BIGIARELLA
NOME SCIENTIFICO: Sylvia currucaLa Bigiarella è difficilmente osservabile per via del suo comportamento schivo: si muove tra arbusti e alberi rimanendovi il più delle volte nascosta, anche quando cerca il cibo. Per il resto, si tratta di una specie particolarmente “attiva”, in continuo movimento: il volo abitualmente è breve, furtivo, vicino alla vegetazione. Anche durante le migrazioni, la Bigiarella viaggia spesso “in solitaria”. Da ricordare, poi, una curiosità: questa specie ha dato il nome anche a un aliante monoposto prodotto dall’azienda italiana Bonomi negli anni Trenta, il “Bonomi Bigiarella”, appunto, che ha ottenuto il primato nel volo veleggiato, appena 2 ore e 40 minuti.
Prospettive
La Bigiarella risulta, attualmente, non molto studiata in Italia. Sulla base delle conoscenze disponibili – che andrebbero comunque approfondite con studi più estesi su autoecologia, biologia riproduttiva e dinamiche di popolazione – si può proporre un Valore di Riferimento Favorevole (FRV) su scala locale pari a 4 coppie per 10 ettari.
Una volta incrementate le conoscenze sull’ecologia della specie, tale valore potrebbe essere meglio declinato in funzione dei diversi tipi di ambienti idonei quali arbusteti e boscaglie montane a diversa composizione e struttura vegetazionale e floristica. Ad oggi, i valori di densità rilevati vanno dalle 2,4-2,9 coppie per kmq della Val d’Aosta in boschi misti di larici e abeti alle 1,4 coppie per kmq del Verbano, fino ai 4 cantori per 10 ettari in val Camonica e alle 2,4 coppie per 10 ettari in provincia di Verona.
Potenzialmente importanti per la conservazione della specie sono poi le condizioni riscontrate durante lo svernamento in Africa e l’idoneità dei siti lungo il viaggio della migrazione da e per i quartieri riproduttivi. Data la rilevanza del nostro Paese come area di sosta e alimentazione per le popolazioni centro e nordeuropee in migrazione, andrebbero dunque tutelati i principali siti noti di presenza per preservarne l’idoneità a questa ed altre specie migratrici.
Mancano allo stesso tempo conoscenze approfondite sugli effetti che le condizioni riscontrate nei quartieri di svernamento o durante la migrazione provocano sulla popolazione italiana nidificante. Fondamentale appare comunque, in linea generale, preservare in buono stato gli arbusteti montani e alpini che rappresentano formazioni essenziali per la specie.