BIGIA GROSSA
NOME SCIENTIFICO: Sylvia hortensisQuesta specie non ama particolarmente il volo e preferisce muoversi, furtiva, tra la vegetazione. In Italia è poco diffusa e, anche per un occhio esperto, può essere facilmente confusa con la Capinera. Per costruire il nido preferisce le campagne dell’Europa mediterranea o le vallate alpine più calde e assolate, che occupa con pochissimi individui. Tutti comportamenti che rendono la Bigia grossa una specie molto elusiva e difficile da individuare…
Ordine: Passeriformes Famiglia: Sylviidae
Ha le dimensioni di un passero, con becco sottile, ali di media lunghezza e coda ad apice tronco. Il maschio è grigio con parti inferiori e lati della coda bianchi, capo nero, su cui spiccano gli occhi biancastri; la femmina presenta una livrea simile, ma meno contrastata. Le parti superiori sono brunastre, quelle inferiori biancastre soffuse di fulvo, specialmente sui fianchi; la gola chiara contrasta con il capo nerastro.
La Bigia grossa frequenta zone semiboscate, soprattutto collinari; nidifica su bassi alberi e arbusti, fissando il nido alle biforcazioni secondarie dei rami. Migratrice a lungo raggio, vive in Eurasia e Nordafrica e sverna nell’Africa subsahariana; in Europa l’areale di presenza non oltrepassa, a nord, il 45° parallelo.
In effetti, la specie predilige le latitudini medio-basse del Paleartico, principalmente i climi caldi e asciutti della fascia mediterranea, ma anche aree steppiche e temperate, pianure e colline e versanti meridionali e soleggiati delle aree montuose. Necessita, in linea generale, della presenza di mosaici ambientali estesi almeno una decina di ettari, con cespugli non troppo densi e alberi sparsi.
La sparuta popolazione italiana abita zone collinari e montane comprese tra 200 e 900 metri di quota, spingendosi talvolta fino ai 1.300-1.500 metri. Gli ambienti preferiti, nel nostro Paese, sembrano essere quelli caldi e asciutti con vegetazione prevalente di tipo mediterraneo.
La specie è poco conosciuta, anche a causa della sua rarità e dell’instabilità delle popolazioni. Per questo sarebbe auspicabile approfondire la sua ecologia riproduttiva per poter meglio definirne le esigenze ecologiche e, di conseguenza, impostare strategie di conservazione mirate. Ad oggi non risulta comunque possibile formulare un Valore di Riferimento Favorevole (FRV) a causa della mancanza di conoscenze sui principali parametri demografici e riproduttivi.
In base ai pochi dati disponibili – che evidenziano un decremento, in appena 30 anni, pari a tre quarti della popolazione storicamente presente – si può comunque affermare come lo stato di salute della Bigia grossa sia uno dei meno favorevoli tra le specie ornitiche che vivono e nidificano nel nostro Paese. Nel complesso, il mantenimento di aree con agricoltura e pastorizia non intensive in aree prealpine e nel pedemonte appenninico si configura quale strategia necessaria per la conservazione di questa ed altre specie legate agli ambienti aperti.
Parallelamente, occorre evitare l’intensificazione delle pratiche agricole nelle residue aree gestite secondo criteri “tradizionali”. Appare inoltre fondamentale, per accrescere le probabilità di persistenza della specie, mantenere un mosaico ambientale idoneo nelle aree dove la specie è tuttora presente, incrementando le conoscenze sulla sua reale distribuzione al fine di individuare le aree più importanti.
Dati i valori discordanti registrati nei diversi Paesi europei, è stata ipotizzata l’esistenza di importanti fattori di pressione nei quartieri riproduttivi. Da approfondire ulteriormente sono invece le potenziali ricadute sui contingenti nidificanti delle condizioni riscontrate nei quartieri di svernamento e durante le fasi di migrazione da e per i quartieri riproduttivi.
Almeno in passato, i decrementi registrati a livello locale vanno probabilmente ascritti a cause antropiche. Come per altre specie legate agli ambienti aperti, l’abbandono dei paesaggi agricoli di tipo tradizionale ha comportato infatti una drastica riduzione delle possibilità di occupazione da parte dell’avifauna, fino alla scomparsa di talune specie dovuta al ritorno del bosco.
Difficile da valutare sulla base dei dati sugli inanellamenti – le segnalazioni in Italia si riferiscono quasi unicamente a soggetti in migrazione primaverile, con numeri troppo esigui per individuare trend significativi – la specie è presente, se pure con popolazioni ridotte all’osso, in quasi tutte le regioni dell’Italia centro-settentrionale. In Piemonte e Valle d’Aosta si segnalavano 5-15 coppie tra il 1980 e il 2000. Del tutto scomparsa dalla provincia di Pavia – ove storicamente erano censite 2-10 coppie – è stata storicamente presente in provincia di Brescia, con un massimo di 10 coppie concentrate sul lago di Garda: in generale, la specie in Lombardia appare in netta diminuzione, mentre in Veneto è probabilmente presente sui Colli Euganei.
In Emilia-Romagna, la specie è verosimilmente presente in provincia di Parma (3 coppie), Bologna (19 coppie tra il 1995 e il 1999), mentre in Romagna (Forlì-Cesena, Ravenna) e Repubblica di San Marino la specie era estremamente rara già tra il 1970 e il 1990. Più consistente la popolazione Toscana, ove erano censite 50-200 coppie all’inizio degli anni ’90.
Principali responsabili del declino della specie sembrano essere, in Italia, le modifiche intervenute nelle pratiche di gestione del suolo nell’area prealpina e nel pedemonte appenninico. Altrove – per esempio in Asia – sono stati individuati altri fattori di minaccia come una diminuzione del successo riproduttivo causato dai predatori (Dryomys nitedula e Lanius isabellinus ), mentre effetti sulle popolazioni potrebbero derivare anche dalle mutevoli condizioni riscontrate nei quartieri africani di svernamento, dove la specie predilige aree con buona presenza di alberi adattandosi tuttavia anche a savane e cespuglieti.
La Bigia grossa ha mostrato un preoccupante declino negli ultimi decenni, con una riduzione delle popolazioni nell’ordine del 75% dagli anni ’80 ad oggi. Parallelamente, la specie è scomparsa da molti luoghi in cui era presente e, almeno localmente, anche l’habitat idoneo è stato interessato da variazioni negative.
Attualmente classificata come “minacciata” in Unione europea, la specie presenta uno stato di conservazione sfavorevole anche a livello continentale. Nel complesso, si è registrato un largo declino della popolazione nidificante nei territori dell’Europa “comunitaria” nel periodo tra il 1970 e il 1990.
La popolazione nidificante in Unione europea è stimata attualmente in 110.000-290.000 coppie, quella italiana si aggirava nei decenni scorsi – tra il 1970 e il 1980 – tra 1.000 e 2.000 coppie, mentre attualmente è valutata in sole 200-500 coppie, in netto e ulteriore declino. Un decremento generale accompagnato, a livello locale, da contrazione di areale, estinzioni o, nel migliore dei casi, fluttuazioni. Studi ne confermano in ogni caso la presenza in tutte le regioni del nord, fino alla Toscana e, pur essendo la popolazione italiana non rappresentativa, in termini statistici, a livello europeo, la sua conservazione assume rilevanza particolare in termini biogeografici.
Ad oggi, non è stato redatto un Piano d’Azione Internazionale o Nazionale sulla specie. La Bigia grossa è considerata specie in pericolo nella Lista Rossa Nazionale; risulta inoltre protetta in Italia ai sensi della legislazione venatoria (157/92).
La progressiva contrazione degli ambienti aperti, il conseguente ritorno del bosco, le modifiche intervenute nelle tradizionali pratiche di gestione dei suoli nell’area prealpina e appenninica, sembrano essere all’origine del pesantissimo declino registrato dalle popolazioni italiane della specie negli ultimi 30 anni.
fattore | Stato | Stato di conservazione |
Range* | In netta contrazione | Cattivo |
popolazione | In marcato calo | Cattivo |
habitat della specie | In diminuzione almeno localmente | Inadeguato |
complessivo | Cattivo |
*Variazione della popolazione negli anni
Il canto della Bigia grossa è un gorgheggio particolarmente melodico e dal tono sostenuto. Udirlo è però molto difficile, data l’estrema rarità della specie e il suo comportamento timido e schivo.