MARANGONE MINORE - Uccelli da proteggere

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Uccelli da proteggere
 
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Specie particolarmente protette dalla Direttiva UccelliSpecie particolarmente protette dalla Direttiva Uccelli
 

Specie particolarmente protette dalla Direttiva UccelliMARANGONE MINORE

NOME SCIENTIFICO: Phalacrocorax pygmeus
 

Il primo nido di Marangone minore nel nostro Paese è stato avvistato nell’oramai lontano 1981, nelle Valli di Comacchio. Detto anche “cormorano pigmeo”, per essere il più piccolo di questa famiglia, il Marangone minore presenta una tipica colorazione marrone, su collo e capo, durante il periodo riproduttivo. Legato alla presenza d’acqua dolce, trova in paludi e fiumi il proprio habitat preferito. Attualmente, è un “abitante” stabile del grande Delta del Po…

Minacce

La specie è legata ai climi continentali tipici delle medie latitudini. Abita aree di pianura, evitando sia le montagne sia le regioni troppo fredde o aride. Per completare il proprio ciclo riproduttivo esige acque dolci ferme o a lento scorrimento, non molto profonde e con buona disponibilità di pesce. Associato ad aree con vegetazione densa – macchie alberate, grandi arbusti e fitti canneti nei quali tipicamente costruisce il nido – condivide l’habitat con diverse specie di aironi. Solo lontano dalla stagione riproduttiva il Marangone minore può avventurarsi in mare o in acque salmastre.

Come è facile intuire, la sopravvivenza del Marangone minore è legata in modo inscindibile allo stato di conservazione delle nostre aree umide. La distruzione e il degrado a cui questi habitat sono stati sottoposti in passato hanno costituito senza dubbio un fattore di criticità per la specie, e probabilmente questo tipo di minaccia, nonostante le politiche di tutela di queste aree oggi implementate in molti Paesi, non è ancora del tutto alle spalle.

Potenzialmente impattanti sulla specie sono tuttora le variazioni ambientali causate da oscillazione nel livello delle acque, ma anche il bracconaggio e il disturbo presso i siti di nidificazione. La specie soffre anche in modo particolare l’eccessivo sfruttamento delle aree in cui vive e nidifica a fini di pesca, mentre un impatto molto elevato – le cui conseguenze sono solo in parte note – potrebbe essere dovuto all’inquinamento delle aree umide da parte di metalli pesanti.

Anche se l’incremento numerico è indice di uno stato di conservazione soddisfacente della popolazione italiana, la sua concentrazione in un ridotto numero di siti la rende ancora vulnerabile all’azione di eventuali fattori di disturbo nonché alla competizione con altre specie “ittiofaghe”. La concentrazione in un ridottissimo numero di siti – gli stessi peraltro scelti dal contingente svernante, con ampie concentrazioni della specie in porzioni di habitat relativamente ristrette – costituisce di per sé una minaccia che pesa sul futuro della specie e che ipoteca fortemente il futuro di una colonizzazione che, fino ad ora, ha mostrato un buon successo.