e appenninici, a quote comunque generalmente inferiori ai 1.000-1.200 metri. La specie predilige le zone ad agricoltura mista con filari di vecchie piante, cascinali, edifici abbandonati, aree industriali nuove o dismesse, dove, nonostante gli effetti negativi dei nuovi sistemi di conduzione agricola, raggiunge densità più che discrete. Numerose coppie si sono poi insediate nelle aree sub-urbane e nei centri storici di molte città.

Uccello tipicamente notturno, la Civetta può essere attiva anche nel tardo pomeriggio e di prima mattina, ma resta vigile anche nel resto della giornata. Carnivora come tutti gli Strigiformi, riesce ad ingoiare le prede intere, salvo poi rigurgitare – sotto forma di borre, peli, piume, denti, ossa, guscio cheratinizzato degli insetti – tutte le parti che non possono essere digerite. Predilige, in particolare, piccoli vertebrati e grossi insetti.

La Civetta nidifica tra marzo e giugno. La femmina depone da 2 a 5 uova bianche in piccole cavità tra le rocce, negli alberi, nei muri di vecchi edifici, in tane abbandonate di mammiferi di media taglia. Durante la cova – che dura circa 4 settimane – è supportata dal maschio nelle attività di caccia. Dopo un mese o poco più i pulcini lasciano il nido, ma sono completamente indipendenti solo a 2-3 mesi di vita.

Prospettive

Per la specie sono disponibili dati sufficienti su distribuzione, ecologia, densità e spettro alimentare per diverse regioni italiane. Mancano al tempo stesso dati quantitativi sul successo riproduttivo. Considerando i dati di densità riproduttiva disponibili per l’Italia, si può proporre un Valore di Riferimento Favorevole (FRV) pari a 15 coppie per 10 kmq a scala di comprensorio e di 1 coppia per 10 ettari a scala locale, per contesti particolarmente idonei.

Dal punto di vista conservazionistico, la specie potrebbe beneficiare di un’adeguata tutela dei siti riproduttivi, con particolare riguardo ai vecchi edifici rurali utilizzati per la nidificazione (ove potrebbe essere utile anche la posa di opportune cassette nido); andrebbero in particolare evitati interventi di ristrutturazione o demolizione in periodo riproduttivo, tra i mesi di febbraio e luglio. Per grosse strutture – quali impianti industriali e capannoni o cascinali agricoli dismessi – tali interventi andrebbero comunque pianificati su più settori e periodi, evitando demolizioni generalizzate su tutta l’area in pieno periodo riproduttivo. Tali accorgimenti favorirebbero anche altre specie di rapaci (Barbagianni, Allocco, Gheppio).

Studi specifici sarebbero poi necessari per valutare l’impatto dei diversi prodotti chimici – in particolare rodenticidi – sulle popolazioni di rapaci notturni, favorendo l’impiego di principi attivi meno impattanti e incentivando produzioni agricole che prevedano la lotta integrata o l’assenza di trattamenti. In ambito planiziale e agricolo andrebbe rivolta maggiore attenzione nella pianificazione territoriale e infrastrutturale, prevedendo azioni volte al mantenimento e ripristino di ambienti diversificati dal punto di vista ecologico.

Vantaggi possono derivare ad esempio dalla conservazione di muretti a secco e dalla piantumazione di filari arborei e siepi per aumentare la disponibilità delle specie preda principali. Occorre promuovere inoltre il mantenimento di forme tradizionali di pascolo estensivo e agricoltura a basso grado di meccanizzazione. Su scala locale, utile è anche la promozione di campagne informative rivolte alla popolazione, affinché non vengano raccolti pulcini non ancora indipendenti, riducendo il numero di ricoveri nei diversi Centri di recupero della Fauna selvatica.

Minacce

La modificazione degli habitat, il susseguirsi di inverni rigidi e l’aumento del traffico veicolare di cui la specie è la vittima più frequente tra gli Strigiformi, hanno verosimilmente condizionato il trend delle popolazioni di questo piccolo predatore. Più gravi, infatti, rispetto ad altre specie di Strigiformi, appaiono le perdite dovute al traffico veicolare: su 800 Strigiformi raccolti sulle strade italiane, nel periodo 1990-2000, il 41% apparteneva a questa specie. Ogni anno diverse centinaia di giovani non ancora indipendenti vengono portati nei Centri di recupero della fauna selvatica di tutta Italia.

Altri fattori di rischio sono l’elettrocuzione, l’impatto contro cavi sospesi e recinzioni, gli abbattimenti illegali durante la stagione venatoria, ma anche interventi di taglio di filari di alberi (specialmente gelsi) e di ristrutturazione degli edifici che, specialmente in periodo riproduttivo, possono provocare perdita delle covate o elevata mortalità dei pulcini. Ciononostante, non sono disponibili dati sul successo riproduttivo per l’Italia, a parte il dato medio sulle uova deposte, pari a 3,8 per coppia. In Europa, tali dati sul successo riproduttivo variano tra 2,02 e 3,62 pulcini per nido al momento della schiusa, che si riducono a 1,78-2,84 al momento dell’involo.

Nel nostro Paese, oltre al declino generalizzato verificatosi tra gli anni ’60 e ’70 – anni che hanno visto la costruzione di numerose infrastrutture e l’impennata del traffico veicolare – sono state riscontrate fluttuazioni anche marcate in anni più recenti, in coincidenza di inverni particolarmente rigidi, come ad esempio quelli riscontrati in Pianura Padana negli anni Ottanta. A scala biogeografica, l’Italia settentrionale vede la maggiore diffusione e presenza della specie negli ambienti rurali della pianura e delle prime fasce collinari, dove si sta peraltro assistendo a una progressiva – talora piuttosto marcata – ripresa delle popolazioni (ad esempio a Pavia, Bergamo, Milano, Brescia, Mantova, con densità che raggiungono anche le 25 coppie per 20 kmq). Altrove, nell’Italia peninsulare e insulare, la specie mostra trend stabile.

Stato di salute

La specie mostra uno stato di salute sfavorevole in tutta Europa: nonostante la sua ampia distribuzione – si stimano più di 560mila coppie riproduttive – le popolazioni infatti mostrano segni di continuo, se pure moderato, declino. Fatta eccezione per alcune porzioni del nord Europa, le popolazioni di Civetta hanno mostrato segni di sofferenza durante tutto il periodo 1970-1990 in alcuni Paesi strategici quali Francia, Spagna, Russia e Turchia.

Tale tendenza al decremento sembra proseguire, peraltro, fin dagli anni ’30 del secolo scorso, quando la specie era diffusa e abbondante, per poi acuirsi in modo particolare a partire dagli anni ’70 (tanto da scomparire da alcune aree dell’Europa centrale come Austria, Germania occidentale e meridionale).

Nel nostro Paese, la popolazione di Civetta è stimata in 40.000-70.000 coppie e mostra un trend di stabilità, decremento o fluttuazione locale con sintomi di ripresa conseguenti a un periodo di declino generalizzato che risale agli anni ’60-70. Stime recenti su scala regionale evidenziano, ad esempio, 5.000-10.000 coppie in Piemonte, che scendono a 2.000-4.000 in Lombardia e Toscana, 1.000 nel Lazio, 3.000 in Sicilia. Nel complesso, la popolazione italiana rappresenta il 3,8-5,3% della popolazione continentale complessiva, dunque una frazione abbastanza significativa.

Nidificante sedentaria, migratrice regolare e svernante parziale, la Civetta compie erratismi in autunno e inverno. Ampia la distribuzione geografica delle località di inanellamento. Movimenti su breve distanza attraverso il confine tra Svizzera e Italia confermano i modesti spostamenti dispersivi effettuati dai giovani. Anche i pochi dati di segnalazioni entro i confini nazionali mostrano spostamenti variamente direzionati su breve distanza.

Allo stato attuale la specie non è inserita nella Lista Rossa Nazionale. Risulta, inoltre, specie particolarmente protetta in Italia ai sensi della legislazione venatoria (157/92). 

Semaforo

Le elevate densità riscontrate in diversi settori lasciano ragionevolmente ipotizzare una situazione favorevole alla specie per i prossimi decenni. Nonostante il quadro sfavorevole per la specie che si delinea a livello continentale, nel nostro Paese la Civetta si mostra in significativa ripresa, dopo il declino generalizzato che risale al periodo 1960-1970. Una tendenza probabilmente destinata a proseguire, fatta salva la necessità di raccogliere serie pluriennali sull’andamento delle coppie riproduttive in aree soggette a crescente e rapida urbanizzazione.

Fattore Stato di salute Stato di conservazione
Range* Stabile/in incremento Favorevole
Popolazione Stabile; localmente in aumento, fluttuazioni locali Favorevole
Habitat della specie Stabile Favorevole
Complessivo   Favorevole

*Variazione della popolazione negli anni

Canto

Le civette presentano un ampio repertorio vocale. Il maschio emette un malinconico “hu-u-ou” ripetuto ad intervalli variabili, di solito ogni 3-4 secondi. Talvolta la specie emette anche suoni più striduli e minacciosi, quando avverte l’approssimarsi di un pericolo.