CALANDRA
NOME SCIENTIFICO: Melanocorypha calandraLa famiglia delle Allodole conta una novantina di specie. Fra queste, la più grande è la Calandra. Ali lunghe e ampie, coda tozza e squadrata, la Calandra è la “signora” degli spazi aperti. Pascoli, campi, praterie sono il suo habitat d’elezione, il grano e altri cereali il suo “piatto” preferito. Tranne che in primavera, quando questo uccello fa incetta della grande quantità di insetti che si trovano nelle nostre campagne…
Ordine: Passeriformes Famiglia: Alaudidae
Il modo migliore per distinguere la Calandra dalle altre allodole è quello di osservarne le dimensioni. Lunga quasi 20 cm, si riconosce facilmente per la sua struttura possente, con ali particolarmente lunghe e ampie. Altri caratteri distintivi sono la coda abbastanza corta e squadrata, nonché il robusto becco giallo, utilizzato per raccogliere granaglie e cereali vari, di cui questa specie va ghiotta e che rappresentano il principale elemento della sua dieta lontano dalla stagione riproduttiva, quando invece la Calandra si ciba prevalentemente di insetti.
Storicamente piuttosto comune, la specie in Italia è estremamente rara e localizzata. I siti principali di presenza sono confinati nell’Italia meridionale e insulare, mentre ampie porzioni dell’Italia centrale hanno visto l’estinzione della specie o il suo drammatico declino. Appare forte la dipendenza della Calandra dagli ambienti steppici, e dalle coltivazioni estensive in essi praticate, per la verità più nel passato, essendo gran parte di questi ambienti stati convertiti ad agricoltura intensiva, o comunque soggetti all’avanzata delle aree urbane. Tutto ciò ha contribuito a ridurre drasticamente il numero di coppie che vivono in Italia.
Il nido della Calandra viene di solito costruito sul terreno, solo occasionalmente su alberi o arbusti. Non più di 5 le uova deposte dalla femmina, mentre l’ampia disponibilità di cibo – prevalentemente insetti – di cui nutrirsi nonché condizioni meteorologiche non troppo avverse costituiscono un fattore determinante per il successo della riproduzione.
Oltre all’esiguo contingente italiano, popolazioni di Calandra sono presenti nell’intero bacino del Mediterraneo, oltre a Mar Nero, Mar Caspio e Asia centrale. Prevalentemente sedentaria nella porzione occidentale e meridionale, la specie si comporta invece come migratrice nella porzione orientale dell’areale di nidificazione.
I dati di densità rilevati sia in Lazio che in Puglia confermano la preferenza da parte della Calandra per gli ambienti pseudosteppici. Per la conservazione della specie riveste verosimilmente grande importanza il mantenimento di tali ambienti e, secondariamente, dei seminativi misti dove a un uso non eccessivo di pesticidi si accompagnino pratiche agricole il più possibile estensive.
Particolarmente basso risulta peraltro il successo riproduttivo della specie in Italia, con una percentuale di perdita di nidi che in qualche caso può sfiorare anche il 50%, mentre anche in condizioni favorevoli una buona metà della covata non arriverà mai alla schiusa. Tra i fattori che spiegano questi dati, oltre al degrado dell’habitat, va ricordata la locale abbondanza di predatori terrestri come volpi, cani e gatti – essendo il nido della Calandra posto direttamente sul terreno – mentre anche condizioni meteorologiche avverse possono avere conseguenze nefaste sull’esito della nidificazione.
Su scala locale, è possibile considerare il valore di 6 coppie ogni 10 ettari un target di conservazione accettabile in ambienti aperti, che in aree particolarmente vocate alla specie può essere elevato anche a 20 coppie a parità di superficie considerata. A scala di comprensorio, una densità pari a 10 coppie per km quadrato può essere ritenuta idonea per aree caratterizzate da un “mosaico” di ambienti, parte del quale costituito da pseudosteppa o altre praterie (incluse alcune tipologie di colture estensive).
Mantenere il più possibile intatti gli ambienti pseudo-steppici e i seminativi misti abitati dalla specie nell’Italia centrale e meridionale rappresenta una condizione imprescindibile per innescare un’inversione di tendenza e garantire la sopravvivenza a lungo termine delle popolazioni nel nostro Paese. Nelle aree di presenza non andrebbe comunque valicata la soglia minima di 3-4 coppie ogni 10 ettari.
Oltre alla quasi totale estinzione della popolazione toscana, i censimenti hanno rilevato la notevole contrazione del contingente nidificante nella maggior parte dei siti di presenza storica della Calandra. Per esempio in Sicilia, dove le coppie nidificanti nel 1965 erano circa 500. Appena 75 all’inizio degli anni Novanta. La Puglia, che ancora negli anni Ottanta vantava densità pari a 4-7 coppie ogni 10 ettari, ha visto un consistente decremento della popolazione con particolare riguardo alle Gravine ioniche.
Tra i fattori in grado di spiegare questo scenario va rilevata l’estrema dipendenza della Calandra dagli ambienti prativi, prevalentemente steppici, con coltivazioni estensive di cereali alternati a campi incolti o utilizzati per la produzione di foraggio. Ambienti incolti e comunque liberi da cespugli o arbusti sembrano favorire la densità della specie. La conversione di molti di questi ambienti in terreni produttivi, e la conversione degli stessi coltivi un tempo idonei alla specie in campagne coltivate in modo intensivo, hanno verosimilmente ridotto l’habitat della specie.
La messa a coltura degli ambienti steppici o pseudosteppici rappresenta più in generale il principale fattore di criticità per la conservazione della specie a livello europeo. La conversione delle coltivazioni estensive diversificate in monocolture intensive, accompagnata all’abuso di pesticidi, sembra aver contribuito in modo determinate al declino che la specie ha conosciuto soprattutto nella seconda parte del Novecento.
Non a caso, tra le aree idonee per la specie in Italia vanno annoverate le steppe con strato erbaceo rado, le praterie incolte, i pascoli degradati – e oggi molto più raramente le colture cerealicole che.. sono più frequentate in Basilicata, con densità piuttosto buone, anche fino a 10 coppie ogni 15-20 ettari. In Puglia le densità hanno visto un decremento importante, tra il 2004 e il 2006, passando da quasi 10 coppie per km quadrato nei seminativi alle attuali 7,6. Anche la popolazione siciliana, in aree particolarmente idonee alla specie, non vede densità superiori alle 2-5 coppie per ettaro, dalle 5-20 coppie per ha censite in passato.
La Calandra è una specie minacciata in tutta Europa. Lo stato di conservazione sfavorevole delle popolazioni è stato rilevato sia a livello Ue sia a scala continentale. Attualmente, nell’Unione Europea potrebbero nidificare da 1 a 3,4 milioni di coppie di Calandra, pari a una frazione compresa tra il 10 e il 14% della popolazione continentale complessiva – che potrebbe raggiungere i 24 milioni di coppie – e a meno del 5% di quella globale.
Secondo le rilevazioni del 2004, l’Italia ospitava una popolazione compresa tra le 7mila e le 15mila coppie, in declino tra il 1990 e il 2000. Tale decremento pare essere proseguito anche in anni più recenti, con la popolazione attuale che non dovrebbe superare le 6-12mila coppie. Protetta dalla legislazione venatoria, la popolazione italiana di Calandra non rappresenta che una minima frazione del contingente “comunitario” nidificante.
Ciononostante, anche in Italia pare si sia verificato quel fenomeno di largo declino che ha coinvolto la specie in tutta Europa fin dal 1970, per non parlare degli anni precedenti, che restituiscono un quadro orientato al decremento in buona parte dell’areale europeo occidentale. Storicamente, peraltro, la specie era considerata piuttosto comune a livello nazionale, in particolare nell’Italia centrale.
Da rilevare, in proposito, la totale estinzione della specie – o comunque la sua estrema rarefazione – in Toscana, dove ai 40 maschi cantori censiti nel 1967 sono seguiti anni di declino e, dal 1980, nessuna prova accertata di nidificazione. Più stabile nel Lazio, la popolazione più consistente di Calandra è attualmente localizzata in Puglia, Sicilia e, soprattutto, Sardegna, in cui tra il 1985 e il 1993 erano stimante circa 4mila coppie..
Il declino generale, accompagnato da estinzioni locali e da una contrazione di areale sia storica che recente, disegna un quadro non confortante per la specie nel nostro Paese. La riduzione dell’ambiente idoneo alla Calandra, conseguente ai cambiamenti nell’uso del suolo e all’abbandono delle pratiche agro-pastorali tradizionali, contribuiscono a disegnare un quadro estremamente critico per la specie, il cui futuro appare legato in modo inscindibile alla tutela degli ambienti pseudo-steppici e seminativi misti dell’Italia meridionale e delle due isole maggiori.
Fattore | Stato di salute | Stato di conservazione |
Range* | in contrazione sia storica che recente | cattivo |
Popolazione | in calo | cattivo |
Habitat della specie | in diminuzione | cattivo |
Complessivo | cattivo |
*Variazione della popolazione negli anni
Il canto della Calandra è particolarmente variegato e prolungato: parte della sequenza sono sia note secche, sia, più raramente, suoni prolungati o melodici, dando in ogni caso all’intero richiamo un carattere relativamente ruvido e gutturale. Pare che la Calandra sia anche piuttosto brava ad imitare il richiamo emesso da altre specie presenti nell’area di nidificazione.