MERLO DAL COLLARE - Uccelli da proteggere

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Uccelli da proteggere
 
Specie protette dalla Direttiva UccelliSpecie protette dalla Direttiva Uccelli
Specie particolarmente protette dalla Direttiva UccelliSpecie particolarmente protette dalla Direttiva Uccelli
 

Specie protette dalla Direttiva UccelliMERLO DAL COLLARE

NOME SCIENTIFICO: Turdus torquatus
 

Torquatus, ovvero adornato di colletto: il largo collare bianco è il segno distintivo che rende inconfondibile questo merlo di montagna, abituato ai boschi e alle radure oltre i 1.000 metri d’altitudine. Per il nido, sceglie punti nascosti tra le rocce e protetti dagli arbusti d’alta quota, ma per la caccia esce allo scoperto, posizionandosi in ambienti aperti, dove non è raro osservarlo mentre intona il suo canto. In caso di pericolo spicca il volo, emettendo un caratteristico verso d’allarme simile a quello del Merlo. Durante la migrazione spesso si unisce ad altri tordi, spostandosi per l’inverno nella regione mediterranea e nella parte nord-occidentale del continente africano.

Stato di salute

Il Merlo dal collare in Europa presenta uno stato di salute favorevole. In Italia la specie è considerata stabile e quindi sicura. Non è quindi stata inserita nella Lista Rossa Nazionale ma, ai sensi della legislazione venatoria, risulta protetta e dunque non cacciabile.

La popolazione nidificante europea risulta particolarmente numerosa e si attesta sulle 310mila coppie. L’andamento si è mantenuto stabile durante tutto il ventennio tra il 1970 e il 1990. Nel decennio successivo, malgrado il verificarsi di un sensibile declino in alcuni Paesi, la popolazione si è mantenuta stabile nelle aree di maggiore densità: Austria, Svizzera, Romania e Russia. A livello continentale, nel periodo di nidificazione, la specie si caratterizza per un areale distributivo non uniforme, che costituisce circa il 95% dell’areale riproduttivo.

La popolazione nidificante italiana è stimata intorno a 10mila-20mila coppie e presenta una situazione di relativa stabilità, con fluttuazioni a livello locale. Rispetto alla popolazione continentale costituisce il 2,9-3,2% e, dunque, il ruolo giocato dall’Italia non risulta determinante per la conservazione della specie. Le zone di maggiore densità coincidono con le aree montuose degli Appennini e delle Alpi. Le popolazioni si concentrano principalmente nell’area centro-settentrionale della penisola, con concentrazioni elevate tra la Valle d’Aosta e il Piemonte. In queste regioni la popolazione oscilla tra le 4mila e le 8mila coppie, mentre in Trentino si ferma a circa 2mila individui.

Per quanto riguarda la Lombardia non sono disponibili dati attendibili ma, complessivamente, la popolazione sembra mantenersi stabile tra le 1.000 e 2mila coppie. L’areale riproduttivo comprende anche le Alpi orientali e l’Appennino tosco-romagnolo e abruzzese. Nelle Alpi occidentali la presenza della specie è più ridotta, in quanto qui le foreste di abeti, habitat ideale, risultano più scarse. A livello nazionale l’areale risulta apparentemente in espansione. In Piemonte, tra gli anni Ottanta e Novanta, la distribuzione regionale si è ridotta del 26%, mentre in Emilia-Romagna, a metà anni Novanta, si stimavano 30-50 coppie.